“Togliere l’Imu per i Comuni sarebbe un disastro”

Superti, Anci Lombardia

Al confine tra la lotta politica e i progetti di rilancio della crescita, si mostra il primo scoglio per il governo: l’Imu. Berlusconi aveva promesso di toglierla in campagna elettorale, non vuol fare marcia indietro e piuttosto minaccia di far cadere Letta. Ma la questione è complessa, supera i confini dei giochi di governo e va oltre gli annunci pre-elettorali. Il tema riguarda le casse dei comuni italiani. Molti si reggono sul gettito derivante dall’imposta: toglierla sarebbe un problema. Secondo Pierattilio Superti, Segretario Generale dell’Anci Lombardia, servirebbe almeno una «compensazione, come aveva fatto, a suo tempo, Berlusconi».

Ma cosa succede ai Comuni se tolgono l’Imu?
Premessa: ai Comuni non si può più togliere nemmeno un centesimo. Solo l’impatto dei tagli e il vincolo del Patto di Stabilità ha reso la situazione insopportabile. Negli ultimi anni i trasferimenti sono passati da 15 miliardi a 6. Per cui, togliendo l’Imu, i conti si fanno in fretta. L’imposta ha reso, nel 2012, quasi 22 miliardi di gettito complessivo, di cui 4 miliardi dalla prima casa. I restanti 18 o 19 sono derivanti da seconde case e da edifici di uso non residenziale. Calcolando la ripartizione tra Stato e Comuni, si vede che ne sarebbero danneggiati in modo pesante.

E allora che si fa?
Eh, si spera in una compensazione, come aveva fatto Berlusconi a suo tempo. Le opzioni sono tante, ma al momento è tutto un pour parler. Di tutto ciò di cui si discute oggi non c’è nulla di scritto o di deciso. Si potrebbe inserire una compensazione, o modifiche alle aliquote, o nuove categorie. Ad esempio, tornare alla categoria degli assimilabii, come le case date in comodato d’uso a parenti che, al momento, sono considerate seconde case (e si paga l’Imu di conseguenza) ma potrebbero tornare a essere considerate come prime case. Sono tutte scelte che possono essere attuate o no, al momento non c’è nulla di sicuro.

Ma cosa fareste se la togliessero?
Spero che non lo facciano, soprattutto sulla prima casa. Obbligherebbero i Comuni a metterne un’altra al suo posto. Sono cose che vanno fatte con cautela, occorre andare in modo graduale. In ogni caso già la sospensione della rata di giugno per noi è un problema.

In che senso?
Soldi già previsti che vengono meno. Servivano per pagare le imprese che avevano vinto gli appalti, finanziare i servizi, saldare i debiti. Servirebbe una norma ad hoc per allentare le maglie nei bilanci, come rendere possibile l’anticipazione di cassa al tesoriere. Ma al momento non c’è. E i rischi sono dietro l’angolo. I Comuni rischiano il default e così non si pagano più gli stipendi ai dipendenti. Non c’è da stare tranquilli. 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter