Datagate, gli Usa spiavano anche le nostre telefonate

Il sottosegretario Legnini alla Camera

La possibilità che le autorità statunitensi abbiano letto le nostre email o ascoltato le nostre telefonate non è affatto infondata, ma i Servizi italiani non sono coinvolti. A confermarlo è il governo. Intervenuto alla Camera dei deputati per rispondere a un’interpellanza urgente di alcuni deputati di Scelta Civica, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanni Legnini fa il punto della situazione sullo scandalo Datagate. Con un’attenzione particolare alle possibili conseguenze per il nostro Paese.

La storia è nota. Come spiega il documento presentato in Aula da trenta deputati montiani – assieme a loro anche l’ex ministro delle Comunicazioni, il Pd Paolo Gentiloni – già da qualche anno «le agenzie di sicurezza Usa avevano la possibilità di ottenere mail, conversazioni, voip, chat e altro di cittadini non americani da nove grandi fornitori americani di servizi online». Un grande fratello di dimensioni globali. Venuto alla luce grazie alle rivelazioni di Edward Snowden, il giovane contractor che per oltre un anno ha lavorato presso l’operations center della National Security Agency americana. 

A qualcuno il dubbio è venuto. Tra le persone spiate ci sono anche degli italiani? Mentre nel nostro Paese, lamentano i parlamentari centristi «la cosa non ha destato il clamore che questo spionaggio globale meriterebbe», altrove non si parla d’altro. La cancelliera tedesca Angela Merkel avrebbe già chiesto spiegazioni al presidente americano Barack Obama. Non solo, come ha chiarito in Aula il deputato di Scelta Civica Mario Marazziti, in Germania è stato lo stesso garante della privacy a chiedere «al governo Usa chiarimenti urgenti su queste accuse mostruose di sorveglianza totale». 

Ad essere allarmati non sono solo i tedeschi. «I funzionari della Commissione europea si sono detti “molto preoccupati” della possibile violazione di diritto dalla privacy dei cittadini dell’Unione europea, aggiungendo che avrebbero contattato le autorità statunitensi per sondare ulteriormente le questione» si legge nel documento. Stessa cosa farà il commissario Ue agli Affari interni Cecilia Malmström. E anche «la vicepresidente della Commissione europea e commissaria alla giustizia Viviane Reding – come rivela il rappresentante del governo italiano Legnini – preoccupata per le possibili ripercussioni della vicenda sulla tutela dei dati dei cittadini europei, ha già richiesto risposte rapide e concrete agli Stati Uniti». 

Al centro dei timori, l’azione delle autorità d’oltreoceano negli ultimi anni. Un controllo diffuso, che avrebbe permesso al governo americano di «monitorare i contenuti veicolati su Internet e i dati del traffico telematico e telefonico di utenti statunitensi, ma non solo». Una schedatura su scala globale che non può essere giustificata – denunciano i parlamentari italiani – neppure con il fine della lotta al terrorismo. Anzitutto, sostiene Marazziti, per «la sproporzione massiva dei controlli generalizzati». Senza considerare «la sottoesposizione a controllo di soggetti anche al di fuori degli Stati Uniti d’America». Persino in Italia? Non è un’ipotesi irrealistica. «L’azione della Nsa statunitense – conferma il rappresentante del governo  – avrebbe raccolto tabulati telefonici di milioni di cittadini, probabilmente, non solo statunitensi».

Insomma, la vicenda rischia di riguardarci da vicino. Anche per questo, fin dalle prime indiscrezioni di stampa, il garante della privacy italiano ha posto la massima attenzione alla vicenda Datagate. Come ricorda Legnini, già alcune settimane fa il presidente Antonello Soro ha  sollevato il caso alla Camera dei deputati, durante la relazione annuale dell’attività dell’Authority. Adesso sarà importante ottenere dagli Stati Uniti maggiori informazioni su quanto successo «Con l’obiettivo di promuovere un’azione congiunta – spiega l’esecutivo – l’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha immediatamente avviato contatti con le altre autorità per la protezione dei dati personali europee, al fine di ottenere chiarimenti sulla vicenda dalle autorità Usa». In particolare si cerca di capire se l’accesso ai dati privati è stato limitato a «casi specifici e individuali, sulla base di sospetti concreti», o piuttosto non sia stato effettuato «in maniera indiscriminata e massiva»

Una piccola consolazione. Se qualcuno ci spiava, non erano i nostri servizi segreti. Lo garantisce il governo. «Conformemente a quanto comunicato dal segretariato generale della segreteria speciale della Presidenza del Consiglio dei ministri – spiega Legnini – si ribadisce che non sussiste alcun interessamento degli organismi di informazione italiani nel cosiddetto Programma Prism».  

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