Si dice che persino Silvio Berlusconi un tempo fosse affascinato da Grillo. Prima di attaccarlo pubblicamente definendolo uno «squilibrato» e un «pericolo per la democrazia», il Cavaliere era rimasto profondamente colpito dai suoi comizi. Chi frequenta Palazzo Grazioli ancora ricorda quell’infatuazione. L’ex premier aveva iniziato a studiare le tecniche comunicative del blogger genovese. Ammaliato – e forse un po’ invidioso – dal successo mediatico del Movimento Cinque Stelle. Colpito dal linguaggio duro ma efficace del suo leader. Dalla capacità di trasformare gli spettatori di uno show in elettori.
Berlusconi non è stato il primo e non sarà l’ultimo. Politici, intellettuali, artisti. Ma anche tanta gente comune. Si sono avvicinati al Movimento conquistati dalla – innegabile – ventata di freschezza e novità. Chi prima, chi dopo, una volta aperti gli occhi se ne sono andati. Non è sempre una questione di opportunismo. Sarebbe sbagliato e scorretto raccontare fiumane di disillusi in libera uscita dopo la recente battuta d’arresto elettorale. Ma è impossibile non notare come in molti – forse solo per una tardiva illuminazione – abbiano inziato a prendere le distanze dal M5S.
Chissà quanti lo ammettono. Eppure tra gli stessi politici che oggi lo additano come un pericolo pubblico, sono tanti ad aver ipotizzato un’intesa con Grillo. Invano. In Parlamento la lista dei folgorati sulla via del grillismo è lunga. Da destra a sinistra. Dopo il Cavaliere è toccato al segretario Pd Pier Luigi Bersani. Suo il sogno di governare il Paese con l’appoggio dei pentastellati. Suo il tentativo tra il grottesco e il comico di convincere i capigruppo Vito Crimi e Roberta Lombardi durante le consultazioni da premier incaricato. Bersani era un visionario? Forse, ma in buona compagnia. Non bisogna dimenticare che la scelta di aprire un dialogo con Beppe Grillo è stata approvata all’unanimità dalla direzione del Partito democratico.
Un capitolo a parte lo meritano i protagonisti delle Quirinarie. La giornalista Milena Gabanelli, i costituzionalisti Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky. Nessuno di loro ha mai appoggiato apertamente il M5S, sottolineano oggi gli esperti di grillismo. Vero. Ma nessuno ha mai preso le distanze dal Movimento mentre veniva – a torto o ragione – pubblicamente annoverato tra i massimi esponenti dell’intellighenzia grillina. Nessuno si è mai lamentato di essere stato selezionato dai militanti del M5S per succedere a Giorgio Napolitano. Semmai c’è chi ha osservato, silenzioso e soddisfatto, i parlamentari grillini inneggiare il proprio nome nelle adunate di piazza davanti a Montecitorio. Poi, come ha ricordato ieri il Foglio, uno dopo l’altro anche loro si sono smarcati. Hanno aperto gli occhi e si sono svegliati dal sogno grillino. Scoprendo improvvisamente il “personalismo” del movimento, la pericolosità della violenza di alcuni messaggi in rete.
Non sono i soli. Poco più di un mese fa La Stampa ha raccontato «il pentimento dei grillini di destra». Un interessante viaggio tra gli imprenditori e i commercianti del Nord sedotti e abbandonati dal progetto a Cinque Stelle. Erano approdati alla corte del blogger genovese attirati dalla lotta a Equitalia e ai vecchi partiti. Quasi subito si sono resi conto di essere finiti nel posto sbagliato. «Quel movimento lì ha un’anima da sinistra antagonista, radicale – raccontava uno di loro – Altro che trasversali…». Chissà se poi è vero.
Per molti grillini della prima ora, il momento di rottura risale all’approdo del M5S in Parlamento. Il disincanto nasce allora. Chi sperava in un cambiamento reale, ha salutato con favore i tentativi di approccio del Partito democratico. Inutile negarlo, anche una parte dei deputati e senatori neoeletti era favorevole a un’intesa con Bersani. Si immaginava che il passaggio dalla fase anticasta alla buona politica potesse concretizzarsi proprio nel vagheggiato “governo di cambiamento”. Di fronte all’incartarsi dei grillini, le prime prese di coscienza. Ad allontanare più di qualche simpatizzante sono stati i continui no al centrosinistra. Ma anche le lunghe e inutili polemiche sulla diaria e sulle note spesa.
È il caso di due cantanti di successo. Esponenti di quella realtà culturale e artistica spesso orgogliosamente vicina al Movimento. Fiorella Mannoia e Franco Battiato avevano salutato con entusiasmo l’affermazione politica del M5S. Dopo gli endorsement elettorali, il duro risveglio. «“Ci vediamo in Parlamento” diceva Grillo – così un post dell’artista romana su Facebook – Bene, ora ci sei andato! ora che cosa si fa? Si sta a guardare il Paese andare a fondo o si dialoga?». Più diretto l’ex assessore siciliano, che di fronte all’ennesima porta in faccia a Bersani avrebbe commentato: «Adesso Grillo sta esagerando».
Non sono gli unici cantautori italiani illusi dal fenomeno Cinque Stelle. Grande estimatore dell’ex comico genovese, Antonello Venditti non ha mai fatto mistero di aver votato il M5S. Eppure alle ultime amministrative della Campitale l’autore di “Grazie Roma” si è schierato con l’imprenditore Alfio Marchini. Protagonista di un grande concerto durante l’ultima sera di campagna elettorale, proprio mentre Grillo parlava davanti a decine di migliaia di persone a Piazza del Popolo.
Entusiasmi che si raffreddano. Senza risparmiare giornali e giornalisti. Qualcuno fa notare come la linea filogrillina del Fatto Quotidiano si sia fatta nel tempo più dubbiosa, se non critica. Certo, resta l’assoluta dedizione alla causa di alcune delle firme principali. Ma non è passato inosservato un recente articolo di Andrea Scanzi. «Beppe scendi a Roma c’è tanto da fare», in cui l’autore disapprovava senza troppi timori reverenziali la strategia politica dell’ex comico.
E poi ci sono loro, i parlamentari. Pardon, i cittadini portavoce. I giornali si accaniscono da tempo con retroscena su presunte fronde e cospirazioni interne al movimento. Raccontano di senatori e deputati pronti a lasciare i gruppi in aperta opposizione alla linea grillina. Sono solo fantasie dei cronisti? La settimana scorsa due esponenti tarantini si sono trasferiti al gruppo misto. Subito additati dagli ex colleghi alla stregua di due traditori. Oggi una nuova polemica. La senatrice pentastellata Adele Gambaro ha criticato apertamente il Movimento, prontamente invitata a dimettersi da Beppe Grillo. «Due comuni al M5S non sono un successo, ma una débâcle elettorale. Inoltre ci sono percentuali molto basse». Il suo non sembra essere solo disfattismo.«Stiamo pagando i toni e la comunicazione di Beppe Grillo, i suoi post minacciosi soprattutto quelli contro il Parlamento. Mi chiedo come possa parlare male del Parlamento se qui non lo abbiamo mai visto». Un’altra traditrice?