In Italia si dovrebbe leggere un pugno di libri in più

Un discorso che riguarda anche la classe dirigente

Forse, per uscire dalla crisi, non serve altro che leggere. Magari un po’ di più. Anche perché «in Italia si legge molto poco, e molto di meno: i lettori non crescono», spiega Piero Dorfles, critico, giornalista Rai e conduttore di Per un pugno di libri (forse la cosa che lo ha reso più famoso). Male, anzi malissimo. Soprattutto perché è un problema che riguarda tutti, «i cittadini normali e la classe dirigente: si legge poco e si legge male».

Ma lei quanti libri legge?
Se va bene, due al giorno. Poi, certo, dipende dal tempo e dal grado di attenzione e di accuratezza che si vuole impiegare. A volte si va anche più su, tre, cinque…

Ecco, non tutti leggono come lei.
No, ma il mio è anche un lavoro. In generale però il dato problematico è che in Italia si legge pochissimo: anzi, c’è un rapporto molto sfavorevole tra lettori e libri pubblicati.

Ma non è che si pubblica troppo?
E perché mai? In ogni caso grande danno non fa, anche un’eccessiva pubblicazione. Si potrebbe pubblicare di meno, certo. Ma che vantaggio se ne avrebbe? Forse ci sarebbero più alberi. Ecco, sì, un vantaggio potrebbe essere questo.

Il problema sono i lettori.
È che non crescono: sono pochi, ma non aumentano. Questo dato dovrebbe mettere in allarme la comunità e la politica. Ma il problema è che anche la politica non legge, e allora non può capire l’allarme. Eppure è importante, va incentivato, su ogni supporto – cartaceo o digitale non conta. Ma incentivare la lettura è un bene, il suo esercizio prevede – e sviluppa – capacità intellettuale approfondite, impone un rigore nella visione del mondo, dà non solo informazioni, ma abilità e strumenti per essere coscienti del mondo.

Ma, visto il mondo, è bene esserne coscienti?
Sempre meglio che non esserlo.

Ma la colpa di chi è, allora? Dei lettori pigri?
È una cosa che va incentivata, a ogni livello. Nelle famiglie, nelle scuole senza dubbio. Ma anche la classe politica ha le sue responsabilità: la classe dirigente, ripeto, dovrebbe leggere. O leggere di più.

Capisco che leggere faccia bene. Però sono esistite epoche in cui gli intellettuali non leggevano.
Sono epoche lontane. I mezzi per la riflessione, l’astrazione, l’esercizio dell’intelligenza non sono mai mancati all’uomo. Oggi, però, esiste lo strumento della lettura, è diffuso: e non è solo un mezzo per la trasmissione del sapere; è un capacità di invenzione, di analisi, di ragionamento che viene sviluppata in questo modo.

E allora cosa è meglio leggere?
I classici. Sono le opere costitutive della nostra cultura e del nostro modo di vedere e interpretare la realtà, per tornare al discorso di prima. E poi, se non bastasse, sono i più belli.

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