Sdegnati e furenti. Stavolta la sensazione è che nel Pdl la pazienza sia finita. Dopo la decisione della Consulta, che la settimana scorsa ha respinto il legittimo impedimento di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset, è la volta del processo Ruby. Nel pomeriggio il tribunale di Milano ha condannato in primo grado il Cavaliere a sette anni di carcere – uno in più rispetto alla richiesta della procura – e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. E non è ancora tutto. A giudicare dal fitto calendario processuale del leader, siamo solo all’inizio.
La lista giudiziaria è lunga: l’appello per il caso Unipol, il Lodo Mondadori, la causa civile con l’ex moglie Veronica Lario, il processo in primo grado a Napoli per la presunta compravendita di senatori per far cadere il governo Prodi e la Cassazione (prevista per novembre) per la condanna in appello per la vicenda Mediaset. Ma il Cavaliere, al momento, non si smuove. E in una nota a fine serata scrive: «Ero veramente convinto che mi assolvessero perchè nei fatti non c’era davvero nessuna possibilità di condannarmi». E aggiunge di voler resistere fino alla fine: «Ma io, ancora una volta, intendo resistere a questa persecuzione – garantisce il Cavaliere – perche’ sono assolutamente innocente e non voglio in nessun modo abbandonare la mia battaglia per fare dell’Italia un paese davvero libero e giusto»
Stavolta, però, le reazioni del Popolo della libertà si fanno rabbiose. Pochi giorni fa la decisione della Corte Costituzionale era stata accompagnata in tempo reale da un comunicato di Berlusconi, duro ma leale nei confronti del governo. Una dichiarazione preparata con calma in cui si accusava la decisione della Consulta, ma si confermava il sostegno all’esecutivo. Stavolta nulla di tutto questo. La pronuncia del tribunale è accolta dalle critiche indignate dei berlusconiani. Di fronte alla condanna del Cavaliere il Pdl insorge. La disponibilità nei confronti delle larghe intese si sta esaurendo.
Se nel Pdl qualcuno pensava che le reazioni “da statista” alla recente decisione della Consulta avrebbero ammorbidito quello che a via dell’Umiltà definiscono come un attacco della magistratura, evidentemente si sbagliava. La sentenza del tribunale milanese aggrava persino la pena chiesta dalla procura. «Una provocazione» si lamenta qualcuno. I toni sono molto meno diplomatici di una settimana fa. C’è chi parla di colpo di Stato, di morte della democrazia, di sentenza che fa paura. Appena i giudici della quarta sezione penale leggono la condanna, lo stesso vicepremier Angelino Alfano si affretta a manifestare al Cavaliere «la più profonda amarezza e l’immenso dolore di tutto il Pdl, per una sentenza contraria al comune sensi di giustizia, al buon senso e peggiore di ogni peggiore aspettativa».
Non si tratta solo dell’ovvia difesa dei berlusconiani al proprio capo. Stavolta nessuno si preoccupa di rassicurare il governo Letta. «Così la pacificazione salta», minaccia l’ex capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto. Nei commenti di tanti pidiellini il sostegno al governo delle larghe intese assume sempre più i contorni di un sacrificio. Inutile negare che si sperava in un intervento di Giorgio Napolitano, magari con la nomina di Silvio Berlusconi senatore a vita. E invece niente. Nonostante l’appoggio leale a un esecutivo guidato da un esponente del Partito democratico, l’offensiva della magistratura non accenna a calare d’intensità
E così per la prima volta anche una crisi di governo non è più un tabù. «È assurdo pensare che l’attuale governo possa lavorare tranquillamente nel mentre si massacra politicamente, attraverso un sistema giudiziario impazzito, il leader di uno dei partiti che lo sostengono» spiega il coordinatore Pdl Sandro Bondi. Stavolta a difendere il Cavaliere c’è anche la figlia Marina, che in tanti già vedono come suo naturale successore alla guida del Pdl. «Non chiamiamola sentenza – spiega in serata il presidente Fininvest – Non chiamiamolo processo. Soprattutto, non chiamiamola giustizia. Quello cui abbiamo dovuto assistere è uno spettacolo assurdo che con la giustizia nulla ha a che vedere. La condanna era scritta fin dall’inizio»
Certo, resta difficile che l’esecutivo guidato da Letta possa cadere per una sentenza. Soprattutto largamente attesa, come quella di oggi. Dopotutto il Cavaliere si è impegnato a sostenere il governo, anteponendo il bene dell’Italia alle sue vicende giudiziarie. Già, ma fino a quando? Da stasera inevitabilmente la pressione sull’esecutivo torna a salire. Sentenza dopo sentenza, la disponibilità dei pidiellini si sta esaurendo. Tra due giorni il Consiglio dei ministri dovrà affrontare il delicato caso dell’aumento Iva. A luglio l’ineleggibilità di Berlusconi arriverà in giunta e i grillini stanno già pressando un Partito Democratico che non si sbilancia sulla sentenza. Non solo. Entro agosto il governo dovrà sbrogliare la matassa Imu. Sarà qui che il governo ballerà sul serio.
E siamo ancora all’inizio. Il lungo iter processuale del Cavaliere regolerà i prossimi mesi di governo, fino alla fine del 2013. Giovedì prossimo, 27 giugno, il leader del Pdl dovrà affrontare l’udienza preliminare a Napoli dopo che la Procura, il 9 maggio scorso, ha chiesto il suo rinvio a giudizio con l’accusa di corruzione per avere versato in nero tre milioni di euro a Sergio De Gregorio, all’epoca senatore eletto nell’Idv. E poi la Cassazione su Mediaset: lì c’è il rischio che l’interdizione dai pubblici uffici sarà concreta.