Pause estive più corte per i tribunali. Dalle attuali sei a tre settimane di vacanze. Ma anche una nuova filosofia per tutti gli uffici giudiziari: i processi dovranno essere gestiti uno dopo l’altro, dai più antichi ai più recenti, «e non tutti insieme, come avviene oggi, con rinvii lunghissimi». Sono queste le principali misure presentate da alcuni parlamentari di Scelta Civica per rivoluzionare la giustizia civile in Italia.
La proposta di legge è accompagnata da alcune inquietanti statistiche. Per il deputato montiano Andrea Mazziotti di Celso, che ha illustrato l’iniziativa alla Camera, «il più grande ostacolo alla crescita, all’impresa, ai diritti e agli investimenti è la giustizia civile». Qualche esempio. «Per ottenere la soddisfazione di una pretesa contrattuale occorrono in media 1.210 giorni» spiega Mazziotti. Più del doppio rispetto alla media dei paesi Ocse, pari a 510 giorni. «Siamo al 160esimo posto su 184, tra i paesi industrializzati solo l’India fa peggio di noi». Un sistema in crisi, lamentano i montiani. «Tanto che oggi anche chi ha ragione teme di finire in tribunale». Difficile il contrario: «Per la completa definizione di un processo civile fino alla Cassazione – si legge nella relazione alla proposta di legge – i tempi medi superano i sette anni, con casi anche ben più lunghi».
La ricetta di Scelta civica è semplice. Una proposta di legge di ventuno articoli, per recepire tutti gli emendamenti già presentati al decreto Fare, ma respinti dalla maggioranza alle prese con il tenace ostruzionismo grillino.
Una la principale novità. La «riduzione a tre settimane del periodo di chiusura feriale degli uffici giudiziari italiani». È il primo intervento proposto da Mazziotti. La proposta di legge sostituisce l’attuale «anacronistica e ingiustificata» pausa di sei settimane – dal primo agosto al 15 settembre – con una più limitata dal 10 al 31 agosto. A beneficiarne sarebbero soprattutto i cittadini. «Il passaggio da sei a tre settimane di chiusura, e quindi da 46 a 49 settimane di attività all’anno, corrisponde a un aumento di produttività di circa il 6,5 per cento. Se tale tasso di maggiore produttività venisse applicato alla durata media sopra indicata di 1210 giorni si otterrebbe una riduzione della durata dei processi superiore a 75 giorni». Due mesi e mezzo in meno a processo, non sarebbe poco. «Si tratta di un intervento semplice, che costa poco, e potrebbe portare vantaggi evidenti». Già, ma come reagirebbero giudici e avvocati di fronte a tre settimane di vacanze in meno? «In realtà – continua Mazziotti – non si tratta di togliere ferie a nessuno, basta lavorare su turni».
La proposta di legge per accelerare i procedimenti civili non si limita a questo. In tutti gli uffici giudiziari dovrà essere introdotto il principio del “first in first out”. Con apposite modifiche al codice di procedura civile, i processi civili dovranno essere gestiti in maniera sequenziale. «Uno dopo l’altro – si legge nel testo – partendo dai più antichi fino ai più recenti, e non tutti insieme come avviene oggi con rinvii lunghissimi». Non sarebbe un inedito. A Roma e Milano il sistema è stato già sperimentato, racconta Mazziotti. Il risultato è un’importante accelerazione dei tempi: «I processi sono circa un terzo più veloci».
E ancora. La proposta di legge chiede di cancellare «qualsiasi rinvio di udienza non giustificato», ma anche di «rendere tassative e rigide le regole in materia di presentazione delle prove. Presumibilmente dopo l’estate il provvedimento inizierà il suo iter in commissione. I tempi? Quasi impossibile fare previsioni. «Ma puntiamo sul fatto che le forze politiche contribuiscano a una rapida approvazione» ammette Mazziotti, certo della possibile convergenza anche del Movimento Cinque Stelle.