Sorrisi, citazioni, strette di mano. Mentre i giornalisti seguono con attenzione le sue mosse, dalle tribune i fotografi scattano, come impazziti. A un certo punto al centro dell’Aula di Palazzo Madama si forma persino una coda di senatori che attendono di poter scambiare un rapido saluto. Riecco Silvio Berlusconi. Ognuno può dare la spiegazione che meglio crede, ma nel Palazzo il protagonista è ancora lui. Non c’è presidente del Consiglio che tenga. Dopo tre mesi di assenza il Cavaliere torna in Parlamento e conquista la scena.
Completo scuro, cravatta a pois, il leader Pdl si presenta a dibattito già in corso. Poco prima che Enrico Letta prenda la parola. «Ringrazio il senatore Berlusconi che è qui presente, ci onora della sua presenza, e fa capire chi sia effettivamente a reggere questa maggioranza assieme al Presidente della Repubblica», lo irride il capogruppo grillino Nicola Morra durante la sua dichiarazione di voto. Sembra una beffa, ma è solo un’altra conferma. La si metta come si vuole, la politica italiana non si è ancora emancipata dal Cavaliere. Il principale azionista del governo delle larghe intese – fosse anche solo nell’immaginario collettivo – rimane Berlusconi.
Berlusconi in preghiera #opensenato pic.twitter.com/4fiMVW57AT
— Lorenzo Battista (@lor_bat) July 19, 2013
Lui ne è consapevole, e non fa nulla per non farlo notare. Seduto tra il capogruppo Renato Schifani e il coordinatore Sandro Bondi assiste al dibattito. Quando il premier Enrico Letta finisce il suo intervento si alza in piedi per applaudirlo convinto. Quasi una benedizione al proseguimento dell’esperienza di governo. Quando il presidente dei senatori democrat Luigi Zanda attacca il ministro Alfano si scurisce in volto, scuotendo più volte la testa. Dietro di lui veglia fedele l’altro coordinatore Denis Verdini. Tutto intorno continua la lunga processione di parlamentari pidiellini che cercano di scambiare un saluto, una stretta di mano. Magari anche solo un cenno.
Neppure gli avversari restano indifferenti al ritorno del Cavaliere. Mentre il dibattito prosegue, Berlusconi per lunghi tratti sembra annoiarsi. Forse è solo concentrato: si prende la testa tra le mani, socchiude le palpebre. Il senatore grillino Lorenzo Battista non perde tempo, scatta una foto con il suo cellulare e la posta su twitter. «Berlusconi ha un po’ di cecagna (sonno) o è in preghiera?». In tribuna stampa qualcuno se la ride. Bene o male che sia, si continua a parlare di lui.
Berlusconi ha un po’ di cecagna (sonno) o è in preghiera? #opensenato pic.twitter.com/TXcgJEFOtP
— Lorenzo Battista (@lor_bat) July 19, 2013
La dichiarazione del presidente pidiellino Schifani non può prescindere da un doveroso segno di rispetto. Un omaggio istituzionale al capo. «Noi siamo stati educati ad un principio da parte del presidente Berlusconi. Il principio che mi onoro di pronunziare in quest’Aula: il principio della responsabilità. Noi siamo un Partito responsabile e siamo stati educati al culto della responsabilità, della trasparenza e della lealtà». Berlusconi ascolta in silenzio e annuisce. Sono giorni delicati per il governo, «ma li viviamo con serenità – prosegue Schifani – perché l’esempio che ci sta dando Silvio Berlusconi ci dà la forza di andare avanti e di sostenere questo Esecutivo». A tratti sembra di assistere a una pubblica celebrazione.
Terminate le dichiarazioni di voto, Berlusconi scende al centro dell’emiciclo per votare. Prima di passare sotto i banchi della presidenza, attraversa l’Aula. È un bagno di folla. I senatori gli si fanno attorno: lui distribuisce generoso strette di mano e sorrisi. A chi gli rivolge la parola, annuisce convinto. Ascolta tutti, disponibile. Non si risparmia qualche battuta sulla sentenza della Cassazione per il processo Mediaset, in arrivo tra qualche giorno. Né un po’ di insoddisfazione per l’intervento critico del capogruppo democrat, Luigi Zanda. A un certo punto raggiunge i centristi Mario Monti e Pier Ferdinando Casini. Si ferma a parlare anche con loro, educato, poi li congeda con una pacca sulle spalle.
Quando il Cavaliere sta per lasciare Palazzo Madama – il Senato ha appena respinto la mozione di sfiducia al ministro Alfano – i cronisti iniziano a presidiare ogni uscita. L’attenzione, ancora una volta, è tutta per lui. Una mano sulla spalla di Schifani, Il Cavaliere si allontana alla guida di un piccolo corteo di fedelissimi. «Le è piaciuto il discorso di Letta?», riesce a chiedergli qualcuno. «Sì, moltissimo». Poi copre i microfoni: «Non faccio dichiarazioni» spiega ai giornalisti, fermo ma cortese. Non ce n’è bisogno. Ancora una volta la scena è sua.