Nel giugno 2005, a Tanacu, 350 chilometri a Nordest di Bucarest, in Romania, la giovane monaca Irina Cornici, 23 anni, fu crocifissa dalle sorelle del monastero, su ordine di Daniel, un prete ortodosso con manie da esorcista, convinto che fosse «posseduta dal demonio» probabilmente per via di alcune crisi epilettiche. Prima di essere crocefissa Irina venne tenuta legata mani e piedi per diversi giorni e privata di acqua e cibo. La scrittrice romena Tatiana Niculescu Bran ha tratto dalla vicenda un libro, Confessione a Tanacu, che ora e stato tradotto in italiano e di cui vi proponiamo un brano.
❝ Il Prontuario per la confessione era un libriccino con i bordi delle pagine consumati. Si vedeva che era stato usato di frequente. Conteneva, in sostanza, un elenco di circa duecento peccati descritti sommariamente, con istruzioni utili per il fedele che si accingeva a essere confessato. Con questo elenco di peccati innanzi agli occhi, possiamo farci un esame di coscienza approfondito. In tal modo possiamo scoprire soprattutto i peccati nascosti che abbiamo commesso e che non sapevamo essere tali, o che non ci siamo resi conto di aver commesso, era scritto sulla prima pagina, dopodiché seguivano alcuni consigli pratici.
La cosa più semplice e sicura è prendere della carta e qualcosa per scrivere e, man mano che si procede nella lettura dei peccati, annotare quelli che si sono commessi. Poi si spiegava al lettore che i peccati non dovevano essere presentati al sacerdote in dettaglio, ma brevemente, senza insistere sulle circostanze in cui erano occorsi.
«Ho disperato nell’aiuto e nella misericordia del Signore» cominciò Anastasia, leggendo il peccato numero 1.
Aveva spiegato a Irina in cosa consisteva prepararsi alla confessione. Erano sedute entrambe nell’atrio della chiesa, su una panchina di legno, e Anastasia si era offerta di appuntare i peccati su un foglio di carta, perché la ragazza potesse concentrarsi al meglio sulle risposte.
«Ho disperato…» ripeté Irina.
Non aveva mai pensato che disperare fosse un grande peccato.
Anastasia la guardò, per rendersi conto se avesse capito di cosa si trattava. Sembrava di sì. Appose un trattino accanto al peccato numero 1.
«Ho detto che il Signore non mi perdonerà più, che sono troppo peccatrice e che comunque andrò all’inferno», continuò la monaca con il secondo.
Irina rimase sovrappensiero: dunque era peccato essere convinti di andare all’inferno! Lei credeva persino di esserci stata, all’inferno. Ma lo era anche non credere nel perdono di Dio. Guardò Anastasia e annuì. Sì, aveva dubitato del perdono divino. La monaca appose un altro trattino accanto al peccato numero 2.
Irina si rianimò. Dunque il Signore ti perdona. Cominciava a piacerle questo passare in rassegna i peccati. Sembrava un gioco di carte in cui chi accumulava più trattini di tutti vinceva. D’altro canto, ascoltando i peccati seguenti, si rendeva conto di non averne commessi molti, e questo era una specie di sollievo.
Ho oppresso servi, poveri, orfani, vedove, infermi. Li ho scherniti. No, non aveva mai commesso il peccato numero 13. Neppure il 24: Ho danneggiato il mio prossimo nello spirito e nel fisico. Lo stesso dicasi per il numero 35: Ho creduto che l’anima, dopo essere fuoriuscita dall’essere umano, si trasferisce in diversi animali. E neppure il peccato di stregoneria. Non aveva spostato il confine per prendersi una parte del terreno del vicino, non aveva nascosto in casa propria oggetti altrui, non aveva danneggiato i beni di nessuno, non aveva raggirato lo Stato, non aveva preso pasticche anticoncezionali, non aveva usato lo steriletto, non aveva abortito, non si era unita carnalmente con alcun parente, figlioccio, padrino, cugino, fratello, figlio, figlia, nipote, non aveva vissuto in concubinaggio, non aveva mangiato bestie immonde, non aveva scherzato sulle cose sacre, non si era comunicata mentre aveva il ciclo, non aveva letto libri eretici, non aveva ucciso, con o senza intenzione, non era entrata nel Santo altare, non aveva rovesciato per terra l’eucaristia, non aveva sposato ebrei, turchi, cattolici, membri di sette…, non aveva denunciato nessuno con l’intento di fargli del male, non aveva fatto causa a nessuno.
Per i peccati 82, 83 e 84 dovette ammetterlo: non aveva pregato ogni mattina e sera e a ogni pasto, aveva mangiato di grasso il mercoledì e il venerdì e non aveva osservato del tutto i quattro digiuni annuali. In Germania era diverso, si osservava soltanto il digiuno dalle carni, ma le uova, il latte e il formaggio si potevano mangiare. Zia Neli e il vecchio Stolojescu del villaggio di Cuptoare, poi, ammazzavano ogni anno cinque o sei maiali, manzi, polli e allestivano grandi tavolate per i giorni di festa, ma non si davano tanta pena nel digiunare.
E poi sì, aveva fatto altri peccati: aveva parlato intendendo più di un significato, aveva mentito, aveva raccontato cose ricamandoci sopra, guardato film e foto cretini, aveva bestemmiato, aveva lavorato le domeniche e nei giorni di festa, aveva indossato i pantaloni, aveva avuto scatti d’ira, non aveva perdonato, aveva pensato ad altro durante la preghiera, aveva mangiato con golosità, era stata orgogliosa, ostinata, aveva colpito, picchiato, si era compiaciuta delle lodi altrui, aveva toccato un altro corpo per provare e procurarsi piaceri dissoluti. Sì, forse si diceva così quando afferrava Chița per le guance, quando la toccava o la penetrava, o quando tormentava Bianca.
«Ho commesso peccato di onanismo da sola (cioè quando una persona si procura piacere da sola, masturbazione). Questo peccato si chiama fornicazione con il demonio, lesse Anastasia con tutta la parentesi, per essere certa che Irina comprendesse.
Era arrivata dunque al peccato numero 108. Non si arrestò e lesse anche il successivo, poiché erano legati:
«Ho commesso peccato di onanismo con un’altra persona, l’uno con l’altro. Io con l’altro, l’altro con me, con una donna, uomo con uomo, donna con donna, con i bambini, concluse Anastasia e sollevò gli occhi verso Irina, aspettando un segno, per sapere se scrivere qualcosa o meno accanto a 108-109. ❞
Twitter: @Haccaedizioni
*Tatiana Niculescu Bran, Confessione a Tanacu, Hacca editore, 186 pagine, 15 euro
Il fatto di cronaca all’origine del libro che ha ispirato il film Oltre le colline di Cristian Mungiu, premiato al Festival di Cannes, accade nel 2005, in Romania. Un ambizioso prete, con velleità di esorcista, esercita il potere sulle monache e sui fedeli seguendo un retrivo e agghiacciante prontuario dei peccati. Infelici ragazzi sopravvivono agli orfanotrofi ma non a se stessi, tra pedofilia d’importazione, corruzione autoctona, associazioni umanitarie benefiche e per delinquere. Ingenue suore si prodigano zelanti al servizio di un’interpretazione mistificatoria del senso religioso. Maldestri medici di ospedali fatiscenti sono alle prese con un caso che supera la loro preparazione professionale. Irina, ventitreenne che ha trascorso l’infanzia tra brefotrofi e affidamenti temporanei, approda al monastero di Tanacu. Che cosa è successo nella sua vita per comportarsi come un’indemoniata e che colpe ha per meritarsi la violenza degli scongiuri e dei supplizi con catene per cani? Un episodio che ha scosso il mondo. Accade nell’Europa del terzo millennio. Mai come in questo caso l’esacerbata ortodossia appare come sinonimo di una mentalità da Medioevo.
Tatiana Niculescu Bran si è laureata presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bucarest e presso l’Istituto europeo di giornalismo di Bruxelles. Tra il 1995 e il 2004 è stata redattrice nella redazione romena londinese di Radio BBC World Service. Tra il 2004 e il 2008 ha diretto l’ufficio della BBC World Service di Bucarest. Nel 2006 ha pubblicato il romanzo Spovedanie la Tanacu (appena tradotto in italiano da Hacca con il titolo Confessione a Tanacu), seguito nel 2008 da Il libro dei giudici. Ha inoltre pubblicaro Le notti del Patriarca nel 2011 e Nella Terra di Dio nel 2012.