Nessun ultimatum a Enrico Letta. Ma il Popolo della libertà si aspetta che la Corte Costituzionale possa esprimersi sul decreto Severino, senza accelerazioni nella Giunta di Palazzo Madama. «Non stiamo mica chiedendo di annullare tutto quello che è successo», spiega l’ex ministro Altero Matteoli, senatore del Pdl, parlando delle ultime vicende giudiziarie di Berlusconi. «Chiediamo solo l’intervento della Consulta». Senza invocare il Quirinale, perché «in questa situazione non credo sia giusto tirare per la giacca il presidente della Repubblica». Intanto il centrodestra si stringe attorno al suo leader. «Nessun rischio tradimento, il Cavaliere non è come Craxi che fu lasciato solo dai suoi compagni di partito». E chissà che in Aula qualche senatore democrat, nel segreto del voto, non cambi idea. «Lo auspico, ma non faccio mai questi ragionamenti. Anche se in trenta anni di vita parlamentare ne ho viste così tante…».
Senatore, il 21 agosto sera c’è stato l’atteso incontro tra Alfano e Letta. Per molti ormai tra Pd e Pdl la distanza è incolmabile.
Alfano è andato a Palazzo Chigi per ricordare al premier i suoi impegni su Imu e Iva. Ma sul tavolo sono state poste anche delle questioni a cui deve rispondere tutto il Partito democratico, non solo Enrico Letta. Il problema legato alla vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi non riguarda direttamente il premier, ma il suo partito.
Il Pd, a cui chiedete di non votare la decadenza del Cavaliere.
Noi chiediamo che su quella vicenda si esprima la Consulta. Chiediamo di rinviare la decisione della Giunta delle elezioni a dopo quella pronuncia. Bisogna avere la certezza sulla irretroattività della norma Severino. Mi sembrano cose anche abbastanza ovvie.
Ma se il Pd non vota l’ineleggibilità di Berlusconi non rischia di implodere? Come possono spiegare una simile scelta al proprio elettorato?
Se pensano alla tenuta del partito, pensino anche alla tenuta dell’esecutivo. Non si può stare assieme al governo e far finta di niente se il leader di uno dei partiti di maggioranza chiede l’intervento della Consulta. Perché vede, noi non stiamo mica chiedendo di annullare tutto quello che è successo. Chiediamo solo l’intervento della Consulta. E non voglio neppure entrare nel merito dei poteri del Presidente della Repubblica, che in questa situazione non credo sia giusto tirare per la giacca.
Magari nel Pd qualcuno cambierà idea quando sarà l’Aula del Senato a votare. A scrutinio segreto.
Non faccio mai questi ragionamenti. Certo, credo che ogni parlamentare sia libero di votare come meglio crede. Ma adesso è assurdo pensare a queste cose. Lo auspico, ma non me la sento di pronunciarmi. Anche se devo dire che in trenta anni di vita parlamentare ne ho viste così tante…
E se invece fosse il Pdl a spaccarsi? Se Berlusconi decidesse di staccare la spina al governo, magari qualcuno di voi potrebbe non seguirlo.
Questo lo escludo nella maniera più assoluta. Non ho sintomo di alcun tradimento. Spesso sui giornali ci si diverte a dividerci tra falchi e colombe. Ecco, io credo che stavolta tanto i falchi che le colombe si riconoscono in pieno nella leadership di Silvio Berlusconi.
Leadership che presto il Cavaliere potrebbe dover esercitare fuori dal Parlamento. Secondo lei è possibile?
È possibile, certo. Ma per il momento non ci voglio nemmeno pensare. Lui resterà il leader, da qualsiasi posizione.
Un Beppe Grillo di centrodestra.
Non facciamo paragoni, per favore. In questi giorni mi è capitato di leggere un altro accostamento che non condivido, tra Berlusconi e Bettino Craxi. Non sono affatto d’accordo. Le due vicende sono notevolmente diverse: quando Craxi pronunciò quel famoso discorso in Parlamento, chiedendo di essere lasciato solo al suo destino (era l’estate del 1993, ndr), in realtà i suoi compagni di partito lo avevano già abbandonato. Tutti, in primis Martelli. Quel partito si stava sciogliendo. Oggi le cose sono molto diverse: di fronte al disagio che sta vivendo Berlusconi, il partito è unito. E anche se il Cavaliere ci chiedesse di lasciarlo solo al suo destino, non sarebbe possibile. E non entro nel merito della condanna sulla vicenda Mediaset, anche se basterebbe leggere le carte per cogliere certe assurdità.
Dopo la condanna e la reazione del Pd, crede che sia stato un errore dare vita al governo di larghe intese?
Non mi nascondo, ero tra coloro che non volevano questo governo. Mi sono piegato alla volontà della maggioranza del mio partito. Non avevo alcun piacere ad allearmi con la sinistra e riconosco che probabilmente anche a sinistra nessuno aveva troppa voglia di allearsi con me. Ma oggi non dico che questa esperienza è stata un errore. Qualche risultato c’è stato. Penso al decreto del Fare, che ha dato un importante aiuto alle imprese.
Intanto tra breve si troverà ad essere un dirigente di Forza Italia. Lei che viene dalla destra.
Non è il nome che mi interessa, ma quei valori che ci hanno portato assieme nel Pdl. Come si chiamerà il partito cambia poco, mi interessano i contenuti. A Berlusconi il nome Popolo della libertà non è mai troppo piaciuto, preferisce Forza Italia. E io non mi strappo i capelli.
Nel nuovo partito si dovrà cercare un altro leader per affiancare, e un giorno sostituire, Berlusconi?
Nel mondo io non ho mai visto un leader politico dello spessore di Silvio Berlusconi crearsi un delfino. Finché c’è Berlusconi sarà lui il punto di riferimento. Quando sarà il momento ci penseremo.