Un tranello, una sbavatura: e si chiude (male) la storia del processo Mediaset. Il giudice Antonio Esposito ha agito con leggerezza, di sicuro, concedendo l’intervista al Mattino. Era meglio non farla, non poteva non saperlo. Lo dice anche l’avvocato Giulia Bongiorno, che «la bilancia dei Giudici ha in un piatto il potere divino di assolvere o condannare, nell’altro piatto umiltà e silenzio. Non interviste!».
Ne ha commessa poi un’altra, poi, smentendo «di aver pronunziato, nel colloquio avuto con il cronista – rigorosamente circoscritto a temi generali e mai attinenti alla sentenza, debitamente documentato e trascritto dallo stesso cronista e da me approvato – le espressioni riportate virgolettate: “Berlusconi condannato perché sapeva non perché non poteva non sapere”». Esposito, e questo va detto e ricordato, non ha mai detto una cosa del genere: non è scritta nemmeno nell’intervista. Lo si può vedere qui.
La vera leggerezza, allora, è stata quella di sottovalutare il fuoco di fila dell’entourage berlusconiano, che ha approfittato del quiproquo per partire all’attacco. Una pioggia di dichiarazioni che ha seppellito il magistrato, con l’obiettivo di delegittimare lui e la sentenza. Era il minimo da aspettarsi, e Antonio Esposito non poteva non saperlo.