Scovare una persona con potenziali tendenze suicide tramite la sua attività sui social network e, se possibile, dissuaderlo in tempo. Questo lo scopo di Durkheim Project, un progetto di big data analysis che sfrutta tecnologie di analisi predittiva per determinare la propensione delle persone a un gesto.
Numerosi, negli ultimi anni, i casi di suicidio annunciato preventivamente sulle piattaforme sociali: secondo i ricercatori americani che lavorano al Durkheim, basato a Boston e sostenuto dal governo statunitense, il 65% di chi che si è tolto la vita avrebbe utilizzato parole e frasi ricorrenti negli ultimi giorni di attività sui social network. Un’usanza che, in alcuni casi, ha contribuito a sventare un possibile suicidio. Anche in Italia.
Attraverso uno speciale algoritmo messo a punto dal teamdel progetto, dunque, è oggi possibile analizzare i profili degi utenti sui social network rintracciando segni di depressione e tendenze suicide. Tra i parametri considerati ci sono gli status che pubblichiamo su Facebook, le interazioni su Twitter, i cambiamenti al profilo di LinkedIn. Il sistema rivolge particolare attenzione ai messaggi “nascosti” tra le righe: non sempre sulle piattaforme sociali le intenzioni suicide vengono esplicitate chiaramente. Ciò non toglie, però, che non le si possa diagnosticare in tempo.
Il progetto, al suo stato attuale, sta monitorando i profili di militari ed ex militari, in particolare dei veterani, una fra le categorie di persone in assoluto più a rischio. Si tratta di una fase di test, in cui il monitoraggio avviene ancora su base volontaria. In questo frangente, saranno coinvolti in totale 100mila individui. Un obiettivo massiccio per un progetto ambizioso, finanziato direttamente dalla DARPA (United Stases’ Defense Advanced Research Projects), che al momento mette in atto soltanto un processo di osservazione passiva.
L’intervento automatico sarà la prossima fase: il medico e un familiare della persona a rischio verranno immediatamente avvertiti, in caso del manifestarsi di segnali preoccupanti. «Se penso oggi di poter predire i suicidi con grande precisione? No, non credo», ha spiegato Chris Poulin, uno dei responsabili del progetto, a Mashable. «Però penso che, se un uomo inserito nel nostro sistema decidesse di suicidarsi domani, avremmo buone possibilità di intervenire in tempo».
In futuro, com’è ovvio, il progetto si scontrerà con indubbie problematiche legate alla privacy. La prossima sfida del Durkheim Project, dunque, è proprio questa: sviluppare un metodo in grado di veicolare il sistema senza farlo apparire invasivo, o peggio, spionistico. Di questi tempi, non sarà facile.
Twitter: @valeriobassan