Sotto il palco abusivo, si riunisce il popolo di Silvio

Accaldati e battaglieri: Silvio salvaci!

Il comizio è terminato da alcuni minuti quando il Cavaliere si trasforma da leader politico in reliquia. Tutti lo vogliono vedere, tutti lo vogliono toccare. La piccola folla si è accalcata davanti all’ingresso secondario del suo palazzo, su piazza Grazioli. È una posizione strategica, come ben sanno i fedelissimi di Silvio Berlusconi. Avvicinandosi alla cancellata si riesce a sbirciare il cortile interno dell’abitazione dell’ex premier, comprese le finestre che non affacciano sulla strada. Quando il Cavaliere fa capolino per ringraziare i presenti è il delirio. Roba da rockstar a fine concerto. «Silvio dacci la mano!», «Resisti». Qualcuno la prende ancora più sul serio. «Silvio, salvaci!», grida un’anziana signora tra la folla. A farne le spese è la rossa ex ministra Michela Vittoria Brambilla. Sperava di entrare a Palazzo Grazioli lontano da sguardi indiscreti, finisce schiacciata in mezzo alla calca sudaticcia del popolo di Silvio.

Lui li ha chiamati e loro sono venuti. Fedeli e generosi. Un atto d’amore verso il capo ferito dalla condanna della Cassazione. Tutti a Roma per partecipare al grande corteo di solidarietà, frettolosamente riconvertito a sit-in per evitare strumentalizzazioni. Mentre aspettano il comizio, se la prendono con “il partito delle toghe rosse”, “i giudici comunisti” che hanno scippato la democrazia all’Italia. Pochi dubbi. Il Cavaliere? Per tutti è innocente. Vittima incolpevole della cattiveria dei suoi avversari. «E se anche avesse rubato – rivela un militante a un allibito giornalista della Radio svizzera durante una breve intervista – Non fa niente. Perché tanto rubano tutti, i politici sono tutti uguali».

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Dalla Calabria al Trentino, sono partiti alle prime luci dell’alba per raggiungere la Capitale. Il paese di provenienza l’hanno scritto sugli striscioni. Spesso si tratta di sconosciute cittadine di lontane province. Più si viene da lontano e più ci si sente fedeli al leader. «Io arrivo da Cava dei Tirreni, mi sono fatta quattro ore di viaggio su un pullman scassato» racconta una militante sulla cinquantina, lasciando intendere le forti motivazioni che l’hanno spinta fino a Roma.

Non sono tantissimi, questo è vero. Ma bisogna essere realisti: siamo ad agosto, è domenica, forse la giornata più calda dell’estate. Riempiono una buona metà di via del Plebiscito. È evidente che i 500 pullman promessi dagli organizzatori non sono arrivati tutti a destinazione. Il colpo d’occhio fa comunque il suo effetto. Anche se chi sperava di affollare persino piazza Venezia resta deluso. Lì, decine di turisti continuano a girare indisturbati – e un po’ curiosi – durante tutto il pomeriggio. Dal Pdl arrivano altre informazioni. In piazza ci sarebbero almeno 25mila persone. Potevano essere anche di più, ma il comune di Roma avrebbe impedito a diversi pullman di raggiungere il centro della città. Ostruzionismo stradale.

Il popolo di Silvio comunque c’è. Accaldati, rossi in faccia. Molte donne non hanno rinunciato a un po’ di trucco, che sotto l’afa capitolina finisce inevitabilmente per liquefarsi sul viso. Sventolano centinaia di bandiere, quasi tutte di Forza Italia. Non le hanno neppure dovute portare da casa. All’angolo di Palazzo Grazioli gli organizzatori distribuiscono vessilli colorati a chiunque ne faccia richiesta. Ce ne sono così tanti che alla fine ne restano a decine ancora arrotolati. Il popolo di Silvio ne fa incetta. Sventola le bandiere durante l’intervento del Cavaliere, al termine se le porta a casa come souvenir. I più fortunati sono riusciti ad accaparrarsi anche delle maschere di Berlusconi, che indossano divertiti. Quando gli altoparlanti trasmettono a volume pericolosamente alto le note di “Meno male che Silvio c’è” canticchiano, convinti e soddisfatti. Sono agguerriti, nonostante l’età di molti sostenitori si avvicini a quella pensionabile. «Voi dovete continuare a lottare» una signora incita l’ex ministro Rotondi, mentre lo bacia.

Il popolo di Silvio, enfatico come sempre. «Sono venuto da Parma perché oggi è un giorno nero» racconta un signore seduto su un gradino per il gran caldo. «Lei mi crederà matto, ma oggi in Italia è finita la democrazia». Nessuno ha troppa voglia di scherzare da questo punto di vista. La condanna della Cassazione l’hanno presa tutti maledettamente sul serio. «Silvio martire della libertà» recita un cartello sotto il palco. «Sei più grande di Giulio Cesare», si legge su uno striscione evidentemente ispirato ai vicini Fori. “E adesso condannateci tutti” campeggia in fondo a via del Plebiscito.

Non mancano le eccezioni. Qua e là si intravedono famiglie piene di bambini, l’aria di chi ha sfruttato l’occasione per fare una gita gratis a Roma. A chi glielo chiede, rispondono quasi offesi. «In gita? E chi lo dice? Noi siamo qui per Silvio Berlusconi». Lo scandiscono con orgoglio. BER-LU-SCO-NI. Convinti militanti o improvvisati vacanzieri, sono tutti con il Cavaliere. Tanto che l’ovazione più rumorosa arriva quando l’ex premier promette: «Io sono qui, io resto qui, io non mollo!». È un boato. “Hic manebimus optime” conferma dannunzianamente il cartello di un attempato simpatizzante che ascolta il discorso sotto Palazzo Venezia. Non mancano le lacrime dei più sensibili.

Il leader, commosso, ringrazia. «Negli anni che ancora mi restano non dimenticherò mai questa giornata e il vostro abbraccio». Per un attimo si commuove. Al suo fianco spunta anche la giovane fidanzata Francesca Pascale. Il finale è coreografico. Tra strette di mano e coriandoli colorati, Silvio Berlusconi lascia la piazza festante e si ritira nel suo appartamento. A pochi metri dal palco.

Mischiati tra la folla, ci sono anche diversi parlamentari. Alcuni sfidano l’afa in giacca e cravatta, neppure dovessero andare in Parlamento. Altri hanno optato per una più informale tenuta domenicale. Bermuda e maglietta. «C’hanno scassat ’o cazz’» recita la t-shirt della senatrice Mussolini. Lo stesso Berlusconi, peraltro, sotto la giacca ha preferito indossare una maglietta nera. Qualcuno si è portato la famiglia, come Enrico Costa, moglie e passeggino al seguito. «Combattiamo per salvare il loro futuro», gli spiega una militante cinquantenne indicando il bimbo in fasce. L’accento tradisce la provenienza emiliana. I ministri no. Loro avevano promesso di non venire per evitare strumentalizzazioni. Eppure qualche rappresentante del governo c’è. La sottosegretaria Michaela Biancofiore, ad esempio. E persino un esponente dell’ultimo esecutivo di Mario Monti. È l’ex sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo, che sotto al palco racconta di essere venuto per solidarietà al Cavaliere.

Lo stesso palco finito al centro di una piccola polemica. Secondo alcune indiscrezioni sarebbe stato allestito abusivamente. Prima del comizio il Comune avrebbe persino inviato una pattuglia della Municipale per verificare. Illecito o leggenda metropolitana? A riguardo i vigili urbani presenti a via del Plebisicito preferiscono non rispondere. Un po’ timoroso, uno di loro accetta di parlare. «Glielo dico in via del tutto confidenziale – spiega – A quanto ne so io, è vero. Il palco è abusivo. Mi hanno detto che era stata presentata domanda al gabinetto del sindaco, ma nessuno ha mai dato l’autorizzazione».

Incurante, sotto l’ingresso principale di Palazzo Grazioli, un piccolo gruppo di Radicali raccoglie le firme per i 12 quesiti referendari proposti dal movimento di Pannella. Alcuni temi sono evidentemente molto sentiti dalla piazza. La separazione delle carriere dei magistrati, la responsabilità civile delle toghe…«Avranno firmato almeno 500 persone» raccontano soddisfatti. Anche il Cavaliere? «No, lui no – ammette l’ex segretaria Rita Bernardini, impegnata anche lei a raccogliere le firme – Ma ci ha promesso che firmerà a Milano». 

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