Crisi di governo, i primi costi per gli italiani

I nodi che la crisi lascia irrisolti

Operazione fallita. Il Consiglio dei ministri di venerdì 27 settembre ha deciso di non decidere. Il decreto che doveva posticipare l’aumento dell’Iva e correggere il rapporto deficit-Pil viene congelato. Troppo alte le tensioni politiche all’interno della maggioranza per procedere. E così il governo sospende ogni azione. Enrico Letta è stato chiaro: prima di qualsiasi intervento è necessaria una verifica della maggioranza in Parlamento, probabilmente già lunedì. «In attesa del chiarimento – spiega la nota ufficiale della Presidenza del Consiglio – si è reputato inevitabile il blocco di ogni decisione governativa su temi, anche rilevanti, di natura fiscale ed economica».

Non sono pochi. Complici una serie di scadenze, nel giro di due settimane Palazzo Chigi deve affrontare – possibilmente in maniera definitiva – i grandi temi economici che hanno caratterizzato la prima fase dell’azione dell’esecutivo. Dalla cancellazione definitiva dell’Imu al blocco dell’aumento Iva. Passando per privatizzazioni, riduzione del cuneo fiscale e riequilibrio dei conti pubblici. Dossier che la crisi di governo rischia di lasciare clamorosamente irrisolti.

Certo, fino a ieri la preoccupazione principale era legata all’Iva. Non fosse altro che per questioni di urgenza: dal primo ottobre l’aliquota salirà dal 21 al 22 per cento. Un incremento già fermato la scorsa estate con un decreto di Palazzo Chigi e rimandato di alcuni mesi. Ora il tema si ripropone. Per un ulteriore stop dell’aumento Iva, almeno fino alla fine dell’anno, serviva un miliardo di euro. «Alla fine lo troveremo» aveva assicurato qualche giorno fa il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. Secondo i piani di via XX settembre e la bozza di decreto circolata ieri pomeriggio, le coperture sarebbero arrivate da un piano di tagli alla spesa pubblica. In particolare da qualche sforbiciata ben assestata sulla spesa dei ministeri. Ma soprattutto da un incremento delle accise sulla benzina. Un impegno gravoso – in assenza di risorse – che per il futuro potrebbe crescere ancora. Quando il 15 ottobre il governo varerà la legge di Stabilità, il tema dell’Iva si ripresenterà sul tavolo. E per eliminare stabilmente l’aumento dell’aliquota, sarà necessario reperire altri 4 miliardi di euro per tutto il 2014.

Dopo l’Iva, l’Imu. Ecco l’altro nodo programmatico giunto al pettine dell’agenda di governo. Abolita la prima rata, adesso l’esecutivo deve rendere operativa anche la cancellazione dell’ultimo pagamento 2013 su prima casa e terreni agricoli. Per studiare questo dossier a Palazzo Chigi c’è qualche giorno di tempo in più. L’apposito decreto sarà un collegato alla legge di Stabilità. Quindi per risolvere il problema c’è tempo fino al 15 ottobre. Il costo dell’operazione supera i 2 miliardi di euro, per la precisione 2,4. Non è un mistero che questo sia uno dei principali fronti di scontro all’interno della maggioranza. Per il Pdl l’abolizione dell’Imu resta un cavallo di battaglia. Le resistenza di alcuni esponenti democrat – più disponibili a una cancellazione parziale dell’imposta – potrebbe rappresentare il principale pretesto per un crisi di governo.

Le grane non sono ancora finite. Nel Consiglio dei ministri di ieri, Letta e la sua squadra avrebbero dovuto individuare un’altra difficile soluzione. Servono 1,6 miliardi per riportare il rapporto deficit/Pil sotto il 3 per cento, come imposto dall’Europa. Per ora l’Italia sembra sforare il tetto solo di uno 0,1 per cento (anche se le stime del Fondo monetario ipotizzano lo 0,2). Di certo per Enrico Letta è questo l’impegno più urgente. Durante la visita negli Stati Uniti – conclusa proprio ieri – il presidente del Consiglio ha assicurato che per rientrare nel tetto del 3 per cento il governo è pronto a tagliare la spesa. Del resto l’esecutivo aveva già anticipato un «tempestivo» intervento in materia durante la presentazione della nota di aggiornamento del Def, la settimana scorsa.

E non è tutto. La riunione di ieri a Palazzo Chigi lascia irrisolti un altro paio di dossier. Servono almeno 700milioni di euro, infatti, per finanziare la cassa integrazione in deroga fino alla fine dell’anno e coprire le spese delle missioni militari oltreconfine. Per non parlare dell’ambizioso programma di privatizzazioni che Letta ha in mente. Con ogni probabilità il piano vedrà la luce tra qualche settimana, assieme alla legge di Stabilità. Sarà quello il grande punto di svolta del governo. Il presidente del Consiglio ha assicurato che la vecchia legge finanziaria sarà caratterizzata da una rilevante riduzione delle tasse su lavoro e imprese. Era questa la grande scommessa di Enrico Letta. Un passaggio fondamentale del suo programma di governo. Da ieri, inevitabilmente, le priorità di Palazzo Chigi sono cambiate. Adesso la vera incognita è legata alla vita stessa dell’esecutivo: martedì prossimo l’Italia avrà ancora un governo?

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