Le parole di padre Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993

“Contro la mafia servono anche i fatti”

Il Signore sa aspettare
Nessun uomo è lontano dal Signore.
Il Signore ama la libertà, non impone il suo amore. Non forza il cuore di nessuno di noi.
Ogni cuore ha i suoi tempi, che neppure noi riusciamo a comprendere.
Lui bussa e sta alla porta. Quando il cuore è pronto si aprirà.

Il senso della vita
Ognuno di noi sente dentro di sé una inclinazione, un carisma.
Un progetto che rende ogni uomo unico e irripetibile.
Questa chiamata, questa vocazione è il segno dello Spirito Santo in noi.
Solo ascoltare questa voce può dare senso alla nostra vita.

Ho fatto del mio meglio
Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il nostro progetto d’amore.
Ma non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati. Si riparte ogni volta. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l’invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito per poter dire: sì, ho fatto del mio meglio.

Come le tessere di un mosaico
Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale.
Ciascuno di noi è come una tessera di questo grande mosaico.
Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual’é il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual’è il proprio, perché si formi l’unico volto del Cristo.

Le parole e i fatti
È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi.
Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste.
Tutte queste iniziative hanno valore ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole.
E le parole devono essere confermate dai fatti.

Dio ci dà forza
L’amore per Dio purifica e libera. Ciò non vuol dire che veniamo spersonalizzati ma, anzi, la nostra personalità viene esaltata e potenziata, cioè viene data una nuova potenzialità alle nostre facoltà naturali, alla nostra intelligenza. Viene data una luce nuova alla nostra volontà.

Se ognuno fa qualcosa
Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno.
Non è qualcosa che può trasformare Brancaccio.
Questa è un’illusione che non possiamo permetterci.
È soltanto un segno per fornire altri modelli, soprattutto ai giovani.
Lo facciamo per poter dire: dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa.
E se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto…

La testimonianza che diventa martirio
Il discepolo di Cristo è un testimone.
La testimonianza cristiana va incontro a difficoltà, può diventare martirio.
Il passo è breve, anzi è proprio il martirio che dà valore alla testimonianza.
Ricordate San Paolo: “Desidero ardentemente persino morire per essere con Cristo”.
Ecco, questo desiderio diventa desiderio di comunione che trascende persino la vita.

Tratto dal sito ufficiale della Diocesi di Palermo dedicato al Beato padre Pino Puglisi

L’articolo di Attlio Bolzoni su la Repubblica che racconta l’agguato al prete di Brancaccio, pubblicato il 16 settembre del 1993

Palermo, ucciso prete antimafia
Attilio Bolzoni, la Repubblica, 16 settembre 1993

PALERMO – Un prete “antimafia” è stato ucciso ieri sera a Palermo con un colpo di pistola alla nuca. I boss hanno assassinato padre Giuseppe Puglisi, un sacerdote di Brancaccio, il parroco della chiesa di San Gaetano, il prete che nelle ultime settimane ha organizzato l’arrivo nel suo quartiere del presidente della commissione parlamentare antimafia Luciano Violante. È la prima volta che Cosa Nostra uccide un sacerdote impegnato nella lotta alla mafia, è la prima volta che i sicari delle cosche attaccano militarmente la chiesa in Sicilia. Una controffensiva senza precedenti scatenata contro i preti coraggiosi di Palermo, i preti delle borgate che ogni giorno puntano il dito contro i mafiosi indicandoli per nome e cognome. Nel giorno del compleanno L’ omicidio di padre Puglisi è avvenuto intorno alle dieci di ieri sera nella zona est della città. In piazza Anita Garibaldi, sul lato dove sbuca viale dei Picciotti.

Secondo le prime scarne ricostruzioni fornite dagli investigatori, il sacerdote stava rincasando. Era a bordo della sua Fiat Uno di colore bianco, era appena sceso dall’automobile, si era avvicinato al portone della sua abitazione. Improvvisamente qualcuno l’ ha chiamato, lui s’ è voltato, qualcun altro gli è scivolato alle spalle e gli ha esploso uno o più colpi alla nuca. Una vera e propria esecuzione mafiosa per un prete “antimafia”. Padre Giuseppe Puglisi aveva cinquantasei anni, compiuti proprio ieri. I killer sono entrati in azione nel giorno del suo compleanno, neanche una settimana dallo sbarco in Sicilia del presidente dell’Antimafia Luciano Violante e da una delegazione della commissione parlamentare. Una missione prevista per il 22 di settembre nelle borgate di Brancaccio, di Settecannoli, di Ciaculli, territori da sempre nelle mani delle cosche.

È stato proprio padre Giuseppe Puglisi uno degli organizzatori di questa visita dell’Antimafia a Palermo, insieme ai dirigenti del movimento Città per L’ Uomo. Il presidente Violante il 22 di settembre dovrà inaugurare una scuola (l’ istituto tecnico industriale Iti Volta) proprio in via dei Picciotti, a pochi metri dal portone dove i sicari ieri sera hanno assassinato il sacerdote. All’inaugurazione della scuola era prevista anche la partecipazione del questore Gianni e del prefetto di Palermo Musio. Cosa Nostra ha apertò così la sua “campagna” di fine estate.

Con un omicidio terribile, l’eliminazione di un prete antimafia che è un segnale per tutti. Un messaggio per la chiesa, per lo Stato, per tutti i centomila abitanti di Brancaccio e di Settecannoli. Per la prima volta nella storia mafiosa si scatena la furia omicida dei Corleonesi contro i preti. Un avvertimento a tutti i sacerdoti delle borgate, la vera “anima” della chiesa palermitana dopo le prudenze del cardinale Salvatore Pappalardo. Sulla dinamica dell’ omicidio fino a tarda notte si è saputo ben poco. Mentre scriviamo gli investigatori sono ancora in piazza Anita Garibaldi, confermano il colpo alla nuca (esploso pare con una pistola calibro 7,65 automatica), confermano la presenza di almeno di due sicari, confermano che padre Puglisi è stato ucciso proprio sotto casa.

Era appena uscito dalla sua chiesa di San Gaetano, il tempo di arrivare qui in piazza Anita Garibaldi e…”. L’ allarme è stato lanciato alla polizia e ai carabinieri con la solita telefonata anonima: “C’è stato un omicidio…”. Subito dopo un’ ambulanza ha trasportato il sacerdote all’ospedale più vicino, la clinica “Burchieri e La Ferla”, in via Messina Marine, sul lungomare di Romagnolo.

Quale ipotesi avanzare sull’omicidio del parroco della chiesa di San Gaetano? Da due anni il sacerdote lavorava a tempo pieno sul fronte antimafia, incontrava i giovani del quartiere Brancaccio, organizzava incontri nei centri sociali e nelle parrocchie della zona, assisteva i senzatetto, si occupava delle questioni degli abitanti delle case popolari dello Sperone. Un’ attività che lo aveva portato spesso in “prima pagina” sui quotidiani locali. Un’attività estremamente pericolosa nel quartiere di Brancaccio, estremamente pericolosa nella zona est di Palermo che si estende dal porticciolo di Sant’Erasmo fino alle borgate di Ciaculli e di Croceverde Giardini, fino a pochi mesi fa incontrastati regni di Michele e di Salvatore Greco.

È questa la pista che fin dalla notte stanno seguendo gli investigatori e i magistrati per individuare il “contesto” dove è maturato l’omicidio di padre Puglisi. “Anche se…”, dicono gli investigatori, “anche se a tutto questo si potrebbe aggiungere qualche altra cosa…”. C’è la storia di un appalto per la ristrutturazione della parrocchia di San Gaetano, in via Conte Federico, la “strada della morte”, la strada dove durante la guerra di mafia sterminarono un centinaio di amici e di parenti di Salvatore Contorno, il mafioso che diventò pentito.

Secondo alcune voci, padre Puglisi non si sarebbe piegato ai ricatti della mafia della zona: “La tua chiesa la rifacciamo noi, saranno le nostre imprese a lavorare…”. Voci che si diffondono nella notte nel quartiere Brancaccio, voci, queste, senza conferme. “L’ unica conferma è che la mafia qui a Palermo è ancora fortissima”, commenta emozionato Paolo Agnilleri, il responsabile regionale del Pds per l’ informazione, un ex consigliere comunale che dieci anni fa è stato massacrato di botte sotto la sua casa di Brancaccio, “qualcuno si era illuso che Cosa Nostra era in ritirata, purtroppo non è vero, questo delitto è terribile…terribile…”.

A mezzanotte in piazza Anita Garibaldi è arrivato il sostituto procuratore di turno Lorenzo Matassa. A mezzanotte a Brancaccio è arrivato anche il cardinale Pappalardo. Ha detto poche parole: “Era un prete che faceva il suo dovere… c’è un imbarbarimento, qualcuno l’ hanno minacciato… Padre Puglisi l’hanno ucciso”. Era da quindici anni che Cosa Nostra non uccideva un prete a Palermo. Ma nell’agosto del 1978 la vittima dei boss era di ben altra pasta. Si chiamava Valerio Castronovo, frà Giacinto. Fu assassinato a colpi di pistola nella sua cella, nel convento del cimitero di Santa Maria del Gesù. Fra Giacinto era intimo amico del Falco, Stefano Bontate, allora il mafioso più potente di Palermo.

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