Riusciranno i nostri eroi a regalare l’Italia a Grillo?

Questa crisi è uno spot per il M5S

Riusciranno i nostri eroi a consegnare il governo del Paese a Beppe Grillo? L’obiettivo non è facile. Di certo Pd e Pdl ce la stanno mettendo tutta. I sei mesi di vita della XVII legislatura sono probabilmente il miglior spot elettorale per il Movimento Cinque Stelle. Per non parlare dell’incredibile esperienza delle larghe intese. Se la crisi aperta in questi giorni proseguirà sulla stessa linea di irresponsabilità delle ultime settimane, i grillini possono iniziare a sperare. Al prossimo giro il M5S ha buone possibilità di diventare il primo movimento politico italiano.

Le dimissioni dei ministri del Pdl sono di poche ore fa. Al momento non è dato sapere se il governo cadrà in settimana, se le urne sono vicine o nascerà un Letta bis. Ma quando sarà il momento, è chiaro che Grillo si troverà la strada spianata. Gli argomenti per convincere nuovi elettori non mancano. A partire dall’incapacità dimostrata negli ultimi mesi dai principali leader politici italiani. Incapaci di eleggere un presidente della Repubblica, ad esempio. E costretti a richiamare al Quirinale Giorgio Napolitano dopo aver impallinato nel segreto dell’urna – è il caso del Partito democratico – persino i propri candidati. Ma anche incapaci di interpretare il risultato di un’elezione politica. Non è un mistero che a fronte di un sostanziale pareggio tra Pd e Pdl, l’ostinazione dell’ex segretario democrat Bersani per una maggioranza con il Movimento Cinque Stelle ha finito per bloccare il Paese almeno un paio di mesi.

Esattamente due mesi, come quelli che l’Italia ha perso dietro alle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi. Dal primo agosto scorso, giorno della sentenza della Cassazione sul caso Mediaset, il dibattito politico si è occupato più della decadenza del Cavaliere che di qualsiasi riforma. Un paradosso dai risvolti quasi divertenti. Sconosciuta ai più, la giunta per le elezioni di Palazzo Madama è diventata improvvisamente il centro delle istituzioni italiane. Intanto, tra polemiche su voti segreti e retroattività della legge Severino, la crisi economica è finita colpevolmente in secondo piano.

Beppe Grillo potrà conquistare un buon numero di consensi elencando le promesse mancate dell’esecutivo. Lo scorso inverno gli italiani hanno assistito a una campagna elettorale tutta incentrata sull’abolizione dell’Imu. Oggi, dopo cinque mesi di governo Pd-Pdl, l’imposta sulla prima casa non è stata ancora definitivamente cancellata. Stessa sorte per l’aumento dell’Iva. Scatterà la prossima settimana: il decreto che doveva bloccare l’incremento dell’aliquota è stato congelato ieri sera dal Consiglio dei ministri per le note tensioni nella maggioranza. Tutto fermo. Come il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, alla faccia della crisi.

Della legge elettorale meglio non parlare. Un paio di commissioni di saggi e tante rassicurazioni non sono servite pressoché a nulla. Alla fine una modifica arriverà, si spera. Eppure il percorso parlamentare per abolire il Porcellum di fatto non è ancora iniziato. In caso di interruzione della legislatura salterà l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, ovviamente. E complice la particolare procedura necessaria per modificare la Costituzione, le riforme istituzionali faranno probabilmente la stessa fine. A partire dalla riduzione del numero dei parlamentari, l’unica promessa presente nei programmi elettorali di quasi tutti i partiti.

Se i fallimenti degli ultimi mesi non dovessero bastare per stravincere le elezioni, Grillo può sempre sperare nelle prossime mosse della politica italiana. All’inutile tentativo di un governo di larghe intese potrebbe seguire uno scenario persino peggiore. Un nuovo esecutivo sostenuto da una maggioranza improvvisata. Un Letta-bis forte dell’appoggio di parlamentari raccolti qua e là. Transfughi di ogni partito disposti a votare il governo più per timore di dover lasciare il Parlamento che per convinzione. La quintessenza del peggior costume politico.

L’asso nella manica dei Cinque Stelle, però, è il teatrino che una parte dell’ex maggioranza metterà in piedi nelle prossime ore. Non si tratta della minaccia di dimissioni in massa dei parlamentari del Popolo della libertà (caso più unico che raro). Quanto piuttosto della gara a scaricare sull’avversario la responsabilità della crisi. Una scena a tratti pietosa, rigorosamente bipartisan. Un assist efficace a chi si è sempre scagliato, spesso pretestuosamente, contro l’esperienza delle larghe intese…