Social network, ecco gli Stati più spioni del mondo

Facebook e Twitter

Non tutti, come il Primo Ministro turco Erdoğan, ritengono i social network una «minaccia per la società». Sono molti, tuttavia, i governi o gli enti governativi che inoltrano richieste a Facebook, Twitter e altri portali per ottenere dati ed informazioni tutelate da privacy.

Vari e mutevoli gli scopi di azioni di questo tipo: in alcuni casi, come in Egitto nel gennaio del 2011 – quando la Mabahith Amn ad-Dawla, il servizio investigativo per la sicurezza statale, impose la chiusura le due principali piattaforme sociali a distanza di due giorni -, i governi cercano di accedere ai database dei social network per prevenire e controllare rivolte, arginare movimenti di protesta o fermare la diffusione del dissenso sociale; in altri casi, le informazioni vengono utilizzate per risolvere controversie virtuali (ad esempio, casi di stalking), oppure come elementi probanti all’interno di un caso giudiziario di diversa origine. Tra i dati più richiesti ci sono, ovviamente, gli indirizzi IP e mail degli utenti.

Pochi giorni fa Facebook, nel tentativo di aumentare il livello di trasparenza verso gli utenti – mossa quasi obbligata dopo i noti eventi legati alla vicenda Datagate – ha pubblicato il numero e la provenienza delle richieste di dati ricevute dai singoli stati nei primi sei mesi del 2013. A guidare questa “classifica” ci sono gli Stati Uniti, con oltre 11mila richieste di indagine indirizzate a 21mila account. Segue a grande distanza l’India (dove gli abitanti sono il quadruplo e le richieste un quinto), mentre risultano più o meno appaiate le principali nazioni europee: Regno Unito (1975 richieste), Germania (1886), Italia (1704) e Francia (1547). Molte meno, infine, le indagini governative sugli utenti dei social network realizzate da Brasile (715), Australia (546), Spagna (479) e Canada (192).

La mappa delle pressioni dei governi su Facebook non si discosta molto rispetto a quella di Twitter, dove le pratiche di questo tipo sono in netta crescita rispetto al passato (+40% nel 2013 rispetto al 2012). Secondo un rapporto pubblicato da microblogging.com alla fine di luglio (realizzato con dati provenienti direttamente da Twitter), anche qui spadroneggiano gli USA, da cui proviene circa il 78% delle richieste totali ricevute da Twitter. Seguono Giappone, Brasile e Regno Unito, ma la differenza con Washington è abissale. Tra le nazioni che hanno richiesto più spesso la censura di contenuti pubblicati, invece, il Brasile risulta al primo posto, seguito da India, Giappone, Olanda e Russia.

Sia su Facebook che su Twitter, una parte minoritaria delle richieste totali non viene accolta. Le due compagnie si riservano il diritto di decidere circa la natura delle singole petizioni, garantendo o negando il permesso caso per caso. Tornando al social network di Mark Zuckerberg, ad esempio, si apprende che solo il 37 per cento delle richieste tedesche sono state accolte: questo significa che il governo di Angela Merkel ha richiesto le informazioni, nella grande maggioranza dei casi, senza addurre motivazioni sufficienti, o almeno non giudicate tali. Per contro, il 53 per cento delle richieste italiane è stato accettato, e addirittura il 78 per cento negli USA: non a caso, Facebook è stato accusato di rapportarsi al governo Obama in modo eccessivamente accondiscendente.

Quartz ha realizzato una tabella di comparazione tra Facebook e Twitter. Il primo riceve un volume di richieste 24 volte superiore: 25607 quelle ricevute da Menlo Park, solo 1113 quelle arrivate negli uffici del social network di microblogging. La classificazione non considera gli Stati Uniti, che da soli formulano la stragrande maggioranza delle domande totali per Facebook e per Twitter. Ecco i due schemi realizzati dal magazine online americano, uno per social network (a lato trovate il paragone percentuale dei medesimi stati sulla piattaforma rivale). Interessante notare alcune discrepanze importanti, quella del Giappone ad esempio: è la seconda nazione in assoluto come numero di richieste inviate a Twitter, mentre le  su Facebook (che storicamente ha lì uno dei paesi di minor successo) è praticamente inesistente.

Twitter: @valeriobassan

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