La vita e gli scatti del fotogiornalista Robert Capa

Nasceva 100 anni fa a Budapest

Robert Capa non si chiama veramente Robert Capa. Il suo vero nome è Friedmann Endre Ernő, nato a Budapest il 22 ottobre del 1913. Cambia nome a Parigi negli anni ‘30, dopo essere scappato dalla Germania per via del nazismo, perché un fotografo con il suo stesso nome gli rendeva difficile trovare lavoro. Robert Capa è considerato uno dei padri del fotogiornalismo. Con i suoi reportage ha raccontato le grandi guerre dello scorso secolo: dalla guerra civile spagnola alla guerra d’Indocina, passando naturalmente per la seconda guerra mondiale.Gli scatti di Capa sono famosi in tutto il mondo grazie, soprattutto, alla sua collaborazione con la rivista LIFE che pubblicò i suoi reportage. E alcune delle sue foto sono anche soggetti di grandiose storie, che tengono vivo il mito di Capa ancora oggi.

I dubbi sulla foto più famosa di Robert Capa: Morte di un miliziano lealista

Ad oggi, ancora non si sa se questa foto sia vera o finta: se Capa la scattò nel mezzo di un’azione di guerra o se, invece, la inscenò spacciandola per vera. Da anni gli esperti di fotografia continuano ad analizzala e a studiarla, confutando le informazioni date da Capa a riguardo, senza però arrivare a una conclusione definitiva.

Per molto tempo si è creduto che la foto fosse stata scattata a Cerro Muriano, vicino a Cordoba. Ma esaminando uno scatolone di negativi di Capa rinvenuto nel 2007 e analizzando il paesaggio sullo sfondo della foto sembra invece che si trattasse di un paese chiamato Espejo, distante 50 km da Cerro e lontano dalle battaglie della guerra civile.
E non solo: si pensava che il miliziano nella foto fosse un anarchico chiamato Federico Borrell García, ma Borrell García fu ucciso a Cerro Muriano e non a Espejo, dietro a un albero e non in campo aperto.
Infine, in uno dei suoi resoconti, Capa ci dice che la la fotografia è stata scattata con una Leica, ma anche su questo minimo dettaglio c’è incertezza. Lo studioso José Manuel Susperregui sostiene che la foto sia fatta con la Rolleiflex di Gerda Taro, compagna di Capa al tempo, e che anche questa sia una prova dell’inautenticità della foto.

Un’ipotesi interessante è che Capa stesse veramente scattando delle foto con dei miliziani in posa (la foto non è l’unica della serie, ce n’è un’altra con un inquadratura molto simile che ritrae però un miliziano diverso), ma che durante uno di questi scatti uno dei miliziani sia stato realmente ucciso da un proiettile sparato da un cecchino.

Riguardo all’autenticità della foto Capa rispose sempre che:

«Per scattare foto in Spagna non servono trucchi, non occorre mettere in posa. Le immagini sono lì, basta scattarle. La miglior foto, la miglior propaganda, è la verità.»

E anche John Morris, photo editor di Capa per LIFE, si dice scettico sulla possibilità che il fotografo abbia messo in scena lo scatto:

«Dubito sapesse di aver catturato quel momento finché non lo vide pubblicato. Penso che fosse uno scatto molto doloroso per lui. Chi vorrebbe trarre profitto dalla morte di un’altro uomo, un commilitone addirittura?» 

Le Magnificent Eleven, le foto dello sbarco in Normandia

Il 6 giugno 1944, il D-Day, Robert Capa era con il 16° reggimento fanteria della 1° divisione, le truppe d’assalto che per prime avrebbero messo piede su Omaha Beach, il nome in codice di una delle cinque spiagge su cui sbarcò l’esercito alleato.

Durante la battaglia, fianco a fianco con i soldati, Capa scattò 106 fotografie. I quattro rullini arrivarono alla redazione di LIFE a Londra giusto in tempo per la chiusura. Le fotografie andavano sviluppate, passate ai censori e poi spedite a New York.
John Morris ricorda che i negativi delle foto di Capa erano «favolosi». Ma nel cercare di accelerare il processo verso la stampa dei negativi, chi lavorava alla foto fece un errore: chiuse l’armedietto in cui i negativi si stavano asciugando, rovinando completamente l’emulsione e distruggendo le foto. Soltanto 11 fotografie del quarto rullino si salvarono.

LIFE pubblicò le foto il 19 giugno (il numero è disponibile per intero su Google Books), spiegando che le immagini erano leggermente fuori fuoco perché le mani di Capa tremavano per via della battaglia.
Nella suo resoconto autobiografico della guerra, intitolato proprio Leggermente fuori fuoco, Capa racconta che, sì, gli tremavano le mani, ma solo quando doveva cambiare il rullino della macchina fotografica. Ha sempre negato che le foto fossero fuori fuoco perché non era riuscito a inquadrare chiaramente l’obiettivo durante la battaglia. Le foto sono tutte scattate con una Contax, con lenti da 50 mm. 

Le foto di Robert Capa

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Le parole di chi l’ha conosciuto

Isabella Rossellini, figlia di Ingrid Bergman con cui Capa ebbe una storia d’amore:

«Lui sapeva che sarebbe morto in una di quelle terribili guerre che fotografava».

John Morris, citato dal Financial Times:

«Henri Cartier-Bresson si sarebbe definito “un fotografo”; Capa si sarebbe definito “un giornalista”».

Ernest Hemingway, prendendolo in giro per il suo pessimo ungherese, disse di lui:

«Capa parla sette lingue, tutte male».

John Steinbeck, scrittore statunitense, disse di Capa:

«Capa ha dimostrato oltre ogni dubbio che la macchina fotografica non è un freddo oggetto meccanico. Come una penna, è potente come la persona che la usa. Può essere l’estensione della mente e del cuore».

Cornell Capa, fratello di Robert, anche lui fotografo:

«È morto su una strada secondaria in un’azione secondaria. Era destino che andasse così».

L’obituary uscito su LIFE, la rivista con cui Capa collaborò per tutta la vita, disponibile integralmente su Google Books:

Le fotografie di Robert Capa sono in mostra fino al 19 gennaio 2014 a Villa Manin, in Friuli Venezia Giulia, in una esposizione intitolata “La realtà di fronte“. E fino al 6 gennaio 2014 a Roma, a Palazzo Braschi, con una mostra dedicata alle foto scattate da Capa durante lo sbarco degli alleati in Italia.

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