L’ipocrisia della “costituzione più bella del mondo”

Oggi a Roma i corifei della Carta

Il professor Angelo Panebianco stamattina sul Corriere della Sera interviene stigmatizzando, a ragione, i conservatori della costituzione italiana e i limiti del pensiero ideologico. Ossia tutto quel gruppo di intellettuali e di pensiero dominante che alberga soprattutto a sinistra, che reputa intangibile, sacrale, inviolabile, la nostra carta costituzionale, «la più bella del mondo», per dirla con Roberto Benigni.

Per questi corifei – oggi si troveranno in manifestazione a Roma proprio in difesa della Costituzione – nemmeno la seconda parte della nostra carta fondamentale, quella che organizza i poteri e la forma di governo, sembra riformabile. Ogni volta che ci si prova scattano tutta una serie di riserve ideologiche: si tira in ballo il rischio autoritarismo (Berlusconi incombente) oppure golpe e inciuci più o meno mascherati. E poi ostracismi, accuse scabrose, retropensieri e peccaminose intelligenze con il nemico (politico). Chi tocca la costituzione muore, insomma.

Eppure il Paese, in panne da troppi anni, anche da lì deve ripartire: da una riforma organica della sua Carta, che non è una tavola di Mosè bensì, come in tutti i grandi Paesi, un manuale di ingegneria costituzionale che mira a organizzare la convivenza di una comunità nazionale e, come tale, suscettibile di cambiamenti e innovazioni per stare al passo coi tempi.

Manifestanti antiberlusconiani brandiscono la costituzione italiana in piazza 

Non siamo costituzionalisti, dunque lasciamo le proposte di migliorie a chi se ne intende davvero. Una cosa però la diciamo con forza: è o non è da rinnovare una carta incapace di stare al passo di un sistema politico come il nostro oramai sospeso, avvitato, dove da due anni abbiamo un governo prima tecnico, poi tecnico-politico sotto l’ala attenta e decisiva di un presidente della Repubblica (parlamentare) costretto a muoversi nella prassi da capo di una repubblica presidenziale?

Quando la politica è sull’orlo del default, incapace di darsi comportamenti nuovi, o si hanno regole adeguate ai tempi per auto-correggersi e ripartire oppure l’alternativa è muoversi in perenne stato di emergenza, piegando le regole alla dura realtà dei fatti, sperimentando di volta in volta nuove costituzioni materiali dipendenti, queste sì, dalle sorti e dalla discrezione di singoli uomini. Domanda: quanto può vivere una Repubblica in deroga? Non è forse il caso di togliere dalla nostra Carta quel velo di ideologica ipocrisia che la avvolge e provare tutti insieme ad aggiornarla?

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