Di questa grande operazione commerciale, e così va chiamata ché figlia del suo tempo – mi riferisco al presunto “dialogo tra sordi” tra papa Francesco ed Eugenio Scalfari – rimarrà ben poco. Quanto meno rimarrà il segno chiaro di un cammino impossibile. Chi cerca argomenti li trova proprio nel libro edito da Einaudi e la Repubblica “Dialogo tra credenti e non credenti”, dove risulta chiarificatore il contributo di Guido Ceronetti, uomo e poeta sempre lucido e difficilmente “accecabile” da falsi lumi.
«Manca il dramma, nel dialogo Papa-Scalfari»: questo è il punto critico per Ceronetti. Ce ne siamo accorti: il tratto di cammino che i due possono fare è solo virtuale. Non andranno lontano, e mai comunque insieme sulla tomba di Pietro o su quella di Voltaire. Confidano infatti entrambi nel proprio sistema dogmatico. Troppo saldo per essere messo in discussione.
Il secondo affondo del poeta è poi decisivo: «Diffido delle proclamazioni di amore universale; siamo sette miliardi di àntropi su questa nave di pazzi, e amarli, tutti in blocco, è non amare nessuno…se do amore disperato alle donne che ricevono acido muriatico in faccia, darei tutt’altro a chi le assassina a quel modo: e il Papa se la sentirebbe? Il suo amore cristiano comprende anche i massacratori di cristiani che nel mondo sono un bel numero?». Più chiaro di così…
E il caso Priebke lo dimostra: il dialogo, quando appare possibile, sacrifica sempre qualche vittima. Trovate pure tutte le ragioni che volete (quelle del diritto canonico o quelle della storia), sta di fatto che il “grave motivo” che farebbe scandalizzare la Roma profondamente antifascista ha avuto la meglio sull’«imitatio Christi». Lo tengano bene presente le novelle trombe del dialogo.