Forza Italia lascia le larghe intese e passa all’opposizione. Se ne parlava da qualche giorno, poco fa i capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani hanno formalizzato la svolta. Stasera la rottura si consumerà durante il voto di fiducia sul maxiemendamento alla legge di Stabilità. La prima conseguenza è evidente: il governo Letta entra suo malgrado in una nuova fase politica. La legislatura cambia volto, le larghe intese si restringono. Eppure a Palazzo Chigi si ostenta ottimismo. Da domani la maggioranza che sostiene l’esecutivo sarà ridotta nei numeri ma politicamente più coesa, assicurano.
Intanto cambiano i rapporti di forza. Si rompono i fragili equilibri che fino ad oggi hanno tenuto in vita il governo. Silvio Berlusconi si sfila dalla maggioranza a poche ore dal suo probabile allontanamento dal Senato. E il particolare non è affatto irrilevante: domani Palazzo Madama voterà la decadenza del leader dell’opposizione, con tutte le valenze simboliche che ne conseguono. È evidente che il Cavaliere punta tutto su un rapido ritorno alle urne. L’ex premier prepara un’offensiva mediatica – tra poche ore tornerà ospite di Porta a Porta – e organizza le prime manifestazioni di piazza. Certo, adesso perderà la golden-share sul governo e gli sarà impossibile condizionare le scelte dell’esecutivo. Ma se l’Italia tornerà presto al voto, potrà incrementare il vantaggio che i suoi sondaggi già attribuiscono al centrodestra.
Cambiano i punti di riferimento di Enrico Letta. Le minacce del Cavaliere lasciano posto alle più timide richieste di Angelino Alfano. Qualche giorno fa il vicepremier ha dettato le sue condizioni all’esecutivo. Un patto di cinque punti da portare a termine entro dodici mesi. Dentro ci sono la riforma elettorale, il taglio della spesa pubblica, il superamento del bicameralismo perfetto. Rispetto a pochi mesi fa il potere contrattuale di Alfano è visibilmente ridotto. Lo dimostrano i numeri del Nuovo Centrodestra. Eppure non sfugge a nessuno – specie tra i collaboratori del premier – che i trenta senatori fedeli all’ex segretario Pdl restano decisivi per conservare la maggioranza a Palazzo Madama.
Alfano da una parte, Matteo Renzi dall’altra. Il sindaco di Firenze rischia di essere il vero protagonista della nuova fase di governo. Specie se l’8 dicembre vincerà le primarie del Pd, come sembra ormai certo. Il nuovo segretario democrat sarà uno stimolo all’azione dell’esecutivo o una continua minaccia alle larghe intese? In molti puntano sulla seconda ipotesi. «La pazienza è finita» ha fatto sapere ieri il sindaco rottamatore. La stabilità del governo non è più una condizione sufficiente per garantirne la prosecuzione, continua a ripetere. Un punto di vista sempre più condiviso, dentro e fuori il Parlamento. L’impressione è che per Enrico Letta il nuovo corso non sarà necessariamente più semplice di quello appena concluso. Adesso il presidente del Consiglio ha il compito di sminare il campo. Dovrà essere lui a dettare una nuova agenda di governo: un calendario di impegni così convincente da rimanere a Palazzo Chigi fino al 2015.