Resistere ancora due mesi. L’obiettivo del premier Enrico Letta è chiaro. Se il governo supererà indenne altre otto settimane di lavoro, forse potrà dirsi al riparo dai marosi della politica. Certo, gli ostacoli sui cui l’esecutivo potrebbe inciampare da qui alla fine dell’anno non sono pochi. A Palazzo Chigi li conoscono tutti. Prima di considerarsi al sicuro bisogna approvare la legge di Stabilità e archiviare la decadenza del Cavaliere. Passare indenni il congresso del Pd e risolvere il nodo della cancellazione Imu. Dopo Capodanno, la strada del governo potrebbe finalmente essere in discesa. Anche per una fortunata coincidenza di date. Chiusa la finestra elettorale di marzo, a giugno si terranno le elezioni europee. Da luglio, grazie al semestre di presidenza italiano della Ue, il voto anticipato dovrebbe essere scongiurato fino al 2015.
Calendario alla mano, a Palazzo Chigi si studia il percorso. Alcune mine sono state già disinnescate. È il caso della sfiducia al ministro Anna Maria Cancellieri. Tirata in ballo per il suo interessamento alla scarcerazione di Giulia Ligresti, ieri la Guardasigilli si è giustificata in Parlamento ottenendo la fiducia della maggioranza. Altri nodi non sono ancora stati sciolti. Qualche problema potrebbe crearlo – senza mettere a rischio l’esperienza di governo – il decreto di rifinanziamento delle missioni all’Estero. In esame alla Camera, sul provvedimento oggi si leva la minaccia dell’ostruzionismo grillino. Senza alcun contingentamento dei tempi, i Cinque Stelle sono certi di poter fermare i lavori di Montecitorio per almeno una ventina di giorni. Una protesta per chiedere il ritiro delle truppe italiane impiegate in Afghanistan.
A Palazzo Madama il clima è decisamente più teso.Il periodo più caldo per il governo Letta sarà condensato in una settimana, dal 22 al 27 novembre. Entro la prima data, il Senato dovrà approvare la legge di Stabilità. E le polemiche di questi giorni, specie all’interno del Popolo delle libertà, lasciano presagire che il percorso di avvicinamento al voto sarà lungo e complesso. Con il rischio di una vera e propria battaglia parlamentare all’interno della maggioranza. Per l’esecutivo è ancora più preoccupante la seconda scadenza. Il 27 novembre – salvo imprevisti – l’aula di Palazzo Madama dovrà votare la decadenza del senatore Silvio Berlusconi. Nel governo sono tutti consapevoli che l’ostacolo principale per le larghe intese è proprio questo. Difficilmente il Cavaliere accetterà di lasciare il Parlamento senza sfilarsi dalla maggioranza. E in caso di un suo allontanamento, l’incubo delle dimissioni in massa dei gruppi pidiellini resta ancora uno degli scenari possibili.
Ma a tenere in ansia l’esecutivo ci sono anche diversi provvedimenti economici. Piccolo ma insidioso è lo scoglio della manovrina da 1,5 miliardi di euro ancora in discussione nella commissione Bilancio della Camera. Oggi è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti, a giudicare dai presenti le opposizioni sembrano decise a dare battaglia. Più preoccupanti i tre collegati alla legge di Stabilità che dovrebbero essere presentati venerdì in Consiglio dei ministri. Tre disegni di legge su lavoro, ambiente e giustizia di cui nessuno conosce ancora i dettagli. In mattinata il capogruppo del Pdl Renato Brunetta non ha risparmiato una nota critica: «Rifacendoci agli accordi di governo e ai recentissimi impegni che il premier ha preso con i gruppi parlamentari del Pdl di Camera e Senato, chiediamo rispettosamente, ma con grande determinazione, a Enrico Letta di condividere anche con noi, prima del Consiglio dei ministri, i contenuti dei provvedimenti in gestazione presso i vari ministeri».
E poi c’è il nodo Imu. Il fronte di scontro del momento. Il 16 dicembre scade la seconda rata della tassa sulla prima casa. Al massimo entro il 30 novembre il governo dovrà intervenire per confermare la cancellazione del balzello. Eppure solo ieri il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha ammesso la presenza di qualche difficoltà. Oggi il vicepremier Angelino Alfano lo ha pubblicamente smentito, assicurando che «la seconda rata dell’Imu non si pagherà». Intanto, come mormorano diversi parlamentari, il governo è ancora alla disperata ricerca delle coperture.
Ma non ci sono solo i calendari parlamentari. A dicembre arriveranno altri pericoli per Palazzo Chigi, stavolta direttamente dai partiti che sostengono l’esecutivo. L’8 dicembre è in programma il congresso del Pd. Nonostante le rassicurazioni del diretto interessato, sono in molti a credere che una vittoria di Matteo Renzi potrà mettere in difficoltà la stabilità del governo. Ipotesi tutte da confermare, certo. «Ma siamo proprio sicuri che il sindaco di Firenze accetterà di farsi logorare in attesa delle prossime elezioni?» si chiede qualcuno in Transatlantico. Da sinistra a destra, le preoccupazioni non cambiano. Il 16 novembre sarà celebrato il Consiglio nazionale del Popolo della libertà. Il futuro dell’esecutivo dipende anche dall’esito di questa assemblea. Il partito del Cavaliere potrebbe implodere o serrare le fila. La pattuglia dei governativi – fedeli all’esperienza delle larghe intese – avrà il coraggio di prendere le distanze da chi è pronto a far cadere l’esecutivo?