Viaggio dentro il Pd Factor

Analisi del confronto su Sky

Secondo l’organizzazione mondiale della sanità passare il venerdì sera a guardare un dibattito su delle primarie del Pd è uno dei tre più gravi sintomi di anonimia assieme a imprecare contro i piccioni dandogli nomi di statisti conservatori e costruire piccole fabbriche di Nichi con i pezzi di patatine. Fortunatamente sul tetto qui di fronte Adenauer ha smesso da qualche giorno di tubare e quanto segue può quindi essere classificata come “rigorosa analisi politica”.

Non sono pazzo

Non sono Pazzo

Non sono pa

Dunque: lo show inizia con l’ingresso dei tre candidati su musica trionfale e uno sfondo di luci gialle che ricorda da vicino i video fine anni Novanta di Puff Daddy e Notorius B.i.g., purtroppo però Cuperlo non stappa bottiglie di Crystal su Renzi, né Civati schiaffeggia il culo di ballerine portoricane.

In questo modo ricordano subito a tutti quanto sia noioso assistere a una competizione in cui due dei tre contendenti non hanno alcuna possibilità di vincere se per “elettori” si intendono gli italiani e non “D’Alema” o “matricola di scienze politiche che non ha ancora giaciuto con un rasta di Cosenza”.

La presentazione dei candidati è il momento in cui gli autori provano a dimostrare di essersi guadagnati la pagnotta dipingendo Cuperlo come una specie di Bridget Jones dell’apparato a cui piacciono “libri, film e cioccolata”. Inoltre ritengono necessario che i leader europei sappiano che “la politica lo appassiona ma se gli chiedete di stirare una camicia vi stupirà”.

Di Renzi invece fanno sapere che “ha fatto il miglior discorso dopo una sconfitta e ora vuole provare a fare quello della vittoria”. Lui reagisce sfoderando delle facce liberamente ispirate a Fantozzi ragionier Ugo.  

(come è umano lei)

Civati viene descritto come “quello di sinistra” e il pubblico esplode, come farà pressoché ogni volta che prenderà la parola.

Come tutti gli organi d’informazione ci hanno tenuto a sottolineare, sono state introdotte delle eccitanti novità nel format di Pd-factor per rendere il processo democratico sempre più simile ad una distopia dove il mondo è governato da pupazzi che sparano banalità che potete avallare comodamente con il vostro telefonino.

Fra queste, in un impagabile frontale semantico fra l’immaginario di La sai l’ultima e quello dei nerd del 2013, c’è “l’applausometro per telefoni e ipad”.  

(il clap-o-meter o uno di quei momenti in cui i Simpson si sovrappongono fedelmente alla realtà)

La cosa divertente del Clap-o-meter è che durante le pause, il meteo e la musichetta yeah–ariaaaaaaa (o almeno per me dice così) ricevono un certo consenso politico dagli italiani.

(l’applausometro durante il meteo, il freddo al centro nord è dato in vantaggio su Civati dello 1,5%)

O forse un’altra spiegazione è che qualcuno nei comitati elettorali era troppo preso dalla trance agonistica da tocchicciamento compulsivo di Ipad. Trovo molto divertente pensare al lavoro che sarà stato fatto dai volontari dei candidati, costretti a cliccare il pulsantone giusto a favore del proprio candidato e poi contro gli altri, in una delle tante parodie digitali del lavoro che ci ha regalato l’era d’internet.

Altra novità è quella del fa-ce-ghin come lo chiama Gianluca Semprini, il giornalista pelato che presenta lo scontro. In pratica ci sono dei ricercatori di economia dell’università di Tor Vergata che scartabellano al volo gli archivi per vedere se qualcuno ha sparato dati a cazzo di cane.

Interessante notare come il campo della creazione della verità sia pacificamente appaltato a degli economisti, alimentando così il grande mito contemporaneo che tutto ciò che conta sia misurabile scientificamente.

Ti sto dicendo che provo un profondo, istintivo e totalizzante senso di empatia per l’umanità.

Citami uno studio che me lo dimostri!

Nel dopo-dibattito la presentatrice definirà questa metodologia gnoseologica come V-Factor, probabilmente riferendosi a Verità e Metodo di Gadamer.

Altra particolarità del format è il tempo irritantemente breve per ogni risposta. Il vincitore di questo scontro avrà buone probabilità di governare il Paese ma non può spiegare per più di 90 secondi come intende farlo. 

Più in generale se ne ricava che se la democrazia è stata piegata negli ultimi trent’anni alle esigenze del mercato, non sembra se la cavi molto meglio con quelle della televisione.

(dal sito di Vanity Fair)

Il risultato è particolarmente surreale quando Cuperlo chiede a Renzi di promettere di non cambiare l’assetto costituzionale del Paese portandolo verso il presidenzialismo (notoriamente un’ottima soluzione per Paesi senza ombra di corruzione né di criminalità organizzata come il nostro) e il sindaco di Firenze non vuole rispondere per non giocarsi il suo ultimo bonus-risposta.

Giornalista: “La parola a Renzi per la risposta che a questo punto però si gioca l’ultimo bonus”

“Eh no, io il mio ultimo bonus non me lo gioco adesso eh eh eh‘’

imbarazzo generalizzato

“Allora glielo regalo”

“Ok”

“anche agli altri però”

“Eh allora però..”

Poi proprio quando ti aspetti che il giornalista risolva la situazione e ci faccia scoprire il futuro assetto della Repubblica Italiana tirando fuori un Chupa Chups coca-cola e limone, Renzi risponde.

In generale tutto il format consacra la superficialità a metodo politico, senza considerare il messaggio implicito di sostegno al brand X-Factor compiuto da Sky quando propone nuovamente (e nuovamente ottiene) di utilizzare lo stesso studio del talent show più famoso, sono fattori che la dicono lunga su chi sia qui quello che detta le linee di egemonia culturale. Di sicuro non il tizio che quando stira le camicie vi stupisce.

Il condizionamento non si limita al medium che comunque, come diceva sempre Lele Mora, è il messaggio, ma entra nello specifico attraverso i presupposti delle domande.

Ad esempio una delle prime è: “Bisogna vendere qualche bene di famiglia, su questo credo che siamo tutti d’accordo”. Sarebbe potuto essere più esplicito di così solo se il giornalista avesse anche tossito mormorando “Rai” e “Murdoch” fra un singulto e l’altro. Fortunatamente in modi un po’ diversi, tutti e tre i candidati pongono quanto meno dei distinguo rispetto al “vendiamo tutto” che poi è il vero scopo manco tanto occulto del governo Letta.

Infine c’è il pubblico in sala che è prima di ogni cosa fatto di militanti genuinamente Pd, quindi sensibile a tutti quegli argomenti e quei toni accorati che potreste spendere con successo a una riunione di un gruppo di sostegno.

Gli applausi sono perciò assicurati ogni volta che qualcuno dice che il “Pd è un grande partito” e che le cose “si fanno tutti assieme” o vengono utilizzate altre figure retoriche che implicano la grande visione di un Paese che scrive libri collettivi sul femminicidio e mette filtri-per-purificare-l’acqua ai rubinetti e poi si avvia in massa alle urne per permettere un governo monocolore Pd, un esecutivo che finalmente dedichi a Walter Veltroni la rassegna di cinema estivo che si merita. È un gigantesco twelve step program in diretta tv e ad ogni espressione di fair play o di grandeur puramente teorica, puoi immaginare le claque avverse che si abbracciano e si dicono “abbiamo una vocazione maggioritaria” trattenendo lacrime e risate isteriche.

Vediamo ora le strategie comunicative dei candidati   

Renzi

Renzi, il vincitore designato della competizione, era quello che doveva fare a pezzi i suoi contendenti e accendersi una sigaretta arrogante davanti ai loro cadaveri telefonando alla ragazza per vantarsene. Non è andata proprio così. Il rottamatore non c’è più, e non c’è manco la versione moderata ma ancora comunicativamente efficace che si era opposta a Bersani. Quella che gli astuti elettori del Pd sopra i 50 anni non avevano saputo apprezzare suicidando il partito alle scorse elezioni.

(Bersaniani. Per non dimenticare)

Il suo problema viene da una corsa troppo lunga e dall’ essere il vincitore designato, cosa non aiuta la felice ricezione della sua esondante sicumera da parte dell’elettorato.

Tutti i suoi discorsi iniziano con faccino corrucciato tipo questo

E si concludono con soluzione Sapientino ™

(indovina chi è che sa come si restituisce la speranza a tuo figlio? Esatto.)

Atteggiamento che era decisamente più tollerabile quando era il giovinastro armato di motosega e maschera da portiere di hockey che si lanciava all’assalto dell’establishment. Non sembra nemmeno essere servito riposizionarsi un po’ a sinistra anche perché va detto che a parte vaghe dichiarazioni d’intenti e l’onnipresente Pignone venduto allo straniero, la concretezza del suo programma latita parecchio. Non si scopre, e nel momento in cui gli altri dispositivi per l’aggregazione del consenso (cfr. faccia da culo) sembrano in affanno, questa cosa salta subito all’occhio.

Qui di seguito lo schema comunicativo del dibattito di Renzi

Da notare l’uso di parole in inglese che si potrebbero benissimo dire in italiano come job act e far east, qualche metafora calcistica alla quale io spengo per riflesso condizionato il cervello e incomincio a canticchiare Maracaibo, e soprattutto la sorprendente strategia di sparare nomi di giovani totalmente a caso per fare degli esempi.

Anni fa avevo una ragazza che ogni tanto inseriva nomi ignoti nelle conversazioni, cose tipo

Lei “Ah sai Sara ha detto che viene anche lei”

Io “Chi cazzo è Sara?”

Era una pratica che ritenevo piacevole come indossare del pile durante un torneo di beach volley in spiaggia a ferragosto ma a quanto pare Renzi la trova molto efficace, tanto da decidere di usarla più di una volta durante il dibattito, deve essere un modo giovane di dire “giovani”. Come se avere di fianco Cuperlo non rendesse ogni tua frase, fosse anche trovo la gerontocrazia la più perfetta delle forme di governo, fresca e soda come una liceale bisognosa di ricariche per il cellulare.

Lo spaesamento peggiore però Renzi lo vive quando si accorge che Civati è più divertente di lui, il panico puro poi lo assale quando persino Cuperlo fa una vecchia battuta di quelle che piacciono a lui, rischiando così di piegare l’universo.  

(Cuperlo: L’operazione è perfettamente riuscita, ma il paziente è morto. Renzi: io l’avevo scritta con una falena al posto della mosca)

Renzi mette comunque a segno due colpi retorici quando parla di un miliardo di euro di tagli alla politica e poi quando rovescia l’argomento kennediano “non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te ma cosa puoi fare tu per il tuo Paese” per opporsi alla patrimoniale. È particolarmente abile perché nasconde così il fatto che se la piccola media impresa è al collasso e non può sopportare prelievi aggiuntivi, esistono altri soggetti che con la crisi hanno fatto fortuna e che sono poi quelli che sarebbero interessati da un provvedimento come una patrimoniale a patto di porre l’asticella abbastanza in alto, soldi che aiuterebbero a rimettere in moto l’economia. Questo punto rimane nascosto sotto l’estetica di uno Stato che si propone finalmente di prendersi le sue responsabilità, un colpo da Renzi al meglio della sua efficacia comunicativa.

Civati

Bastonato alle primarie degli iscritti Civati si reinventa candidato Lol, forte di una barba che lo rende meno anonimo, cita Bonvi con la “mozione Civaten”, sfoggia una battuta ogni dieci secondi, alcune dette anche in uno pseudo Deadpan, tecnica quest’ultima che non viene ricevuta molto anche perché la qualità media delle invenzioni e i suoi tempi comici non sono eccelsi. Ma ora basta parlare di politica.  

(La mappa di Civati)

Dà una sonora mazzuolata a Renzi sulla questione delle coppie gay, quando il sindaco si rifugia in un “io non ho certezze” (come si sa i cattolici non ne hanno alcuna) e in un po’ più convincente “inutile parlare sempre di queste cose e poi non farle mai”, ma lui lo stronca facile con un “io ho una certezza: la laicità dello Stato” che prende un boato e qualche colpo di pistola in aria.

“Dobbiamo sbattere più i pugni sul tavolo con la Germania?”, gli chiede il giornalista. E lui risponde con un “Eh si eh” che ti fa venire voglia di mettergli un plaid sulle spalle, dargli un the caldo e promettergli che d’ora in avanti andrà tutto bene, gli troverai una casa famiglia.

I temi femminili sono roba sua e mette su un faccino da combattente per la giusta causa sensibile alle tue esigenze tale che non posso fare a meno di commentare con l’amico con cui sto seguendo il dibattito

“Questo scoperà di brutto”

“assolutamente”

Peccato per lui che con diritti civili di gay e donne in questo Paese del terzo mondo non si vincano le elezioni. Oltretutto c’è un impercettibile problema nel mondo del lavoro che sembra essere una priorità per la maggior parte degli italiani.

Benaltrista!

Scusami, non ti capisco, parlo solo italiano

Civati infiamma ancora gli animi di una fascia di elettorato tipicamente Pd quando dice di mettere scuola e ricerca fuori del conto del debito (e finanziarli con Bitcoin immagino) e in generale si candida a un futuro di una rilevanza maggiore di quella che ha ora fra gli iscritti. Nonostante questo giro vinca abbastanza chiaramente il dibattito, la stoffa del leader ancora non c’è, per il futuro si vedrà.  

Cuperlo
Cuperlo è così noioso che non ho nemmeno voglia di fare un’analisi di quello che ha detto. E non per superficialità, ma perché essere il candidato di D’Alema, uno dei più fallimentari uomini politici che la storia d’Europa ricordi nel dopoguerra, benché ovviamente lui e sui baffi siano convinti del contrario, squalifica immediatamente qualsiasi presa di posizione. Cuperlo fa appello a sistemi di valori, visioni del mondo ma è un’esponente di quella parte del Pd che questi valori li ha sempre e solo usati per tenere buoni gli iscritti nelle sezioni, per celebrare la messa laica di quel che rimaneva del grande rito secolare del Pci mentre gli alti dirigenti facevano tutt’altro. Cuperlo francamente non mi interessa, è il passato e spero lo diventi sempre di più.

Ora cari amici, tocca a voi, votate da casa: “Chi dei nostri tre candidati ha l’x- factor? Solo uno di loro potrà governare il Paese e registrare un singolo con Moreno”.