Ecco perché anche alle banche serviranno i social

Social banker

Bisogna ammetterlo, accostare le parole banche e social network potrebbe far suscitare qualche scetticismo. Se infatti l’universo delle reti sociali ha scatenato un attivismo costante da parte di aziende e singoli utenti, questo trend sembra non essere confermato per quanto riguarda gli istituti di credito. Da parte di quest’ultimi infatti prevale ancora un considerevole alone di diffidenza nei confronti di strumenti considerati, dagli addetti ai lavori, poco propensi all’ambito economico-finanziario.

Tuttavia sembra che su questo fronte un’inversione di tendenza sia già in atto. A dirlo è il rapporto di Kpmg dal titolo “The Social Banker 2.0. Social media lessons from banking insider” dove sono stati raccolti tutta una serie di articoli, in cui i cosiddetti insider di diverse banche mondiali si schierano a favore dell’utilizzo dei social network, anche all’interno di un circuito comunicazionale afferente agli istituti bancari. Quell’attività che per molto tempo è stata considerata alla stregua di una perdita di tempo, oggi viene considerata una leva su cui realizzare dei vantaggi competitivi. In questo senso quindi il problema delle banche non è più quello di decidere se investire o meno sui social network, quanto piuttosto come utilizzare questa dimensione per migliorare l’esperienza del consumatore.
Il punto di partenza, da cui prende il via quello che può essere considerato un cambiamento in prima istanza culturale oltre che sostanziale, è sintetizzato, secondo quanto si legge nel rapporto di Kpmg, in quattro punti fondamentali.

1.Costruire un rapporto di fiducia e “engaggiare” gli stakeholders
È attraverso i social media che le banche stanno cercando di recuperare il loro rapporto con i clienti, e diminuire quello che è stato definito “trust decifit” (letteralmente crollo della fiducia). Ecco che i social network si trasformano nello strumento per migliorare i servizi con il cliente da un lato, e anche per intercettare e rispondere alle loro istanze. Oppure ancora, secondo un approccio decisamente più creativo, attuare una strategia di “gamification” per attirarli con lo scopo di migliorare le loro competenze finanziarie.

2. Catalizzare la trasformazione e assecondare il cambio culturale
Molti istituti di credito stanno cominciando ad analizzare le condizioni secondo cui l’utilizzo dei social può favorire il cambiamento culturale e comportamentale dall’interno. Vale a dire realizzare le condizioni per elaborare una strategia che permetta di trasformare il business, in modo tale che esso risulti più cliente-centrico, grazie ad una organizzazione innovativa. Su queste basi l’area tematica che ha catturato particolare attenzione è quella del crowdsourcing (vale a dire l’azione tramite cui un’azienda, grazie agli strumenti social, struttura una moltitudine – da cui la parola “crowd”- collaborativa di impiegati che possono essere coinvolti in qualsiasi momento per risolvere determinati problemi, valutare idee, o entrare a far parte di una community).

3. Sperimentare nuovi approcci e creare opportunità
Anche se l’utilizzo così rapido dei social media da parte delle banche non ha ancora creato un nuovo canale, ha sicuramente prodotto un modello di business avanzato, e forse nuove opportunità di guadagni. Alcune tra le banche di pi ù recente fondazione, ad esempio, stanno cercando di far venire a galla nuovi trend per verificare la possibilità di offrire vantaggi competitivi, nonché per avere accesso ai mercati emergenti. A tal proposito la crescita esponenziale del crowdfunding può creare inedite opportunità e sfide per chi gestisce il credito, in particolar modo per coloro i quali operano sui mercati emergenti.

4. Imparare dagli altri
Va sottolineato senza timore, che gli istituti finanziari hanno molto da imparare, in termini di utilizzo delle piattaforme sociali, dai loro competitor non tradizionali. In qualche caso può essere utile e strategico, analizzare le campagne social di categorie come i venditori al dettaglio, i ristoranti o le etichette discografiche. Tutto ciò per intercettare nuovi approcci e idee innovative che possono essere adattate allo stile comunicazionale di una banca.

Date queste premesse c’è da aspettarsi che il legame tra istituti di credito e social media, tenderà a rafforzarsi sempre di più. Anche se, secondo quanto riportano alcune indagini statistiche, questo connubio in Italia sta attraversando una fase di crescita piuttosto lenta. Secondo i risultati di una ricerca pubblicata a metà del 2013 da Social Minds infatti, su quarantacinque banche prese in considerazione, poco più della metà (il 55%) ha attivato una piattaforma di social media. Il grande ostacolo che ci si trova davanti è quello di un’arretratezza culturale del nostro Paese in materia di operazioni bancarie online. Lato consumatore le statistiche parlano infatti di un utilizzo del servizio di e-banking, da parte degli italiani pari al 21%, contro una media europea del 40%. Stesso di scorso vale sul versante degli istituti: molti di loro infatti non hanno neanche un budget dedicato all’attività dei social media. Urge un cambio di rotta.  

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