Sanzioni a Mosca, ecco perché l’Europa non esiste

Tra diplomazia ed economia

Il 28 aprile 2014 gli Stati Uniti hanno varato “nuove sanzioni mirate” nei confronti di sette funzionari governativi russi e 17 aziende vicine al presidente russo Vladimir Putin. Una delle persone prese di mira è Igor Sechin,amministratore delegato della compangia petrolifera Rosneft, società che ha da poco acquisito una quota rilevante in Pirelli, di circa il 13 per cento. Figurano poi il vice primo ministro russo Dmitry Kozak, il primo vice del capo di gabinetto presidenziale Vyacheslav Volodin e Oleg Belavantsev, inviato della presidenza russa in Crimea. I beni di questi individui che rientrano nella giurisdizione Usa sono congelati. Sono vietate transazioni che coinvolgono queste persone da parte di cittadini americani o all’interno degli Stati Uniti. Imposte inoltre restrizioni ad alcune esportazioni di prodotti americani verso la Federazione russa. La Casa Bianca ha motivato la mossa con la necessità di reagire agli “atti provocatori” in Ucraina. 

Riproponiamo la nostra analisi sulle sanzioni di Usa e Ue contro la Russia dopo la crisi in Ucraina

Stati Uniti ed Europa hanno deciso di intraprendere due strade diverse per rispondere alla crisi di Ucraina e Crimea. Le sanzioni di Washington e Bruxelles sono equamente divise tra restrizioni alla libera circolazione, misure economiche e congelamento degli asset in possesso dei colpiti. Limpressione è però che gli Usa abbiano spinto di più sullacceleratore, mostrando un pragmatismo politico ben più elevato di quello europeo. Non è un caso che la reazione di Mosca sia arrivata sull’onda delle sanzioni statunitensi, non su quelle dell’Ue. «È un ricatto politico inaudito», ha tuonato il capo del Consiglio federale, Valentina Matviyenko. Nessuna risposta, invece, sul fronte europeo.

Undici persone: Vladislav Surkov, Sergey Glazyev, Leonid Slutsky, Andrei Klishas, Valentina Matviyenko, Dmitry Rogozin, Yelena Mizulina, Sergey Aksyonov, Vladimir Konstantinov e Viktor Medvedchuk. È questo il target degli Stati Uniti. Scontato il nome di Viktor Yanukovych, ex presidente dellUcraina, ricercato anche dallInterpol. Significativa, invece, la presenza di altri politici ed oligarchi. Sulla carta sono pochi, ma sono cruciali. Analizzando la lista, emerge un chiaro intento a colpire chi, negli ultimi anni, ha supportato da un punto di vista normativo e legislativo gli oligarchi russi e ucraini. Ecco quindi i nomi di Vladislav Surkov, consigliere personale del presidente Vladimir Putin e suo principale braccio commerciale, vicino a qualunque dossier economico. Complice la sua esperienza nel mondo dei media, è stato nei team di pubbliche relazioni di Bank Menatep, Rosprom e Alfa-Bank, è ben introdotto nelle relazioni istituzionali del Cremlino. Inoltre, Surkov è il creatore della controversa teoria della “democrazia sovrana”, che prevede lindipendenza politica, economica e monetaria come fulcro di ogni decisione governativa. Fra i sanzionati troviamo anche leconomista – nonché consigliere di Putin – Sergey Glazyev. Altro teorico del nazionalismo di stampo economico, Glazyev è da sempre vicino a Gazprom e, come riporta Russia Today, è stato uno dei principali negoziatori governativi sugli affari del colosso del gas. Sono Surkov e Glazyev le due più importanti persone toccate dalle sanzioni americane, i due frontman commerciali. Ma anche gli altri non sono da meno. In particolare Leonid Slutsky, membro della Duma, il parlamento russo, e con un passato da banchiere, proprio come Surkov. Poi cè Andrei Klishas, oligarca padrone di Interros, conglomerata con ramificazioni nel settore minerario, metallurgico, energetico e immobiliare. Una compagnia con partecipazioni in altre società per oltre 50 miliardi di dollari. Ma Klishas, che ha un patrimonio stimato in 23 miliardi di dollari secondo Forbes, è anche il numero uno del Federation Council Committee per la legge costituzionale, giustizia e gli affari legali. In sostanza, luomo da cui passano le principali decisioni e concessioni per lesplorazione mineraria, per esempio. Klishas, come ha riportato l’Economist intelligence unit, è uno dei più influenti politici russi e non è difficile immaginare il motivo. I suoi conflitti dinteresse sono così estesi che perfino Surkov, scherzando in un’intervista alla Pravda due anni fa, «a volte mi sembra che Klishas sia più potente, a livello commerciale, di Putin stesso». Parole profetiche.

Sul fronte delle sanzioni alle personalità ucraine, la più significativa è Viktor Medvedchuk. Nel 2008, prima della crisi Lehman Brothers, aveva un patrimonio di circa 460 milioni di dollari, come riporta la consueta classifica annuale di BusinessWeek. Tanto bastava per posizionarlo al 57esimo posto della classifica dei soggetti più ricchi dUcraina. Oligarca del settore televisivo, Medvedchuk è anche il fondatore di Scelta Ucraina, movimento pro-russo che ha contribuito a reprimere le proteste di Euromaidan. Cruciale anche la decisione di Washington di sanzionare anche Dmity Rogozin, già ambasciatore russo presso la Nato e vice primo ministro del governo russo. Rogozin è una figura decisiva data la sua delega alla Difesa, che gli permette di avere sulla propria scrivania tutti i dossier commerciali legati allindustria della difesa. Un mercato, come stima Morgan Stanley, che vale circa 17 miliardi di dollari lanno solo alla voce vendite. Rogozin è anche chi ha negoziato, proprio lanno scorso, con gli USA per gli acquisti di elicotteri Mi-17 per un controvalore di un miliardo di dollari.

Se ciò che Washington ha fatto è solo un primo step, ed è stato specificato al meglio dalla Casa bianca, la risposta di Bruxelles, di contro, è stata molto più blanda. Le persone sono diverse da quelle sanzionate dagli USA: più esponenti militari, meno diplomatici, più alcuni politici presenti in entrambe le liste. Il messaggio inviato dall’Ue è assai più frammentato di quello americano. Diverso il target, significativamente inferiore il valore politico dellazione di Bruxelles. Non è un caso, come si faceva notare prima, che lintera rabbia russa è indirizzata verso Washington.

L’Europa ha timore di ritorsioni economiche. Lo ha detto, in modo implicito, il ministro italiano degli Esteri, Federica Mogherini: «La durata delle sanzioni europee è di sei mesi e non ci sono membri del governo, né giornalisti, né rappresentanti di società e aziende». Praticamente inutile. «La nostra priorità ed il nostro obiettivo è evitare che la Russia cada nelle proprie tentazioni di isolamento internazionale», ha continuato la Mogherini. Parole che sono state il leit motiv anche delle conferenze stampa dei colleghi del capo della Farnesina. E concetti analoghi sono stati anche quelli usati dallAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea, Catherine Ashton. «Stiamo mandando il più forte segnale possibile alla Russia», ha spiegato la Ashton, rimarcando che «l’Ue ritiene in modo genuino che ci sia bisogno di un dialogo». Frasi che lasciano intendere quanto siano cruciali le relazioni commerciali tra Ue e Russia. 

«Si tratta di un risultato poco soddisfacente di mediazione». Commenta così a Linkiesta una fonte diplomatica francese dietro anonimato. Il concetto di fondo è che nazioni con forti interessi commerciali con Mosca, tra cui Italia e Germania, hanno cercato (e ottenuto) una serie di misure più soft rispetto a quelle statunitensi. «Ci sono intrecci economici che non possono e non devono essere toccati. Si deve anche guardare al lungo periodo, in sostanza», continua il diplomatico. Un lavoro di affinamento e di compromesso per non toccare relazioni per un controvalore superiore a 400 miliardi di euro, come riporta lultimo rapporto dell’Ue sul tema. La Russia era e rimane il primo partner commerciale dell’Ue e – spiega il diplomatico – «è impossibile non tenere conto di questo». Tuttavia, conclude, «per evitare unespansione della Russia anche al resto dell’Ucraina, che non è unopzione remota, le sanzioni potevano e dovevano essere più incisive». Il rischio, ora come ora, è che linadeguatezza della diplomazia comunitaria possa rafforzare Mosca, finendo per non incidere sulla de-esclation che servirebbe. Proprio lopposto di ciò che Bruxelles si era prefissata di fare allinizio della crisi in Ucraina. 

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