Al Baoshop con Zerocalcare

Al Baoshop con Zerocalcare

Lunedì, a poche centinaia di metri dalla redazione de Linkiesta, più precisamente all’angolo tra via Solferino e Via Casterlfidardo, è successo che da un giorno all’altro, dove prima c’era una vetrina vuota, è apparso un negozio. Assomiglia a uno di quei temporary shop che da qualche anno vanno molto di moda e che spuntano come funghi soprattutto durante il Salone del Mobile o le settimane della moda, ma questa volta, almeno per quanto mi riguarda, la cosa è molto più interessante.

Questa volta però non si tratta né di bizzarre tazze di design, né di vestiti costosissimi: dentro il negozio ci sono dei fumetti, quelli di Bao Publishing, una delle case editrici di fumetti italiani più interessanti, che negli ultimi anni stanno lavorando molto bene, sia traducendo dall’estero grandi autori come Cyril Pedrosa, Glyn Dillon, Alfred, David B. e altri, sia producendo fumettisti italiani, da Zerocalcare ad Alessandro Baronciani, fino ai volumi della serie Orfani (in collaborazione con Bonelli).

Per l’occasione, nei locali del temporary shop — che resterà aperto fino al 15 giugno — sfileranno alcuni dei più importanti autori della casa editrice, da Zerocalcare a Glyn Dillon, ma anche altri ospiti pubblicati da altre case editrici, come Davide Toffolo (Rizzoli Lizard) e Tuono Pettinato (GRRRžetic e Rizzoli Lizard).

Particolarmente interessante per tutti coloro che i fumetti oltre a leggerli li fanno è il Portfolio Review, l’appuntamento del giovedì con gli editor della Bao che visioneranno i portfolio degli aspiranti fumettisti che passeranno dallo shop.

Oggi sarà il giorno di Zerocalcare, che incontrerà il pubblico a partire dalle 17, e noi abbiamo colto l’occasione per intervistarlo partendo proprio dal suo rapporto con i suoi lettori, numerosissimi e decisamente fedeli.

Ecco cosa è venuto fuori:

Hai la fama di essere una persona timida, come il tuo alter ego nei fumetti, come vivi i momenti in cui ti trovi davanti file chilometriche di fan?
In realtà in quelle occasioni comunque incontro le persone una per volta, una dopo l’altra, in un contesto anche abbastanza “meccanico”, loro mi chiedono un disegno, io lo faccio: questi sono tutti appigli che tamponano la mia timidezza. Preferisco passare ore a fare disegnetti piuttosto che parlare 3 minuti davanti ad una telecamera. Delle file chilometriche vivo male il fatto di esserne la causa. Abbiamo cercato di sviluppare un sistema di numeretti in molte occasioni per consentire alle persone di andare a farsi un giro, senza rimanere 5 ore consecutive là davanti, insomma di rendere la cosa più umana. Se ci sono riusciti alle Poste penso che ci posso riuscire pure io.

Ormai, dopo tanti incontri, avrai imparato un po’ a conoscerli. Che idea ti sei fatto di loro? Chi sono?
Sono persone molto eterogenee in realtà, e questa cosa mi rassicura molto. Non solo in termini anagrafici (dai 13 ai 60, ovviamente con una maggioranza di persone nate negli anni 80), ma anche come estrazione. A me questa cosa che in fila ci sta quello che sta facendo il dottorato al CERN insieme al teppista di Rebibbia, insieme al pischello dei centri sociali e allo psicologo e al ragazzino delle medie, mi fa sentire come se riuscissi a tenere un equilibrio tra le varie parti della mia vita, a non “tradire” niente. Che è la cosa più importante per riuscire ad addormentarmi la sera.

Negli ultimi due anni hai prodotto tantissimo, pubblicando 4 libri e innumerevoli altri progetti, non temi di esaurire le idee e di saturare il pubblico?
Di esaurire le idee no, perché io non è che sono uno con chissà quali idee geniali, io ho un linguaggio che è quello con cui racconto il mio quotidiano, e finché campo quello rimane rimane là ad offrirmi spunti. Di di saturare il pubblico invece si. Ma non tanto con le pubblicazioni, quanto con tutto quello che ci sta attorno: presentazioni, interviste, cose che per forza di cose ad un certo punto diventano ripetitive e stuferebbero chiunque. Io però prima di due anni fa non avevo nessuna esperienza di questo tipo di mondo, quindi sto procedendo a tentoni. Da alcuni sbagli ho imparato, ma ogni volta ne commetto uno nuovo. Adesso per esempio per lavorare al libro nuovo mi sono preso molto più tempo, ed ho anche messo in stand by il blog, ho ridotto all’osso le presentazioni e le partecipazioni alle fiere. Ora come ora mi sembra la scelta giusta, ma sicuramente tra un po’ mi accorgerò che avrei dovuto fare qualcosa diversamente e me ne pentirò e mi riprometterò di stare più attento la prossima volta…

Si parla spesso del fumetto come un mondo narrativo ghettizzato e marginalizzato, cosa ne pensi? Quanto possono influire eventi come questo sulla diffusione e sull’allargamento del pubblico del fumetto?
Se partiamo dal presupposto che la narrativa e la lettura in genere in Italia è un mondo ghettizzato, il fumetto è tipo una delle regioni più remote di quel mondo. I luoghi ed i tempi tradizionali del fumetto, ovvero le fiere, le fumetterie classiche, le convention, sono universi rassicuranti per chi appartiene a quella comunità (lettori di fumetti ed addetti ai lavori), ma non sono né attraenti né inclusivi per tutto il mondo esterno. Per me le iniziative come quella del Baoshop, ma anche tutti gli altri tentativi di portare il fumetto fuori dai suoi spazi abituali, sono il favore più grosso che si può fare a questo settore, e mi pare per fortuna che si vanno moltiplicando di anno in anno.

Fin qui hai costruito la tua identità di fumettista su un legame molto forte con l’adolescenza, in particolare quella di noi nati negli anni Ottanta. Hai intenzione di intraprendere altre strade nei tuoi prossimi lavori?
Non è che io abbia mai costruito a tavolino un’identità di fumettista, sono proprio io che sono una persona estremamente nostalgica, la mia cifra emotiva è quella e quando provo a scavare nelle mie emozioni il rapporto con l’adolescenza emerge quasi automaticamente. Nelle cose su cui sto lavorando ora però quello è solo uno dei tanti aspetti che provo a raccontare, anche se rimane una componente importante di quello che ho dentro e che ho voglia di buttare fuori.

A proposito, ho letto che lascerai un po’ stare il blog per qualche mese per concentrati su un nuovo lavoro, di che si tratta?
È la storia di un pezzo della mia famiglia, c’è la vita di mia nonna, di mia madre, ed il mio rapporto con tutta una serie di nodi irrisolti che ho iniziato a comprendere solo dopo la morte di mia nonna. Ci sono vicende molto rocambolesche, in parte vere ed in parte romanzate con elementi fantastici, un po’ perché mi andava di raccontarle in questo modo, un po’ perché ho promesso alla mia famiglia i piani della finzione e della verità si sarebbero confusi e che non avrei mai rivelato pubblicamente dove iniziava uno e dove finiva l’altro.

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