Il problema, almeno secondo i parlamentari grillini, è di responsabilità politica. Gli arresti di giovedì 8 maggio hanno scoperchiato una “cupola” bipartisan nella gestione degli appalti di Expo (e non solo): i protagonisti (si va dall’ex Pci/Pds Primo Greganti all’ex Dc Gianstefano Frigerio, con in mezzo personaggi del calibro di Angelo Paris, direttore generale pianificazione Expo, il segretario dell’Udc di Genova Sergio Cattozzo e Luigi Grillo, ex senatore Pdl ora Ncd) riuscivano a far convergere interessi politici e imprenditoriali, lambendo tutte le forze politiche, dalla destra alla sinistra Lega compresa. Chi ne ha responsabilità, sostengono i parlamentari M5S, devono chiarire. Anche perché, come spesso hanno spiegato i parlamentari Cinque Stelle, intorno alla torta Expo 2015, al «sodalizio» per dirla come i magistrati, hanno partecipato sia le cooperative rosse vicine al ministro per il Lavoro, Giuliano Poletti, come quelle bianche vicino al ministro per le Infrastrutture, Maurizio Lupi, di Nuovo Centrodestra
Nel loro mirino, al momento, c’è soprattutto il secondo, che ha comunque dovuto seguire i lavori di Expo prima sotto il governo di Enrico Letta nel 2013 e poi sotto Matteo Renzi dal febbraio di quest’anno. E a quanto pare lo stesso Renzi sarebbe più che mai «scocciato» della situazione che potrebbe penalizzare l’esecutivo, dove Ncd è alleato principale, in vista delle elezioni europee. Del resto, già il 14 aprile il ministro ciellino era stato minacciato – sempre dai grillini – di subire una mozione di sfiducia. Stavolta c’è qualcosa di più. Lupi, va ribadito, non è indagato, ma nelle intercettazioni presenti nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antezza il nome appare diverse volte. Ci sono frasi che lasciano intuire un rapporto molto vicino con alcuni degli arrestati, se è vero che Gianstefano Frigerio ritiene di poterlo incontrare spesso o di mandare persino un “biglietto”, non appena diventato ministro delle Infrastrutture, in cui era scritto il nome di Antonio Giulio Rognoni, per suggerirlo come presidente di Anas. La cricca di Expo, d’altra parte, lavorava a tutto campo, dal pilotare gli appalti fino alla possibilità di influenzare le nomine nelle aziende pubbliche.
«Quel biglietto», ha già risposto il ministro in una nota, «non l’ho mai ricevuto, né ho ricevuto altro tipo di comunicazione». Ma non è l’unica volta, nelle carte, in cui si parla di lui in riferimento a Rognoni, arrestato a marzo con l’accusa di associazione a delinquere e turbativa d’asta. La presenza in Cal (Concessioni Autostradali Lombarde) di Rognoni, di cui era amministratore delegato, era considerata «strategica» per gli interessi della “cupola”. Cal è una società creata da Roberto Formigoni quando era governatore della Lombardia e si occupa delle procedure di affidamento, realizzazione e gestione di Pedemontana, BreBeMi (Brescia-Bergamo-Milano) e Tem (Tangenziale Esterna di Milano), tutte cose di estrema importanza per Expo e per i fondi che passano attraverso questo canale. Proprio per questo motivo Rognoni doveva restare lì. Per averne la certezza serviva una sponda politica. Frigerio, il Professore, assicura ai suoi sodali – tra cui lo stesso Rognoni – che ne avrebbe parlato proprio con Maurizio Lupi. Ne aveva già parlato – sosteneva – anche con Silvio Berlusconi. Se gli incontri siano poi avvenuti non è dato sapere. In ogni caso il personaggio al centro della questione, cioè l’ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, non ha più aspirazioni né per Anas né per Cal, dal momento che si trova ai domiciliari per l’inchiesta su Infrastrutture Lombarde.
Di fronte agli arresti, Lupi ha ribadito che «è fondamentale che la procura faccia il suo mestiere, proprio per la riuscita dell’evento. Ma non solo: «serve un ulteriore impegno nel lavoro e nella collaborazione fra tutte le istituzioni coinvolte», e si riferisce a Expo. Il giro d’affari però è più ampio e riguarda anche l’appalto parallelo a Expo della Città della Salute, da costruire a Sesto San Giovanni nell’ex area Falck che ammonta a ben 300 milioni. Affare importante per il quale era necessario ottenere tutte le coperture politiche possibili, a destra e a sinistra. La cordata unisce la bolognese Manutencoop, di cui Lupi è definito “amico”. Era una questione delicata, tutte le forze in campo dovevano trovare un accordo. Di mezzo insomma c’è il sodalizio che in questi anni hanno portato avanti le cooperative bianche e rosse tra Lombardia e Emilia Romagna, in una spartizione di appalti in opere infrastrutturali e nella ricca sanità lombarda.
Lupi rappresenta anche un mondo che Enrico Maltauro, gigante delle costruzioni vicentino, uomo concreto della “squadra” finito anche lui agli arresti, ha cercato spesso di contattare. Lo ha fatto nel settembre 2013, quando in occasione di un incontro con Frigerio per discutere sui pagamenti di alcune tangenti, Maltauro chiede all’amico di organizzare un incontro a tre: lui, Frigerio e Maurizio Lupi. Di sicuro i due si incontrano nel novembre 2013, ma in un’occasione pubblica. Maltauro è relatore in un convegno a Milano organizzato dalla Compagnia delle Opere, il braccio economico di Comunione e Liberazione, cui partecipava anche il ministro Lupi. Sempre intorno, vicino, mai presente. Lupi è solo un punto di raccordo, un riferimento per cercare conferme, un passaggio obbligato. Del resto è comprensibile: la rete della “cricca” (così si definivano loro) arriva a toccare Berlusconi e Bersani, racconta di accordi con il mondo delle coop e di Cl, intrecci di appalti che vengono tramati, senza nessuna distizione, da esponenti della prima e della seconda repubblica.
E Lupi, che aspira a diventare sindaco di Milano, candidato alle Europee con Nuovo Centrodestra di Alfano, da poco archiviato in un’inchiesta in Sardegna, rappresenta a suo modo un mondo cattolico che ritorna spesso nelle carte dell’ordinanza di custodia cautelare. Ci sono i ciellini, c’è Papa Francesco che sembra restio nei confronti del mondo italiano, ci sono i cardinali vicino all’ex segretario di Stato Tarcisio Bertone. C’è persino un confronto tra prima e seconda repubblica, tra come si comportavano i cattolici di allora e quelli di adesso. Il ritratto finale, infatti, fa uscire Lupi indenne dal punto di vista penale, meno limpido sulla responsabilità politica (e sulle persone da cui si lascia frequentare) ma, a sorpresa, con uno stile di vita curioso. In un’intercettazione, parlando con Frigerio, Cattozzo si sofferma sdegnato sulla bella vita di Formigoni: «ma guarda, lui a Montecarlo va sempre all’Hermitage, all’Hotel de Paris, siamo ai cinque stelle di lusso. E va a Luigi XV. È la stessa vita che fa Lupi…, arriva con uno yacht di 30 metri e va a mangiare tutte le sere ad Alghero, da quello famoso, Andreucci, champagne e aragoste». Frigerio: «Che parvenue provinciali, ma vadano a dare via il…». Cattozzo: «Viene da Cl, poi, dovrebbero avere…» «…una vita parsimoniosa», completa l’altro. E invece…