IntervistaIl valore dell’Europa per gli euroscettici italiani

Il valore dell’Europa per gli euroscettici italiani

«Questa Europa non funziona», hanno raccontato nella campagna elettorale i partiti e i movimenti euroscettici che, populisti o meno, chiedono un voto per cambiare tutto con tono ultimativo. Quella che un tempo era solo estrema destra ha affermato che bisogna uscire dall’euro e tornare alle sovranità nazionali: sono partiti come il Front National francese di Marine Le Pen, che ora sembrano raccogliere un voto di protesta ben più vasto di quello tradizionale. Quella che un tempo era solo sinistra radicale ha detto che dall’euro non si esce ma che occorre ridiscutere il debito e creare uno stato sociale europeo: sono partiti come Syriza in Grecia, con il leader Alexis Tsipras candidato alla presidenza della commissione Ue per le sinistre europee che stanno fuori dalle larghe intese. Divisi su tanti argomenti, entrambi gli schieramenti ’eretici’ si appellano però al popolo contro le élite e, dunque, contestano il nemico comune che sono «le banche e la finanza internazionale, le lobby, la burocrazia, i tecnocrati».

Per chiudere il nostro viaggio fra questi movimenti abbiamo parlato con due intellettuali che conoscono la storia della “sinistra” e della ’destra’ e che sono a loro volta critici con l’impianto dell’Ue, cercando spunti fuori dai partiti per ragionare sul futuro dell’Europa. Da una parte Luciano Vasapollo, docente di Analisi dei dati di Economia applicata alla Sapienza di Roma, marxista, ha insegnato anche a Cuba: ci ha detto di non credere alla possibilità di una riforma dell’Ue in cui crede invece la sinistra europea, dicendo che l’unica salvezza è fare un’Unione dei Pigs. Senza euro.

Dall’altra parte, Marco Tarchi, politologo dell’Università di Firenze, studioso di lungo corso della destra, impegnato a scrivere per Il Mulino una nuova edizione de “L’Italia populista”, una panoramica analitica sulle vicende di casa nostra da Guglielmo Giannini a Beppe Grillo: ci ha spiegato che è invece irrealistico uscire dall’euro come chiedono dalle parti della Le Pen ma che i partiti tradizionali farebbero bene a non sottovalutare il successo dei nazional-populisti, perché rischierebbero di allargare la frattura sociale. Due voci senza partito, che non chiedono voti né consenso, ma offrono un po’ di luce sulle idee al centro della dibattito politico continentale.
 

VASAPOLLO: “SERVE LA SECESSIONE DEL SUD EUROPA” 

ll maggiore schieramento critico che da sinistra vuole cambiare l’Unione Europea è quello che ha candidato Alexis Tsipras, leader della sinistra radicale greca di Syriza, alla presidenza della commissione Ue. Ma è proprio la sinistra che a queste elezioni europee sembra doversi far perdonare più peccati sulla strada dell’austerity e delle larghe intese. Abbiamo chiesto all’economista Luciano Vasapollo, docente alla Sapienza di Roma ma anche a Cuba, profondo conoscitore del Sudamerica ma soprattutto intellettuale marxista, che prospettiva veda per l’Europa e i movimenti progressisti di fronte a questa crisi di fiducia. Secondo Vasapollo, che è delegato del rettore della Sapienza ai rapporti con i paesi dell’Alba (l’Alleanza bolivariana per le Americhe), l’Ue è stata costruita per gli interessi della Germania e non è riformabile, quindi la sfida di forze come quella di Tsipras, che non vogliono uscire dall’euro, sono destinate a sbattere contro un muro. Meglio sarebbe, ci spiega il professore che nel 2011 ha pubblicato con Jaca Book ’Il risveglio dei maiali’, smantellare l’Ue e fare una comunità dei Pigs nel sud Europa. Come l’Alba in America latina. Leggi l’intervista.
 

TARCHI: “IN EUROPA NO ALL’IDEOLOGIA DEL COSMOPOLITISMO”

Comunque vadano a finire le elezioni europee, le posizioni espresse dai movimenti euroscettici che provengono da una tradizione di destra hanno conquistato grande spazio nell’elettorato europeo e nel dibattito sulle condizioni sociali dell’Ue. Per capire la trasformazione in atto, al di là delle promesse elettorali di chi partecipa alla competizione, abbiamo rivolto qualche domanda a Marco Tarchi, docente dell’Università di Firenze che ha studiato a lungo il populismo e la destra, per un breve periodo negli anni Settanta l’ha anche frequentata, ma che rifiuta di essere accostato a sigle o schemi politici che probabilmente non hanno più nulla da dire: «Sono un cane sciolto». Tarchi è fra l’altro animatore della rivista Diorama letterario, che ospita anche contributi di intelletturali come Alain De Benoist, punto di riferimento per molti che in Europa guardano alla nuova destra. Ma il professore, convinto che non sia realistica l’uscita dall’euro ma che qualche cambiamenti vada fatto, invita a guardare oltre le etichette: «La destra della Le Pen per molti versi non è più tale», anche perché «in campo socioeconomico ha assunto posizioni tradizionalmente coltivate dalle formazioni politiche di sinistra, che, svoltando verso il liberalismo, le hanno abbandonate nelle sue mani». Leggi l’intervista.