Tsipras, la sfida europea di un “new deal” di sinistra

Tsipras, la sfida europea di un "new deal" di sinistra

ATENE – Non è l’Europa delle patrie, che i contestatori di sinistra dell’attuale Unione vogliono. Perché dicono che la soluzione dei mali dell’eurozona non arriverà dallo scontro tra Nord e Sud o tra nazioni che pensano solo ai loro interessi «coma già fa il governo tedesco». Ma è un’Europa in cui si realizza «la resistenza sociale», quella che invocano partiti in forte ascesa come Syriza in Grecia, che potrebbe avere un rilevante seguito politico anche a Strasburgo dopo le elezioni europee del 25 maggio. Un’Europa nella quale «deve esserci un movimento in grado di unire tutti i lavoratori, del Nord e del Sud, contro la supremazia del capitale e dei mercati», senza chiedere necessariamente l’uscita dall’euro. A spiegarla così, qualche mese fa, è stato lo stesso leader di Syriza, Alexis Tsipras, che ora è candidato alla presidenza della Commissione Ue per la Sinistra europea, alleanza che in parte già realizza quella solidarietà transnazionale auspicata a livello sociale.

Tsipras è un politico non ancora quarantenne diventato simbolo di speranza per quella generazione senza lavoro che non trova differenze fra la socialdemocrazia e la destra, ma anche per quella che è cresciuta nei valori della Resistenza. Persino una parte di borghesia moderata che non si sente più rappresentata dai partiti tradizionali potrebbe dargli il voto. Il leader della sinistra radicale greca militava fra i giovani comunisti quando il Muro di Berlino cadeva e ha forgiato la sua capacità di mobilitazione negli anni della dura contestazione no-global: a Genova, nel 2001, in strada contro il G8 doveva esserci anche lui, ma coi suoi compagni fu respinto dalla polizia italiana al porto di Ancona. Dieci anni più tardi, ormai diventato personaggio pubblico, ha iniziato a essere bollato come un «pericolo» dai suoi avversari, fra cui la cancelliera Merkel. Sono i numeri però a dire che il segnale che accompagna l’ascesa di Tsipras e del suo partito non è da minimizzare anche se ancora da mettere alla prova. Perché quella che era una coalizione di varie forze di ispirazione eurocomunista-trotskista-maoista-socialista-ecologista prima in perenne conflitto fra loro è oggi potenzialmente il primo partito della Grecia. Come se tutto quanto c’è oggi a sinistra del Pd in Italia potesse avere la forza di formare un governo.

Syriza, che nel 2012 è diventata il secondo partito, è data mediamente al 26,2% nei sondaggi e potrebbe ottenere 6 seggi su 22 in palio al Parlamento Ue: cinque anni fa prese il 4,7%. È davanti ai conservatori di Nuova Democrazia del premier Antonis Samaras, al 24,5% (6 seggi), e si attesta ben oltre i socialisti del Pasok al governo col centrodestra, che prima della crisi nel 2009 avevano il 44% e sono scesi al 6,8% nei sondaggi (un solo seggio).

Tsipras, presentando martedì ad Atene i suoi candidati, ha giudicato le Europee come un referendum sul governo di grande coalizione, pronto a chiederne le dimissioni e candidarsi primo ministro. Ma tutte le sue mosse hanno, per forza del destino, l’Europa sullo sfondo. Syriza vuole bloccare il Memorandum con cui la Grecia si è impegnata a realizzare le politiche di austerity che non l’hanno portata fuori dalla recessione. Vuole che sia convocato un Consiglio europeo straordinario per rinegoziare il debito, «come per la Germania nel dopoguerra» e realizzare un “New Deal europeo”: i debiti si pagano solo quando l’economia cresce. E poi chiederà che ci sia una politica sociale europea che metta al centro le persone, che «tolga privilegi» anche fiscali alle élite.

Parole che offrono un messaggio alternativo ai cittadini greci abbattuti dalla crisi e che sembrano pronti ad affidarsi a un partito che non ha esperienza di governo e non è disposto a fare accordi al ribasso nemmeno con il Pasok. In Grecia i disoccupati sono quasi il 28% e la percentuale si avvicina al 60 nel caso dei giovani. Giovedì, per il primo maggio, si sono fermati tutti i lavoratori del settore marittimo, che temono la svendita del settore nazionale più forte. Il giorno prima, la protesta degli ambulanti che hanno regalato frutta e verdura in centro Atene ha fatto accalcare centinaia di persone attono ai banchi. C’è un problema politico, ma anche di miseria. E quello di Syriza, almeno sulla carta, può essere un esempio per le sinistre di altri Paesi: un successo alle Europee potrebbe dare un contenitore politico più attraente a certe idee radicali.

In Italia è nata una lista che porta il nome del leader greco, la media dei sondaggi la dà attorno al 4%: «L’altra Europa con Tsipras» unisce tutta quella parte di schieramento politico che non si riconosce nel Pd, come Sel e Rifondazione, aperta anche a movimenti e associazioni. Tsipras, alle Europee, è sostenuto fra gli altri dalla Linke tedesca (sondaggi, 8,5%), dal Front de Gauche francese (7,8%), dalla spagnola Izquierda Unida (11,8). Nel complesso, emerge che il gruppo Gue della sinistra radicale potrebbe essere il terzo del Parlamento europeo, dopo Popolari e/o Socialisti. Una presenza potenzialmente molto influente e che si aggiunge, tanto per capirsi, a quella consistente che si prepara a destra attorno alle idee di Marine Le Pen o di Nigel Farage. Mondi diversissimi, avversari viscerali specie sull’immigrazione contro la quale Syriza non si rivolge, ma estrema destra e sinistra radicale stanno contestando “a tenaglia” questa Europa. Facendo entrambi appello al popolo come autentica fonte di legittimità. E proponendosi come alternativa unica ai partiti tradizionali che non godono più di grande fiducia.

Nella sede del giornale di partito

«Sappiamo che la Grecia è stata scelta come Paese cavia per sperimentare le politiche ultra-liberiste. Bene, ora può essere la cavia di un cambiamento radicale da sinistra», ci spiega Vassili Moulopoulos, ex vicedirettore dell’autorevole quotidiano To Vima, poi portavoce di Syriza e oggi deputato, accogliendoci nella sede del giornale del partito, Avgì. Una quarantina di giornalisti, in un palazzo anonimo nel centro di Atene vicino a piazza Omonia, redazione d’altri tempi. Pile di giornali anche ingialliti ingombrano scrivanie pesanti e debordano dagli scaffali che si contendono il poco spazio sui muri con manifesti, appunti, vignette. I computer, non certo nuovissimi, sbuffano. Ma c’è adrenalina. «Alla soglia del potere, tutti leggono le nostre pagine con la lente d’ingrandimento», finge di scherzare il direttore Nikos Filis. E poi ci sono i lettori: «I nostri chiedono più degli altri, perché sono attenti a quello che si scrive, leggono anche gli altri giornali, internet. E se fanno critiche, le fanno feroci».

Sulla scrivania è in bella vista una delle ultime edizioni di Avgì, che titola un umore diffuso: Samaras ha dato il Paese in pegno alla Merkel. «Noi – spiega Mouolopoulos, ex militante di Lotta Continua in Italia ai tempi della dittatura dei Colonnelli – diciamo che Syriza è il partito più europeo che ci sia. Perché le politiche che stanno perseguendo gli altri e che noi vogliamo ribaltare stanno distruggendo l’Europa, che non è quella che avevano immaginato i suoi sostenitori, come Altiero Spinelli: se diventerà primo ministro, Tsipras chiederà subito un Consiglio europeo straordinario per discutere la questione del debito. E crediamo che soprattutto al Sud ci saranno forze politiche e sociali magari diverse da noi ma che saranno d’accordo con noi e ci seguiranno»Ma ce la farà, il giovane Tsipras, a incidere nei luoghi che contano in Europa? «È la stessa domanda che si facevano cinque anni fa tutti quelli del ceto politico greco – sorride senza mai liberare la mano dalle sigarette, una dietro l’altra -: ma chi è questo giovane? Poi li ha messi tutti da parte, l’ho visto crescere e ha stupito anche me. Pure in Europa hanno iniziato a prendere nota che questo giovane non è uno qualsiasi, appena due anni fa nessuno voleva incontrarlo ma adesso…». Adesso Tsipras gira il continente a far campagna elettorale, Parigi, Palermo, Lisbona, Praga, andrà anche a Berlino. In Italia c’è addirittura una lista che porta il suo nome, «anche se lui stesso – rivela Moulopoulos – non ne era convinto quando siamo venuti in Italia a parlarne, pensava fosse esagerato, ma poi gli è stato spiegato che lui è un simbolo che può far superare le divisioni della sinistra e ha accettato».

L’entusiasmo attorno ad Alexis Tsipras, dietro al quale ci sono quarant’anni di storie politiche alternative, porta comunque con sé molte incognite. Forze così passionali possono anche dividersi una volta ottenuto il potere. Possono far prevalere le ideologie sull’azione. E possono anche deludere se non moltiplicare la rabbia dei tanti che hanno votato un simbolo anche se non era il loro.

Slavoj Zizek, filosofo sloveno assai vicino a Tsipras, l’ha detta così, a mo’ di avvertimento: «I libri migliori della sinistra radicale sono solitamente storie molto convincenti di fallimenti». Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena, due giornalisti che hanno seguito l’evoluzione di Syriza e hanno pubblicato il primo libro in lingua italiana su Tsipras (Tsipras chi?, il titolo che richiama battute renziane ma anche lo stupore degli avversari), sintetizzano il peso di queste responsabilità, quando scrivono che «questo travolgente successo racconta l’emergere di una narrazione alternativa, una visione relegata fino a poco tempo fa nei circoli dell’estrema sinistra e per certi versi anche dell’estrema destra», ma «il modello Syriza deve ancora misurarsi con la capacità di governo, e sarà quello il vero banco di prova: i punti interrogativi restano numerosi, il carisma di Alexis Tsipras da solo difficilmente basterà a vincere la scommessa».

La sede centrale di Syriza

All’ingresso della sede centrale di Syriza ad Atene, dove “vigila” dalla sua boccia il pesce rosso Philemon, è un viavai di attivisti. Ci sono le Europee da vincere ma anche le Amministrative. Vassilis Primikiris, membro del comitato centrale e storico esponente comunista, aggiunge un ulteriore rischio legato al successo. «I grossi interessi politico-economici, le forze reazionarie e conservatrici faranno di tutto per impedire a Tsipras di andare al governo o per cambiare Syriza dall’interno», prevede seduto alla sua scrivania del quinto piano. «Detto questo – aggiunge Primikiris -, è vero che il pericolo maggiore siamo noi stessi. La grossa battaglia non è prima di andare al governo, ma sarà dopo: la gente che è arrivata a votare Syriza perché è disperata dalla situazione economica non è tutta di sinistra, dare una risposta non sarà facileSyriza deve trasformare la protesta in un progetto politico, in risposte. E sappiamo che se falliremo, la sinistra dovrà aspettare altri cinquant’anni per tornare in questa posizione di forza»  Qui torna anche lo sfondo europeo che tanto sfondo non è: «Se alle Europee vince Syriza – continua – sarà un esempio pericoloso per tutti e un peso enorme per noi».

Anche Primikiris è stato in Italia, negli anni Settanta era il capo degli universitari del Pke, il partito comunista ellenico che oggi non è nel perimetro di Syriza (a un certo punto scuote vigorosamente la testa al pensiero del Pd di Renzi «che in Italia è l’unico difensore dell’Europa della Merkel»). Quella esperienza ci fa capire quanto è rischioso leggere l’avventura di Syriza come una semplice operazione-nostalgia di ideologie passate. «Io ho avuto due scuole – dice -. Quella del partito ideologico del Pke, un partito di eroi ma di pochi, che non si occupava della quotidianità della gente. Poi ho avuto la scuola del partito politico, il Pci, un partito con l’angoscia invece della governabilità che poi ha fatto la Bolognina e si è spinto ben oltre la socialdemocrazia, tanto da essere oggi un partito all’americana. Syriza deve rappresentare la terza via, creare un partito di massa con una base ideologica di massa che sia anche un partito politico che dà risposte oggi non solo “quando arriverà il socialismo”». Lezione di metodo, ma anche monito ai suoi compagni di viaggio, da parte di questo medico con la passione della pesca che in Syriza è fra quella corposa minoranza che ritiene che alla fine servirà un piano B (l’uscita dall’euro?) per ottenere qualcosa dall’Europa. «Non vogliamo diventare un partito egemone perché non possiamo esportare la realtà greca, però possiamo aprire una strada: il dogmatismo e il settarismo non hanno mai aiutato la sinistra. La purezza ideologica non basta, servono proposte concrete». Altrimenti si darà ragione alla battuta di Zizek.

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