Una delle più interessanti novità editoriali del mese, presentata ufficialmente all’ultimo Salone del libro di Torino, è la collana di narrativa italiana varata da Tunué e affidata allo scrittore toscano Vanni Santoni, che l’ha battezzata pubblicando due romanzi di giovani esordienti, Dettato di Sergio Pater e Stalin + Bianca di Iacopo Barison.
Un varo che fa notizia, e non solo perché Tunué è un editore che, fino ad ora, aveva un catalogo incentrato sopratutto sulle graphic novel e sull’illustrato. Fa notizia perché di mezzo c’è Vanni Santoni, uno che negli ultimi dieci anni ha scritto e fatto di tutto: ha pubblicato romanzi letterari e sperimentali, sta portando avanti una trilogia fantasy, si è inventato, insieme a Gregorio Magini, il metodo SIC — Scrittura Industriale Collettiva — riuscendo a portare a termine un lavoro enorme come In territorio nemico (minimum fax, 2013), romanzo colelttivo sulla resistenza scritto da 115 persone.
Insomma, Vanni è un tipo eclettico, ma è anche uno dei più ferventi sostenitori della qualità in editoria, un fattore che non può non farci guardare con estrema curiosità a questa nuova impresa con Tunué. Un’impresa che però gode di un altro punto di luce a suo favore, proprio per la sua stessa natura: è una collana. E di questi tempi, sempre più poveri di punti di riferimento per chi legge, lavorare a una collana — e darla in mano a Vanni Santoni — è certamente una mossa interessante e noi ne e abbiamo parlato con il più titolato a farlo, Vanni Santoni:
Un tempo le collane avevano un reale impatto sull’orientamento di lettura del pubblico — penso ai Gettoni, ma anche ai Gialli Mondadori, agli Oscar, a Urania — è ancora così? Nel caso, cos’è cambiato ora?
Sicuramente l’impatto si è ridotto, come si è ridotto l’impatto del marchio editoriale in sé, per quanto abbia ancora un valore non da poco. È evidente come oggi molte collane, anche di grandi editori, possono contenere di tutto. Questo porta anche a una certa confusione da parte dei lettori: il cosiddetto “filtro editoriale” esiste ancora, per carità, ma non si può più andare sul sicuro. Credo che in un contesto di crisi la ricostruzione di un patto di fiducia tra editori e lettori passi anche dal rendere valore a queste “etichette”.
Perché ha ancora senso fare una collana?
Esattamente per renderle il senso che aveva un tempo: il patto. Mi piacerebbe che un giorno un lettore casuale potesse prendere “al buio” un romanzo Tunué, certo di trovarvi qualcosa che gli piacerà.
Perché Tunué — editore di fumetti e graphic novel — ha deciso di lanciarsi in un’operazione come questa?
È una domanda che mi fanno in tanti. Come ho già detto tante volte, l’idea è stata di Massimiliano Clemente, direttore editoriale di Tunué, una casa editrice che, dopo essersi affermata nel campo del fumetto di qualità, e specificamente nei graphic novel, ha visto nella narrativa un passo naturale. Anche perché, se guardiamo il catalogo, Tunué coltivava già un rapporto privilegiato con la narrativa italiana contemporanea, costituito dagli adattamenti a fumetti di romanzi recentissimi come Il tempo materiale di Giorgio Vasta, Uno indiviso di Alcide Pierantozzi o Canale Mussolini di Antonio Pennacchi.
Personalmente invece, devo dire che ho accettato l’incarico non appena ho constatato la volontà di Tunué di investire in una collana a forte impronta letteraria, che non inseguisse mode o “casi”.
Come si lavora alla costruzione di una collana?
Si buttano giù tante idee. Si cercano libri. Si guarda cosa si trova e cosa arriva e si buttano giù altre idee. Ma soprattutto si continua a cercare: una collana, come un edificio, cresce e si definisce sui primi mattoni: i primi libri che si fanno – nel nostro caso Dettato di Sergio Peter e Stalin+Bianca di Iacopo Barison, a cui aggiungerei i prossimi due, con cui sto lavorando assieme agli autori Francesca Matteoni e Orazio Labbate – finiscono per definirla.
Al di là di ciò, nel nostro caso c’è poi stato molto lavoro ai paratesti, alla grafica, curata dallo studio veneziano Tomomot, e all’accessibilità: anzitutto per quanto riguarda il prezzo, che abbiamo fatto grandi sforzi per tenere a 9.90 euro (e basso anche per gli e-book, che saranno a 1.99 per tutto maggio) e poi per la distribuzione in licenza Creative Commons.
Hai dei modelli a cui ti ispiri?
La Verlag Die Schmiede, ovvio. Più seriamente (e realisticamente): ammiro il lavoro di tutti quegli editori indipendenti che negli anni hanno saputo costruire cataloghi a un tempo di ottima qualità e discreta coerenza, come E/O, minimum fax, ISBN, Marcos y Marcos, Voland o Nottetempo, solo per citarne alcuni. La collana Romanzi di Tunué si sta però anche configurando come una collana di esordi, di ricerca, dunque è inevitabile guardare anche al lavoro che faceva Tondelli nella vecchia Transeuropa.
Quali sono le caratteristiche che cerchi in un testo?
Cerco anzitutto buona prosa. Il libro deve essere scritto bene. Poi, come dicevo poco sopra, è naturale che con due libri come Dettato e Stalin+Bianca, scritti da autori esordienti e rispettivamente classe ’86 e ’88, ci stiamo configurando anche come una collana di ricerca di nuove voci, dunque avrò un occhio di riguardo particolare per i romanzi scritti da giovani o giovanissimi, magari all’esordio, ma non voglio che ciò diventi una gabbia. Di nuovo, quello che mi interessa è solo la qualità della scrittura.
Più tecnicamente cerchiamo romanzi abbastanza brevi, indicativamente sotto le 250’000 battute, per una questione di identità di collana, ma anche di paginatura, poiché sopra una certa lunghezza sarebbe difficile mantenere lo stesso prezzo.
I dati Nielsen sull’editoria italiana presentati a Torino sono drammatici, qual è la tua valutazione?
Non ho sufficienti competenze economiche per estrapolare il dato dalla generale flessione della spesa per tutti i beni di consumo, culturali e non. Certo il momento non è buono, ma è proprio nei momenti di crisi che bisogna rilanciare con nuove idee.
Anche i dati istat riferiti al 2013 sono preoccupanti e hanno segnalato per la prima volta la diminuzione dei lettori. In particolare — e forse è il dato più allarmante — danno in diminuzione i lettori forti. C’è qualcosa che possono fare gli editori per invertire la situazione?
Fare libri belli. Tenerli più tempo in libreria. Ristampare libri belli che erano stati tenuti troppo poco tempo in libreria. Ricominciare a lavorare a lungo termine sugli autori. Far pagare meno i libri, quando possibile. Rimboccarsi le maniche e sputare sangue.
E la politica? Che cosa può fare?
La politica potrebbe fare una quantità enorme di cose. Differenziare la tassazione dei libri. Supportare le case editrici. Supportare le librerie indipendenti. Finanziare incubatori d’impresa per chi vuole creare qualcosa nel settore editoriale o di vendita. Istituire borse e fellowship per scrittori. Valorizzare istituzioni inerti come il CIPEL. Tornare a investire nella scuola pubblica, che è poi la chiave di tutto.
Che prospettive vedi per il mercato librario italiano da qui ai prossimi cinque anni?
Sono ottimista di natura quindi a prescindere da tutto mi viene sempre da sperare in una meravigliosa rifiorenza.