Al netto delle battute sull’ex segretaria Claudia Minutillo («La più lussuosa dell’emisfero boreale») e sull’ex numero uno della Mantovani Piergiorgio Baita («Un fenomeno del male»), non c’è particolare apprensione nella Procura di Venezia, che indaga sul sistema Mose dopo lo show difensivo dell’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan. L’attuale deputato di Forza Italia, su cui pende una richiesta di arresto per corruzione, ha prodotto due memorie difensive, una per la giunta per le autorizzazioni della Camera – che dovrà decidere sul suo destino – la seconda per i magistrati che indagano. Ma se in quest’ultima Galan ha portato perizie calligrafiche, conti e stato patrimoniale, tra cui il parco macchine e le accuse alla Guardia di Finanza – (rea a suo dire di non aver tenuto in considerazione le diarie regionali per lo stato patrimoniale ndr), nella prima si è impegnato insieme con i suoi avvocati a smentire l’impianto accusatorio dei pm Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini. In particolare l’ex governatore ha scritto che i reati che gli contestano sarebbero tutti caduti in prescrizione.
A Venezia, però, spiega un investigatore, la vedono diversamente rispetto al presunto sistema Galan. «Ci sono reati vecchi, ma anche recenti, basta leggere le carte» si mormora in procura. E infatti – oltre ai presunti interessi di Galan in Indonesia per cui è stato arrestato il commercialista Paolo Venuti, ai fondi neri a San Marino («Un conto regolare» ha detto l’ex governatore del Veneto) o ai conti in Croazia dove sarebbero transitati i soldi della società Thema fino alla ristrutturazione della casa sui colli Euganei – negli interrogatori di Baita del 2013, il re del project financing, longa manus del presidente del Consorzio Venezia Nuova di Giovanni Mazzacurati, spiega che le somme di denaro per Galan sarebbero proseguite anche dopo la sua parentesi in regione Veneto. Come le dazioni all’assessore Renato Chisso, da sempre uomo vicino al Doge («Il mio migliore assessore» ha spiegato l’onorevole azzurro durante la conferenza stampa).
La difesa di Galan: reati prescritti
«Ricordo a me stesso» si legge nella memoria «che il delitto di cui all’art. 319 c.p. era punito all’epoca dei fatti in contestazione con una pena che va da 2 a 5 anni di reclusione, con una prescrizione quindi che matura, qualora non intervengano atti interrottivi (che nel caso di specie sarebbe l’ordinanza custodiale in parola) in sei anni dalla consumazione dei fatti».
Galan spiega nel dettaglio: «Mi permetto quindi di elencare quali fatti si sono già certamente prescritti: -capo 5): 11 – dall’inizio del 2005 al mese di maggio 2008, la presunta dazione di un milione di euro l’anno; – la dazione di 900.000,00 euro, quantomeno sino al maggio 2008, per la Commissione Salvaguardia del 20 gennaio 2004; la dazione di 900.000,00 euro per le due Commissioni Via regionali, essendo avvenuta, secondo quanto riferito dallo stesso Baita (e come peraltro riportato nel capo di imputazione) tra il 2006 e il 2007; -capo 8): la dazione di 200.000,00 euro da parte della Minutillo per conto di Baita presso l’Hotel S.Chiara a Venezia nel 2005; – i lavori di ristrutturazione del corpo principale dell’abitazione di Cinto Euganeo avvenuti tra il 2007 e il 2008; – versamento di 50.000,00 euro nel 2005 in un conto acceso in una banca “San Marinese”.Ebbene – sostiene Galan – l’intervenuta prescrizione degli elencati episodi non è stata rilevata né dai Pubblici Ministeri in sede di richiesta della misura cautelare personale né, tantomeno, dal O.i.p. in sede di ordinanza cautelare, che sul punto non ha speso una sola parola! Per quei fatti i Pubblici Ministeri avrebbero dovuto formulare richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 411 c.p.p., essendosi compiutamente verificata una causa di estinzione del reato».
L’affare in Indonesia e le intercettazioni del 2013
Nelle carte dell’inchiesta Mose si parla di «cospicue operazioni commerciali nel Sud Est asiatico» nell’ordine di 55 milioni di dollari, trovate in documenti in possesso del “prestanome” Paolo Venuti, per le quali emergerebbe «la riconducibilità alla famiglia Galan». Scrivono gli investigatori: «Come visto le intercettazion telefoniche e ambientali inducono a ritenere primario l’interesse dei coniugi Galan alle operazioni svolte dalla Thema Italia. Nello specifico la società rappresenta la facciata italiana di un importantissimo affare (stimato in 55 milioni di dollari) avente per oggetto il commercio di gas proveniente dall’Indonesia». La Thema Italia ha effettivamente interessi nel gas indonesiano come dimostra la tabella qui sotto estratta dal Cerved.
Rete Thema Italia
A carico di Galan emergono pure intercettazioni ambientali che gli attribuiscono fondi non ben precisati portati all’estero. In particolare quelle del 1° agosto del 2013, tra i coniugi Venuti. «Senti Paolo – spiega la moglie di Venuti al marito per non partecipare a un funerale – c’è un po’ l’idea che tu sei là per lavoro per la storia del gas che Giancarlo è cosa a cui lui è molto sensibile… se stessimo andando a Rovigno ancora ancora… ma tu sei lì per lavoro! … chiama Giancarlo … digli che è la storia dell’Indonesia del gas spiegagli che è il gas … che è la conclusione della vicenda del gas». Al che Venuti conferma, «sì sì, lo so». Rientrati in Italia, Venuti e la moglie – si legge sempre nella carte dell’inchiesta – riferiscono alla moglie di Galan di essere appena tornati dall’Indonesia e chiedono con urgenza un incontro. La sensazione, secondo i pm, è che tale urgenza «vada ricondotta proprio all’anzidetto controllo doganale e quindi all’acquisizione di documentazione che si ritiene riconducibile alla famiglia Galan». Ma per l’avvocato di Venuti, Emanuele Fragasso, «ci sono aspetti paradossali, perchè quando il commercialista si occupa di un altro cliente, che non è Galan, viene perquisito proprio per delle carte che fanno riferimento a investimenti all’estero, documenti risultati in regola che però nell’inchiesta “diventano” di Galan».
Nella memoria difensiva il Doge scrive: «Leggo sui giornali, ed è accennato in parte anche nell’ordinanza cautelare a pag. 537 e ss., che io avrei degli interessi economici in Indonesia, attraverso la società Thema. Ciò è assolutamente falso, io non c’entro nulla con presunti investimenti afferenti il gas “indonesiano” o con la Thema. Paolo Venuti mi aveva riferito di un suo investimento in Indonesia, mi pare si trattasse di obbligazioni legate ad un fondo indonesiano, per il quale io l ’ho sempre preso in giro. Lui dal canto suo, sorridendo, mi diceva di aver ricevuto la rassicurazione che se l’investimento fosse andato male, il titolare gli avrebbe dato in cambio una casa a Bali».