Sono le 16 e 58 del 19 luglio di 22 anni fa quando, piazzando un’autobomba nel centro di Palermo, Cosa nostra uccide il magistrato Paolo Borsellino, il caposcorta Agostino Catalano, e gli agenti Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
ECCO LE PRIME IMMAGINI GIRATE DOPO L’ESPLOSIONE
Paolo Borsellino aveva pranzato a Villagrazia di Carini con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia. Dopo pranzo il magistrato si sposta insieme alla sua scorta in via d’Amelio, dove vive sua madre. Lì, una Fiat 126 imbottita di tritolo, esplode al passaggio del magistrato uccidendo, oltre Borsellino, anche i cinque agenti di scorta. L’unico sopravvissuto è l’agente Antonino Vullo, scampato perché al momento della deflagrazione stava parcheggiando una delle macchine della scorta.
Il 23 maggio di quell’anno, sulla autostrada A29 nei pressi dello svincolo di Capaci, a pochi chilometri da Palermo, Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonino Montinaro, erano rimasti vittima di un altro attentato a opera di Cosa Nostra.
Qualche giorno prima della sua morte, Borsellino in una intervista a Micromega aveva definito la sua condizione come quella di un «condannato a morte».
Tra falsi pentiti, depistaggi e servizi segreti, la strage, a oltre vent’anni di distanza, è ancora senza colpevoli.