Aggiornamento delle 23:55. Finisce tre a zero, l’Olanda sale sul podio, il Brasile resta quarto. Il primo gol su rigore al 3′ del primo tempo lo realizza Van Persie, raddoppia Daley Blind al 17′ e chiude, a novantesimo scaduto, Georginio Wijnaldum. Mentre l’Olanda festeggia l’obiettivo raggiunto di finire il Mondiale imbattuta, la Seleçao non ha modo di risollevarsi: 10 gol in due partite, uno solo fatto. Buio fitto. Si conferma la tradizione del minimo di tre gol alla finalina.
Dopo essere state eliminate in semifinale Olanda e Brasile scendono ancora in campo, per la “finalina”, la finale per decidere il terzo e il quarto posto. Le retrovie, appena prima di tutte le squadre che hanno già perso e sono partite da giorni, alcune (come noi) da settimane.
Cosa succederà? Per il Brasile non si sono ancora risolti i problemi che hanno portato al naufragio contro la Germania. Per dirne uno, Neymar non c’è. In più, la squadra è ancora suonata, il pubblico è freddo, e se non è freddo è triste. Il sipario è calato violento come un autunno precoce. Il Brasile, i brasiliani, con quel 7 a 1, hanno perso l’incanto per il calcio.
L’Olanda, invece, ha tenuto testa all’Argentina, si è trascinata fino ai rigori e ha perso. Molto meno disonore, molta più amarezza. Fino all’ultimo minuto avrebbe potuto vincere. Insomma, la motivazione è senza dubbio più alta: il Mondiale non è ancora finito, il sipario alto. Ma il calcio è imprevedibile.
Se infine si guarda ai dati, vediamo tra le due squadre una sostanziale parità: il Brasile ha fatto 11 gol, l’Olanda 12; il Brasile 107 falli, l’Olanda 106. Undici cartellini gialli per i brasiliani, mentre gli olandesi ne hanno avuti nove. Di rossi, nessuno per entrambi. Insomma, non è garantito lo spettacolo, nemmeno l’agonismo.
La finale per il terzo posto porta con sé uno strascico di tristezza, nel pubblico e nei giocatori. Si gioca per dovere e per salvare (chi può, non il Brasile) salvare la faccia e rifarsi un minimo. Partita quasi accademica, che può portare risultati inaspettati: liberi dall’obbligo e dalla pressione di vincere, i giocatori possono inventare prodezze, pensare di essere in allenamento e giocare per divertirsi. Niente agonismo e poca passione. Resta, in fondo, un inno all’estetica e al divertimento. Come solo il calcio sa essere.