I dirigenti di Forza Italia hanno puntato tutto sul web. Per superare senza troppi traumi la riforma del finanziamento pubblico ai partiti, lo staff dell’ex Cavaliere ha studiato e messo in rete un apposito sito internet. L’home page è fin troppo esplicita. In basso, la grande fotografia di Silvio Berlusconi che stringe le mani ai suoi elettori. Poco più in alto, la richiesta di denaro. «Con la nuova legge mi hanno impedito di continuare a sostenere Forza Italia. Oggi ho bisogno dell’aiuto di chi, come te, condivide la mia “follia”». Antonio Palmieri, responsabile della comunicazione web del partito, non fa mistero di essersi ispirato a un sito di fundraising del presidente americano Barack Obama.
Dal web ai cellulari. Per intercettare la generosità dei militanti meno pratici di computer, i berlusconiani si affidano alle donazioni via sms. Una procedura prevista dall’articolo 13 della riforma – al momento non ancora applicato – che potrebbe aiutare a far quadrare i bilanci di Piazza San Lorenzo in Lucina. Nel frattempo il Partito democratico scommette sul 2X1000. È l’altra grande forma di finanziamento indiretto prevista dalla nuova legge. Il futuro dei dem passa da qui. «Anche perché oggi – racconta Antonella Trivisonno, giovane renziana e collaboratrice del tesoriere Francesco Bonifazi – il partito continua a dipendere per il 90 per cento dai finanziamenti pubblici». Dichiarazioni dei redditi e microdonazioni. La raccolta fondi alle feste democratiche un tempo era un’opportunità. «Presto – ammette – diventerà una necessità».
Intanto il conto alla rovescia prosegue inesorabile. La riforma voluta da Enrico Letta ridurrà i fondi pubblici ai partiti anno dopo anno. Dai 91 milioni del 2012 si passerà ai 22 milioni del prossimo anno. Fino a scomparire del tutto nel 2017. Al loro posto un sistema di donazioni fiscalmente incentivate – con un tetto di 100mila euro annui – e l’introduzione del 2×1000 che lascerà un rilevante potere di scelta ai cittadini. Stamattina i rappresentanti dei principali partiti ne hanno discusso a Roma in occasione dell’assemblea dei soci Ferpi, la Federazione Relazioni Pubbliche Italiana. Un’occasione per fare il punto sulle nuove forme di finanziamento alla politica – «Come associazione di categoria vogliamo offrire al sistema politico ed istituzionale spunti, informazioni e dati su cui fondare le nuove policy» spiega la presidente Patrizia Rutigliano – anche alla luce delle esperienze di altri Paesi. Quella statunitense in particolare.
In America, del resto, una recente sentenza della Corte Suprema ha praticamente tolto qualsiasi limite alle donazioni dei privati alla politica. Se prima la legge federale imponeva un tetto di 123mila dollari, ora il sistema permette ai donatori più generosi di finanziare candidati e comitati elettorali fino a quasi 3,5 milioni di dollari. Cifre da far impallidire il tetto di 100mila euro introdotto dal governo Letta.
Ecco perché la chiave di questo modello non può che essere la trasparenza. A confermarlo è uno dei lobbisti più influenti di Washington. Anthony Podesta, chiara origine italiana e, si dice, molto vicino alla Casa Bianca. Senza troppi giri di parole, il settimanale Newsweek lo ha semplicemente ribattezzato «the lobbyist». Fratello di John, stretto consigliere di Bill Clinton e di Obama, a scorrere i suoi principali clienti si finisce per ripassare buona parte della recente storia politica americana, da Ted Kennedy a George McGovern, fino a Michael Dukakis e lo stesso Clinton.
L’insegnamento di Podesta? Nel rapporto tra denaro e politica tanti paletti rischiano di essere controproducenti. «Perché i soldi sono come l’acqua – racconta citando due giudici della Corte Suprema – anche se provi a fermarli trovano sempre una via d’uscita». Certo, è impossibile evitare la presenza di troppi interessi attorno ai partiti. «In un paese moderno e democratico – ammette il lobbista americano – il governo prende decisioni importanti. E inevitabilmente c’è chi proverà a investire denaro per eleggere i politici che prenderanno quelle decisioni. I suoi soldi, proprio come l’acqua, troveranno sempre una via d’uscita». Ecco perché riformare il sistema introducendo procedure più stringenti non sempre funziona. «Le buone intenzioni non si trasformano necessariamente in buoni risultati. Specialmente quando il denaro incontra i politici». L’obiettivo primario diventa allora la trasparenza. «Le persone devono poter sapere da dove vengono i soldi, chi li prende e come vengono spesi».
Intanto negli Stati Uniti il costo delle campagne elettori cresce vertiginosamente. Un dato su tutti: alle ultime presidenziali tra Obama e Mitt Romney, i due avversari hanno raccolto la bellezza di un miliardo di dollari. Ciascuno. Il rischio che un ristretto gruppo di miliardari possa effettivamente controllare la politica è evidente. Anche per questo si impone la necessità di una sempre maggiore trasparenza. E se da noi la deriva oligarchica è ancora lontana – difficile controllare la politica con un tetto di 100mila euro – la chiarezza tra donazioni e partiti deve comunque rimanere un obiettivo primario. Il futuro della nostra politica passa dal fundraising? «Trasparenza e rendicontazione devono essere i punti irrinunciabili nella gestione del difficile rapporto tra denaro e politica» spiega il sottosegretario alla Semplificazione Angelo Rughetti. Non è più tempo di aspettare. Come auspica Andrea Romano, di Scelta Civica, entro questa legislatura possono essere approvate una legge sui partiti e una legge sulla rappresentanza di interessi.