Ritiro degli investimenti da 700 milioni di euro, annullamento dei programmi di riqualificazione produttiva, annuncio del fermo definitivo delle linee di raffinazione del greggio e trasformazione di fatto lo stabilimento a deposito costiero di carburanti. Sono queste le indiscrezioni che circolano da giorni sullo stabilimento Eni di Gela. Il petrolchimico della città in provincia di Caltanissetta occupa 3.500 lavoratori, a forte rischio nel caso si concretizzassero questi piani, per ora non confermati da Eni ma riportati da fonti sindacali.
Nella città siciliana sta salendo la tensione. Oggi, 15 luglio, sono arrivati i primi licenziamenti, riferiti però a un’azienda dell’indotto. È stato annunciato il taglio di 15 dei 40 dipendenti della “Riva e Mariani”, un’impresa appaltatrice che opera nel settore della coibentazione e dell’isolamento termico di apparecchiature e tubazioni. Come riporta Livesicilia.it, un’altra impresa, l’azienda chimica francese “Ecorigen”, che effettua lavori di rigenerazione dei catalizzatori per l’industria petrolchimica, vede a rischio la propria attività perché il fermo prolungato della raffineria non le garantisce più la fornitura di gas come l’idrogeno e l’acido solfidrico, usati come materie prime per i processi di lavorazione. In pericolo 90 posti di lavoro: 45 nel diretto e altrettanti nell’indotto.
Lungo le vie di accesso alla raffineria ci sono maestranze che presidiano i blocchi sorti spontaneamente. Dalla mattina di martedì 15 luglio, racconta ancora Livesicilia.it, i dimostranti non consentono il transito a nessuno. “Bloccato – si legge – anche il cambio dei lavoratori turnisti. Nella fabbrica sono rimasti in servizio quelli del turno di notte. Già ieri i sindacati avevano annunciato l’inasprimento della protesta. La direzione della raffineria si accinge a chiedere al prefetto di Caltanissetta la precettazione del personale addetto al lavoro in turno negli impianti di sicurezza tuttora in marcia”.
La situazione è però ancora da definire: il vice ministro allo Sviluppo, Claudio De Vincenti il 10 luglio ha voluto buttare acqua sul fuoco. «Capisco le preoccupazioni», ha detto, aggiungendo però l’azienda avrebbe dato «indicazioni importanti sull’intenzione di investire» e per questo lui stesso avrebbe invitato il gruppo Eni a «presentare quanto prima un vero piano industriale». L’ad di Eni, Claudio Descalzi, secondo fonti sindacali avrebbe proposto la conversione dell’impianto in una bioraffineria, così come pensato per Porto Marghera. Ma anche in questo caso i sacrifici sul piano lavorativo sarebbero pesanti.
Rassicurazioni, parziali, che però non hanno convinto Cgil, Cisl e Uil, che hanno annunciato uno sciopero nazionale di tutti i lavoratori Eni italiani a sostegno della “vertenza Gela”. Le tre sigle hanno convocato per il 18 luglio il coordinamento nazionale di categoria per stabilire le iniziative di mobilitazione da attuare non solo alla raffineria siciliana ma in tutti gli stabilimenti produttivi del Cane a Sei zampe. La dimensione del problema non è infatti solo locale.
Secondo quanto riferiscono i sindacati in una nota, riporta Il Fatto Quotidiano, a causa della crisi del settore e di un surplus europeo di 120 milioni di tonnellate di raffinato, la società può assicurare la continuità operativa solo per la raffineria di Sannazzaro (Pavia) e per la propria quota del 50% di Milazzo. A rischio rimarrebbero quindi, oltre alla raffineria di Gela, anche quelle di Taranto, Livorno e Porto Marghera (la seconda fase). A rischio anche il petrolchimico di Priolo (Siracusa).
Per ora, in attesa di indicazioni chiare e di una mossa dal ministero dello Sviluppo economico, sono solo le proteste locali a sentirsi. Il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta ha incontrato nei giorni scorsi a Roma sia i vertici dell’Eni sia il vice ministro allo Sviluppo Economico Claudio De Vincenti. “Chiederemo un risarcimento miliardario se l’Eni confermerà nel piano industriale l’intenzione di abbandonare la Sicilia”, ha detto Crocetta. Il governatore siciliano ha anche minacciato la revoca delle concessioni di sfruttamento dei giacimenti siciliani di gas e di petrolio:
Il sindaco di Gela, Angelo Fasulo, ha lanciato un appello ai parlamentari siciliani, regionali e nazionali, alla vigilia del Consiglio comunale straordinario di domani, 16 luglio, che si terrà di fronte al “Green Stream”, il metanodotto Libia-Italia di cui Eni e’ proprietaria al 75% e che rifornisce di gas l’Italia e l’Europa.
L’8 luglio l’agenzia di rating Fitch aveva avvertito che i deboli margini di raffinazione in Europa potrebbero portare a un eventuale downgrade di Eni se la ristrutturazione non avrà successo. «I margini di raffinazione europei dovrebbero restare deboli per almeno i prossimi 1-2 anni a causa della sovracapacità, degli squilibri tra domanda e forniture e la competizione oltreoceano», ha spiegato in una nota Fitch Ratings. Il rischio di downgrade non riguarderebbe gli altri produttori petroliferi ma solo l’Eni perché, a differenza di altri gruppi, il peso della divisione “refinery and marketing” focalizzata sull’Italia è consistente.
«Uno dei fattori che potrebbe contribuire a un downgrade è la mancanza di un miglioramento tangibile nella performance di questo segmento nei prossimi 12-18 mesi. Ci aspettiamo che questo avvenga attraverso un programma di ristrutturazione piuttosto che attraverso un miglioramento della situazione della raffinazione in Europa».