Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha deciso di prenderli per stanchezza. Opposizioni, dissidenti, semplici dubbiosi. Il governo non cede un metro: per evitare ulteriori ritardi nell’approvazione della riforma costituzionale i senatori saranno obbligati a fare gli straordinari. Troppi gli ottomila emendamenti presentati nell’aula di Palazzo Madama. A conti fatti – si sono resi conto nel Partito democratico – il disegno di legge rischiava di essere approvato ben oltre il limite stabilito. E i timori non riguardavano le ferie estive, ma le vacanze natalizie.
Così nel pomeriggio, al termine della conferenza dei capigruppo, la maggioranza approva un calendario impegnativo. Al limite dell’inedito. Le opposizioni saranno lavorate ai fianchi, fino allo sfinimento. Neanche fosse un incontro di pugilato. Sedute a ritmo sostenuto e votazioni estenuanti. Per continuare l’esame del ddl Boschi, l’assemblea di Palazzo Madama si riunirà tutti i giorni, dal lunedì alla domenica. Giornate dense: i senatori inizieranno a votare alle nove di mattina e proseguiranno fino a mezzanotte. A rischio anche la pausa pranzo: le sedute dell’assemblea saranno sospese dalle 13.30 alle 15, ma solo per permettere le riunioni delle commissioni. Tanto basta per scatenare il panico tra i parlamentari. Lo si capisce quando il presidente Pietro Grasso informa l’Aula della decisione. Accolto, forse senza troppa sorpresa, da una valanga di commenti ben poco entusiastici. «Vedo che la proposta – il suo commento ironico – ha avuto successo….».
Eppure i dissidenti possono festeggiare una prima, parziale, vittoria. Probabilmente preoccupata dalle ripercussioni mediatiche, la maggioranza decide di non ricorrere alla ghigliottina. Nessun contingentamento dei tempi nell’esame della riforma. Nessuna pericolosa forzatura al regolamento parlamentare. Del resto le polemiche sulle presunte aspirazioni autoritarie dell’esecutivo sono già abbastanza rumorose, dentro e fuori dall’Aula. Meglio lavorare, anche tanto. Al Senato si procederà a oltranza. Ore e ore di seduta, con il miraggio delle ferie estive sempre più lontane.
In ballo c’è l’immagine del governo. Un esecutivo che su questa riforma si gioca buona parte della sua credibilità. Lo sa bene il premier Matteo Renzi che in mattinata, appena tornato da una visita istituzionale in Africa, ha twittato l’ennesimo guanto di sfida alle opposizioni. «#Mentreloro fanno ostruzionismo per provare a bloccare il cambiamento, noi ci occupiamo di posti di lavoro». Ragionamento ribadito più avanti. Sempre sottolineando la contrapposizione tra i critici della riforme, intenti «a bloccare l’Italia» e l’operoso governo pronto a realizzare «le riforme chieste dalla maggioranza dei cittadini».
Insomma, il rischio di perdere tempo è troppo alto. Alla ripresa dei lavori dopo le ferie, poi, chi potrebbe garantire l’esecutivo da altri ritardi? «Non approvare la riforma prima della pausa estiva significherebbe inevitabilmente rinunciarvi» ammonisce in aula il capogruppo del Nuovo Centrodestra Maurizio Sacconi. Un’ipotesi tutt’altro che azzardata. Oltre alla legge di Stabilità, l’autunno dovrà inevitabilmente portare in Aula un altro pacchetto dei provvedimenti annunciati da Palazzo Chigi. A partire dalla riforma della Giustizia (già in forte dubbio per le ripercussioni politiche della recente assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby).
Alla maggioranza non resta che lavorare. Incessantemente, dal mattino a notte inoltrata. Con buona pace dei professionisti dell’antipolitica, i senatori si scoprono stacanovisti. Si potranno concedere una breve pausa in questo fine settimana, ma da lunedì prossimo si trasferiranno a Roma fino all’ultima votazione della riforma. «Lavoreremo fino quando la riforma costituzionale non sarà approvata» garantisce il capogruppo dem Luigi Zanda. Chi aveva già prenotato le vacanze è avvertito. Ovviamente si cerca anche di ridurre il numero degli emendamenti presentati. Si studiano le contromosse sul filo del regolamento. Alcune proposte di modifica saranno dichiarate inammissibile. Altre decadranno non appena sarà bocciato un emendamento dai contenuti troppo simili.
Il braccio di ferro con le opposizioni è la naturale conseguenza della scelta. Se il governo conta di sfinire i critici a colpi di sedute notturne, il fronte contrario alla riforma accetta la sfida. «Ci vogliono prendere sulla fatica – racconta la senatrice di Sel Loredana De Petris, capogruppo del Misto – Ma i problemi ce li hanno i gruppi della maggioranza a restare in Aula».