Il taccuino di un grande disegnatore

Il taccuino di un grande disegnatore

Nel 2011, il disegnatore francese Cyril Pedrosa — classe 1972, un passato nel cinema d’animazione, una mano fantastica e un finissimo senso della narrazione — pubblicò un volume che all’unanimità fu subito riconosciuto come il suo capolavoro. Si trattava di Portugal, un viaggio autobiografico a fumetti nella terra delle sue radici familiari, pubblicato in Italia da Bao Publishing nel giugno del 2012.

Ora, a tre anni di distanza, Bao pubblica un’altra gran perla del disegnatore francese, una perla che porta il nome diQuaderno di Portugal e che non è altro che una raccolta di materiali preparatori, bozze, schizzi, appunti visivi di un fumettista che viaggia e che sa che quel che gli passa davanti agli occhi dovrà essere digerito e distillato in un libro — quel che poi è diventato Portugal, per l’appunto.

Quaderno di Portugal è una strana pubblicazione. È una di quelle di cui non si può parlare senza partire della forma, quella di un taccuino di viaggio — uno di quei famosi taccuini resi celebri da Bruce Chatwin — una Moleskine formato 15×20, con la sua bella copertina nera rigida e il suo bell’elastico per tenere chiuse le pagine e magari mollarci dentro qualche banconota, un biglietto del treno o dell’autobus, qualche biglietto da visita.

Nulla scalfisce quell’affascinante copertina nera semiruvida: niente titolo, niente testo in quarta, niente codice a barre, niente prezzo. Niente di niente. Questa scelta non è un dettaglio e nemmeno una scelta meramente estetica, perché la forma in questo caso è inscindibile dal suo contenuto, anzi, meglio: il suo contenuto non sarebbe lo stesso se la forma del prodotto non fosse quella.

Ve ne renderete conto quando vi ritroverete a sfogliarlo — e me lo auguro, significherebbe che questo articolo a qualcosa è servito — perché l’impressione che avrete non sarà quella di avere tra le mani una semplice copia anastatica del taccuino di viaggio di un bravo disegnatore. No, quello che avrete in mano, ribaltando il paradosso del ceci n’est pas une pipe di Magritte, sarà esattamente il taccuino di viaggio di Cyril Pedrosa, quello vero, non un altro.

Sarà infatti talmente naturale veder scorrere davanti agli occhi quegli acquarelli, quei disegni a matita, quelle bozze di ritratti a penna biro e quegli appunti scritti al limite della leggibilità direttamente dalla mano di Pedrosa che vi verrà la voglia di accarezzare le pagine, cercando coi polpastrelli i solchi lasciati dalla sua penna e dalla sua matita, o le increspature arcuate degli acquarelli sulla pagina. E quando vi accorgerete che non ci sono, che quelle pagine sono di un libro stampato e non di un taccuino, sarà ormai troppo tardi: avrete già voglia di fare la valigia, metterci dentro un taccuino, e partire.

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