Le utility come leva per l’efficienza energetica

Le utility come leva per l’efficienza energetica

C’è un obiettivo molto preciso e a portata di mano. Applicare strumenti e sistemi per l’efficienza energetica, significa per l’Italia generare un impatto sul sistema economico pari al 2% del Pil e, entro il 2020, un risparmio che viaggia tra i 50 e i 72 milioni di tonnellate di CO2. A ciò si aggiungerebbe un aumento dei posti di lavoro fino al 2% a fronte di una riduzione dei consumi totali di energia compresi tra il 12 e 18 per cento. A metterlo nero su bianco è un recente studio “Stato e prospettive dell’efficienza energetica in Italia” firmato dalla Fondazione Centro Studi Enel e dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano. I benefici non sarebbero solo di natura economica.

La decarbonizzazione di una parte del settore dei trasporti e del riscaldamento si sommerebbe alla diminuzione degli agenti inquinanti. Lungo tutta la penisola ma soprattutto nelle città. Tuttavia, come sottolinea lo studio, i miglioramenti e gli effetti benefici sono ingabbiati dentro lacci burocratici e vecchie norme. Una serie di fattori economici e regolatori, tra cui la struttura della tariffa elettrica fortemente progressiva e le difficoltà di accesso a forme contrattuali diverse da quelle standard, di fatto creano un effetto frenata invece che creare una leva di crescita. «Durante la rassegna delle principali tecnologie per l’efficienza energetica — si legge nello studio — ci siamo accorti che sovente non bastano le analisi sulla sostenibilità economica o sullo stato di maturità delle soluzioni a giustificare l’espressione del potenziale di risparmio a esse collegato, e per la prima volta ci siamo imbattuti nel concetto di barriere all’adozione. L’analisi della normativa ha confermato che anche la bontà di un sistema incentivante sia strettamente correlata alla diffusione di una tecnologia: talvolta i ritardi nell’emanazione di decreti, l’errato ammontare dell’incentivo possono ritardare o bloccare lo sviluppo di un mercato».

In pratica, il Politecnico individua quattro tipologie di barriere. Culturali, economiche, normative e infine tecnologiche che sono direttamente connesse alla tecnologia o al concetto di integrazione efficiente di più tecnologie, e a loro volta possono essere amplificate da distorsioni introdotte dall’impianto normativo, da momenti congiunturali negativi dell’economia o dall’arretratezza nella diffusione della cultura dell’efficienza energetica. In sostanza, l’opposto di un circolo virtuoso. La principale barriera culturale sta nella mancata diffusione di una “cultura” condivisa dell’efficienza energetica. I cittadini e le imprese devono poter percepire i benefici economici e ambientali che una cultura dell’efficienza energetica può garantire, soprattutto in ottica di lungo periodo. «Le prime azioni da promuovere in questo senso, prima ancora di studiare un sistema incentivante in grado di sostenere e sviluppare un mercato — si legge sempre nello studio — dovrebbero essere intraprese sul fronte della comunicazione istituzionale, per far entrare nella sensibilità comune degli italiani il concetto di efficienza energetica. Azioni di questo tipo potrebbero portare a stimolare la domanda di interventi inerenti l’efficienza energetica, a muovere un mercato bloccato ora sui soli soggetti già sensibili al tema, e, addirittura, a modificare in maniera profonda le attitudini dei cittadini rendendoci un Paese virtuoso».

Per arrivare a tali risultati bisogna individuare le leve d’interesse anche di natura economica. Ancora il proprietario di una casa che decide di vendere difficilmente riesce a monetizzare la variabile legata alle prestazioni energetiche dell’edificio. E quindi non vede nell’efficientamento energetico un vero investimento. Si creerebbe dunque un sistema virtuoso che porterebbe a sensibilizzare tutti i cittadini al tema dell’efficienza energetica negli edifici. E alla distinzione tra risparmio energetico (riduzione dei consumi e dei livelli di comfort) ed efficienza energetica (riduzione dei consumi a parità di comfort) con la relativa possibilità di monetizzare investimenti fatti e modifiche apportate agli edifici. Non si può però immaginare che ciò avvenga a livello di singoli. Serve la partecipazione del cosiddetto “sistema Paese” perché tutta la filiera ragioni allo stesso modo. Dal costruttore al cliente finale passando per gli installatori, gli operatori e chi si occupa degli indirizzi strategici. Purtroppo non aiuta il fatto che gli investimenti mirati all’efficienza energetica sono spesso onerosi, di medio termine nel ritorno economico e di lungo nei benefici di sostenibilità.

Qui sta infatti, la seconda barriera, quella di tipo economico. Gli investimenti dovrebbero essere infatti alla base della strategia energetica di un Paese che scommette sull’efficienza energetica, e la loro efficacia potrebbe essere tanto maggiore, quanto più si riferiscano a un approccio integrato e sinergico. Un esempio concreto di scelta Paese? La rimodulazione delle tariffe elettriche e delle potenze di allaccio. “Abbiamo constatato che molte delle tecnologie che utilizzano il vettore elettrico”, citiamo lo studio, “portano l’utente residenziale a sforare la potenza di allaccio di 3kW con notevoli aggravi in bolletta dovuti all’applicazione dei costi marginali della tariffa D2, o alla richiesta della tariffa D3 per consumi fino a 6kW, o, infine, all’installazione di un secondo contatore e all’utilizzo della tariffa BTA. Questa spesso è la principale barriera che sfavorisce l’adozione delle tecnologie e ne impedisce l’espressione del potenziale”. Se si vuole incentivare le novità non bisognerebbe prescindere dalla revisione del sistema tariffario, che veda impegnati congiuntamente il regolatore e le utility, e che consenta a chi decide di adottare tecnologie per l’efficienza energetica di usufruire di tariffe competitive per i consumi.

Tutto ciò a sua volta presuppone una roadmap in grado di varare norme e regole che stimolino i cittadini e le imprese a cercare l’efficienza energetica non solo senza essere penalizzati economicamente ma anche essendo messi nella condizione di programmare un piano d’investimenti vantaggioso nel medio e lungo termine. Lo Stato potrebbe (e ciò sarebbe il completo superamento della terza barriera) studiare incentivi all’adozione per le tecnologie mature e incentivi alla ricerca per le tecnologie innovative e quindi poco diffuse. Possibilmente senza rendere i bandi o le gare di accesso agli incentivi un lavoro complesso quanto la traduzione dei geroglifici. Senza dimenticare che tale strategia complessiva farebbe direttamente da leva alle innovazioni tecnologiche e quindi al superamento del quarto tipo di barriere (tecnologiche) individuate dai ricercatori del Centro Studi Enel e del Politecnico. Un impegno non da poco per un Paese come l’Italia immerso nella crisi economica e affaticato da numerosi tentativi di riforme strutturali in ambito politico, costituzionale e amministrativo.

A favorire la svolta nella direzione dell’efficienza energetica potrebbe esserci però il ruolo delle utility. Le aziende elettriche, infatti, possono agire come system integrator delle tecnologie su scala nazionale in un’ottica di lungo periodo che favorisca lo sviluppo di una filiera industriale integrata. Accoppiando scala e capillarità, le utility possono fungere da hub per offrire un servizio “chiavi in mano” al cliente con caratteristiche di economicità, competenza tecnica, semplificazione e disponibilità finanziaria. Secondo gli studiosi del Politecnico, le utility possono contribuire alla diffusione della “cultura” dell’efficienza energetica perché sono l’interlocutore principale dei cittadini e delle imprese sul tema dell’energia, “con una base clienti che copre numericamente e geograficamente gran parte della popolazione e possono dunque contribuire attivamente alla sensibilizzazione degli stessi sul tema dell’efficienza energetica. Sono il trait d’union tra i cittadini (o le realtà industriali) e le istituzioni e hanno la possibilità di garantire uno scambio informativo continuo che consenta ai primi di avere una maggiore consapevolezza dei benefici e delle opportunità associate all’efficienza energetica, alle seconde di avere un feedback sulla bontà ed efficacia dei messaggi trasferiti”.

Stesso discorso per quanto riguarda le barriere economiche e la capacità di fornire agli utenti un servizio chiavi in mano e quindi di alleggerire i cittadini di tutti gli oneri e i vincoli burocratici. Compreso il peso degli investimenti (possibilità di spalmare i costi sulla bolletta, ndr) e il rischio di sbagliare la valutazione (auditing) della scelta della tecnologia più opportuna e adatta alle specifiche necessità. L’efficienza energetica non è un tema accademico è una scelta di fondo e un valore aggiunto concreto. Si tratta di fare una scelta di campo.