A – Alleanze a rischio. L’intesa tra Partito democratico e Sinistra Ecologia e Libertà potrebbe diventare la prima vittima illustre delle riforme. Di fronte all’ostruzionismo dei partito di Vendola, ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti ha minacciato di interrompere qualsiasi rapporto a livello locale. L’atteggiamento di Sel «preclude ogni alleanza futura, soprattutto sul territorio. Un accordo politico con chi distrugge la Carta non lo farei». Sull’altare delle riforme si immola in centrosinistra.
B – Boschi, Maria Elena. È il volto della riforma. Ministro delle Riforme costituzionali (ma anche dei Rapporti con il Parlamento), è la protagonista indiscussa del ddl costituzionale. Sempre presente in commissione e in aula, vera e propria ossessione di fotografi e notisti politici. Fanno discutere i suoi colorati tailleur, i suoi interventi in aula, persino i suoi sorrisi (che qualche esponente delle opposizioni è arrivato a definire una inaccettabile ostentazione d’arroganza).
C – Canguro. Fino a qualche giorno fa per la maggior parte degli italiani era un animale australiano. Adesso il Paese sta imparando a conoscerne il significato istituzionale. Si chiama “canguro” il meccanismo proprio dei regolamenti parlamentari che permette di cancellare – saltare – gli emendamenti simili a quelli già bocciati dall’aula. E che ieri ha permesso al presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso di considerare decadute ben 1400 proposte di modifica.
D – Dissidenti. Con buona pace di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, alcuni dei principali oppositori della riforma costituzionale si annidano proprio all’interno dei loro gruppi parlamentari. Personaggi spesso in secondo piano che grazie al disegno di legge all’esame del Senato hanno acquistato un’improvvisa notorietà. Poco conosciuti dai non addetti ai lavori, da qualche settimana rilasciano interviste come i più ricercati leader di partito. Nel Pd sono una decina, qualcuno di meno in Forza Italia. Tra di loro spiccano Corradino Mineo, Vannino Chiti e Augusto Minzolini.
E – Elettività del Senato. Ecco il principale oggetto del contendere. Per la maggioranza che difende la riforma, i nuovi senatori dovranno essere scelti dai consigli regionali. Come prima conseguenza nelle urne scompariranno le schede elettorali relative a Palazzo Madama. Le opposizioni promettono battaglia: per Lega, Cinque Stelle e Sel è necessario conservare un rapporto diretto tra elettori e senatori.
F – Ferie d’agosto. Quelle che gli oltre trecento senatori rischiano di saltare. Se l’esame del ddl costituzionale si protrarrà oltre i tempi previsti, il governo è pronto ad andare avanti a oltranza. Si resta in Aula fino alla definitiva approvazione. Un voto dopo l’altro, tutti i giorni di agosto, se necessario fino a settembre. Parlamentari e addetti ai lavori sono avvertiti. Cancellate le prenotazioni di voli e resort tropicali, quest’anno le ferie rischiano di trascorrerle a Palazzo Madama.
G – Gufi. Con i “rosiconi” e gli “uccellaci del malaugurio“ sono i principali protagonisti delle opposizioni. Così almeno li definisce il presidente del Consiglio Matteo Renzi. E proprio a loro il premier ha dedicato ogni risultato ottenuto dall’esecutivo (finora non moltissimi).
H – hashtag. Sul suo profilo twitter il premier Renzi lo dedica spesso ai suoi avversari politici (per completezza vedi la voce G, Gufi). Alcuni tra i più apprezzati: #piccinerie, #madovevivono, #mentreloro, #pochechiacchiere, #amicigufi
I – Italicum. È la nuova legge elettorale. Quella che sostituirà il Porcellum (peraltro già bocciato dalla Corte Costituzionale). La sua approvazione è inevitabilmente legata a quella delle riforme costituzionali. Per strappare l’ok di qualche indeciso, il governo potrebbe inserire qualche modifica all’Italicum. Magari introducendo il voto di preferenza, al momento non previsto. Non è una questione secondaria: per qualcuno la vera partita si giocherà proprio sulla riforma del sistema di voto.
L – Loredana De Petris. Esponente di Sel, capogruppo del Misto a Palazzo Madama. È lei a guidare le opposizioni in Aula. Sempre in prima linea nel confronto con il governo, sempre pronta a prendere la parola in assemblea. Inconfondibile accento romano, già esponente dei Verdi e di democrazia proletaria. Se il ministro Boschi è la protagonista della riforma, la senatrice De Petris è il volto combattivo della sua ferma opposizione.
M – Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio. Sulla buona riuscita della riforma costituzionale ha messo la faccia e il destino del suo esecutivo.
N – Nazareno, patto del. È l’intesa tra Partito democratico e Forza Italia sulla riforme, siglata lo scorso inverno da Silvio Berlusconi e dal premier Renzi nella sede nazionale del Pd (da qui il nome dell’accordo). Molto si è favoleggiato sui dettagli del patto, forse anche troppo. Scambi di favori, accordi, reciproche promesse. Solo leggenda? Di certo l’approvazione dell’Italicum e della riforma costituzionale passa inevitabilmente da qui.
O – Otto agosto. La data scelta dall’esecutivo per terminare i lavori del Senato e approvare in prima lettura la riforma. Obiettivo forse un po’ troppo ottimistico, che a scanso di novità dovrà essere rivisto di alcune settimana (o qualche mese).
P – Poltrone. La battaglia delle opposizioni avrebbe questo unico obiettivo. Il mantenimento del proprio status di senatore, contro ogni ipotesi di riduzione di cariche e costi. Ne è convinto il premier Matteo Renzi, che lo ha provocatoriamente ribadito sulla sua pagina Facebook: «Gli italiani ci hanno chiesto di cambiare un sistema politico che non funziona più – le sue parole – Noi manteniamo la promessa, senza paura e senza mollare. Stiamo facendo le riforme perché la politica e i politici devono cambiare. Le sceneggiate di oggi dimostrano che alcuni senatori perdono tempo per paura di perdere la poltrona».
Q – Quorum. Nella riforma non c’è solo il ridimensionamento del Senato. Il testo proposto dalla maggioranza rivede anche le disposizioni relative ai referendum abrogativi. Per presentare i quesiti referendari non saranno più sufficienti 500mila firme, ma se ne dovranno presentare 800mila. Si abbassa però il quorum richiesto per rendere valido il voto. Era necessario raggiungere il 50 per cento del corpo elettorale, in futuro basterà la metà più uno degli elettori che hanno votato alle precedenti Politiche.
R – Referendum. Se la riforma del bicameralismo paritario non sarà approvata dal Parlamento con una maggioranza di almeno due terzi, il testo potrà essere sottoposto al voto degli italiani. Con apposito referendum. Non è una novità: nel 2006 gli elettori hanno già bocciato la riforma costituzionale approvata dal centrodestra durante la XIV legislatura. Qualche giorno fa, per rassicurare le opposizioni, il governo Renzi ha assicurato che stavolta, al termine del percorso parlamentare, il referendum ci sarà in ogni caso. «Noi andiamo avanti – ha scritto il premier Renzi su Facebook – E alla fine saranno i cittadini con il referendum a giudicare chi avrà ragione e chi torto».
S – Senato. La Camera alta ospitata nelle splendide sale di Palazzo Madama, a due passi dalla romana Piazza Navona. Per alcuni costituzionalisti è il bicameralismo perfetto previsto dalla nostra Carta il motivo principale delle lungaggini legislative italiane. Il Senato come simbolo della palude? Nel dubbio, il punto centrale della riforma è proprio il suo ridimensionamento. Nel ruolo, nei numeri, nelle funzioni.
T – Tagliola. Meccanismo previsto dal regolamento parlamentare per ridurre i tempi delle sedute e mettere un freno all’ostruzionismo delle opposizioni. In questi giorni se n’è molto parlato. Lo prevede espressamente il regolamento del Senato, al capo VII, articolo 55, comma 5. «Per la organizzazione della discussione dei singoli argomenti iscritti nel calendario, la Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari determina di norma il tempo complessivo da riservare a ciascun gruppo, stabilendo altresì la data entro cui gli argomenti iscritti nel calendario devono essere posti in votazione».
U – Unione Europea. Le riforme ce le chiede l’Europa, spiegano spesso i più convinti sostenitori del governo Renzi. Senza dubbio le aspettative dei nostri partner internazionali riguardano la necessità di rivoluzionare il nostro mercato del lavoro, la giustizia, la burocrazia. Resta un dubbio. All’Europa interessa davvero la riforma del Senato italiano?
V – Votazioni. Ne mancano ancora molte. Gli emendamenti alla riforma costituzionale presentati in Aula erano circa ottomila. La maggior parte depositati da Sel (circa 200 quelli del Movimento Cinque stelle e un altro centinaio della Lega Nord). Pochi sono stati bocciati, molti altri sono stati dichiarati decaduti dal presidente Pietro Grasso. Unica certezza: da qui alla definitiva approvazione della riforma sono previste ancora parecchie votazioni.
Z – Zanda, Luigi. È il capogruppo del Partito democratico a Palazzo Madama. Il presidente dei senatori dem. Eletto per acclamazione un anno e mezzo fa, si è trovato a gestire la difficile partita delle riforme. Tra gli scontri con le opposizioni e la difficile trattativa nella conferenza dei presidenti di gruppo, Zanda ha giocato un ruolo importante anche nei lavori che hanno accompagnato il disegno di legge. Lo scorso giugno è stato proprio lui a sostituire il dissidente Corradino Mineo nella commissione Affari costituzionali.