«Non faccio politica per lo stipendio, ho altro con cui guadagnare». La dichiarazione è anche un biglietto da visita per Daniela Santanchè, primadonna del berlusconismo e fedelissima custode dell’ortodossia azzurra. La conoscono tutti nel ruolo di pasdaran, sanno che è imprenditrice ma in pochi indugiano sulla carriera che scorre parallela alla ben più mediatica vita di Palazzo. Negli ultimi giorni ritorna in auge il nome della sua Visibilia, concessionaria di pubblicità che nuota nel business dell’editoria. A far rumore è l’indiscrezione di stampa sull’interesse che Santanchè, insieme all’amica Paola Ferrari, avrebbe formalizzato per acquistare L’Unità, a un passo dalla chiusura. Prima del futuro però, meglio fare un passo indietro.
Classe 1961, l’irresistibile ascesa di Daniela Garnero parte da Cuneo. Un’educazione rigorosa, la laurea in scienze politiche, dodici anni di matrimonio col chirurgo estetico Paolo Santanchè (da cui eredita il cognome), un figlio dall’imprenditore Canio Mazzaro. Grandi feste e gite in barca, tutti la accreditano regina della mondanità mentre lei si muove nel business delle relazioni pubbliche e dell’intrattenimento con la “Dani Comunicazione srl”. I primi soldi Daniela li guadagna a tredici anni, quando decide che vuole volare a Londra per una vacanza estiva. Il papà Ottavio, imprenditore nei trasporti, disse: «Ci vai se te lo paghi da sola». Lei per quaranta giorni raccoglie fragole, dalle due alle sei del pomeriggio. Mette in tasca le prime centomila lire per aereo e albergo. Il resto glielo presta il padre salvo poi restituire il favore nel momento in cui ricominciava la scuola: ogni sabato Daniela va a pulire i bagni dei camionisti nell’azienda di famiglia.
Donna d’acciaio, piglio imprenditoriale. Il business Garnero ruota intorno all’editoria. La sua creatura, Visibilia, è stata concessionaria di pubblicità per Libero e Il Riformista, poi per i free press Metro e D News. Oggi cura la raccolta per Il Giornale. L’amico e faccendiere Luigi Bisignani in un interrogatorio del 2011 racconta la sua versione sulla nascita di Visibilia. Si dice protagonista di un’attività «collaborativa senza fini di lucro a favore della Santanchè. In pratica feci stringere i rapporti tra lei e la famiglia Angelucci (editrice di Libero n.d.r.). In seguito questo rapporto si istituzionalizzò con un’iniziativa che io stesso le consigliai, cioè la costituzione di una vera e propria concessionaria di pubblicità denominata Visibilia che poi è diventata la società che ha raccolto la pubblicità degli Angelucci».
Sedi a Roma e Milano, oggi l’azienda si cimenta pure come editrice: da Mondadori compra le riviste VilleGiardini, Ciak e Pc Professionale. Sbarca su internet gestendo l’advertising delle pmi tramite Google Adwords. E cura la raccolta pubblicitaria di una quarantina di radio, perlopiù emittenti regionali. Nel giugno 2013 la pitonessa tenta il colpaccio: un’offerta a Rcs per le testate che il gruppo guidato da Pietro Scott Jovane aveva messo in vendita. Novella2000, Visto, Astra, Ok – La Salute prima di tutto e il polo dell’enigmistica. L’affare sfuma all’ultimo, se l’aggiudica la Prs di Bernardini de Pace. Pesano le barricate del cdr dei periodici interessati, contrari all’ipotesi Santanchè: «Non sarebbe in grado di offrire alcuna affidabilità dal punto di vista delle prospettive industriali ed editoriali, della solidità economico-finanziaria e della futura stabilità occupazionale delle decine di giornalisti coinvolti».
Intanto la crisi investe il mondo dell’editoria. La stessa Visibilia esce da un 2013 «difficile». Il Fatto Quotidiano rammentava che l’azienda «ha chiuso l’esercizio 2012 con una perdita di circa 33mila euro e il fatturato è diminuito del 20,1% a 22 milioni di euro. I costi sono stati tagliati del 20,2% fino a scendere sui 21,6 milioni». Poi i debiti con le banche e la richiesta di «cassa integrazione a rotazione» da settembre a dicembre 2013 per mettere in sicurezza i conti. Ma la pitonessa non si perde d’animo: per il 2014 prepara un budget di 20 milioni di euro e nuovi progetti: «Il futuro è delle piccole concessionarie perché sono quelle che lavorano davvero sui mezzi che hanno in portafoglio». In suo aiuto è arrivato l’ex marito Canio Mazzaro che a luglio 2013 ha acquistato il 40% di Visibilia tramite la sua Bioera, azienda di cosmetici biologici di cui la Santanchè è socia. E ora Milano Finanza racconta un nuovo fronte: la Garnero sarebbe pronta a rilevare la società di consulenza di comunicazione Pms tramite un reverse takeover di Visibilia Editore (controllata al 100% da Visibilia). L’obiettivo dell’operazione? «Dare vita a un polo editoriale di nicchia (testate specializzate, comunicazione corporate, media relations e rassegna stampa con Selpress) da sviluppare poi per linee esterne».
Ma nel business della Pitonessa non c’è solo l’editoria. Nel 2013 fonda la Dani Immobiliare, ragione sociale: «acquisto, locazione e gestione di beni immobili». Donna delle relazioni e leader della vita mondana, perla del portafoglio Santanchè è stata per anni la partecipazione azionaria nel Billionaire, discoteca simbolo della bella vita e capofila del briatorismo. Aveva il 10% fino a pochi mesi fa, quando ha deciso di cederlo incassando 400.000 euro. All’orizzonte, sussurra qualcuno, ci sarebbero nuovi affari immobiliari in Costa Smeralda. Con Flavio Briatore, di cui è amica di lunga data, Daniela condivide il Twiga di Forte dei Marmi, celebre stabilimento balneare dei vip del quale detiene il 10%. La Versilia è un pezzo di cuore e, stando a quanto riferisce Il Tirreno, la Garnero avrebbe acquistato una villa immersa nel parco della Versiliana, in zona Marina di Pietrasanta.
L’altra passione di casa Santanchè è la Sardegna. «Ho fatto della mondanità un lavoro», raccontava dodici anni fa a Barbara Palombelli nella piazzetta di Porto Cervo. «Siamo circondati da ipocriti che fingono di detestare il lusso e le belle donne. Lo sa che moltissime persone, anche al vertice delle istituzioni, vorrebbero solo andare alle feste e poi uscire con la fotina su Chi? Le donne casalinghe vorrebbero somigliare a me o a Rosy Bindi?». Un’agenda fitta tra politici, imprenditori e giornalisti. Fisico tonico, tacchi a spillo, abbigliamento sgargiante. La sua è una marcia disinvolta dai giornaloni alle riviste patinate. Una vita di politica, business e comunicazione divisa tra Roma e Milano. Ma la base resta il capoluogo meneghino dove la residenza Garnero è un palazzetto di quattro piani e novecento metri quadri con piscina rivestita in madreperla, poltrone di coccodrillo e quadri di De Chirico.
Passando per Montecitorio e San Lorenzo in Lucina si arriva all’ombra delle Botteghe Oscure. Non è la prima volta che il radar di Daniela Santanchè intercetta il quotidiano di Gramsci. Già nel 2007 la Garnero confermava a Giancarlo Perna l’interesse per la raccolta pubblicitaria de L’Unità. «Il muro di Berlino è caduto da anni, L’Unità è un pezzo di storia d’Italia». Alla redazione in subbuglio per l’ipotesi, Santanchè suggeriva: «Farebbe meglio a guardare a fine anno la penultima riga del bilancio, quella dei profitti. Nell’impresa contano i risultati». Oggi come allora tornano le barricate ideologiche. «Un’ipotesi del genere è incompatibile con la storia della testata e quindi irricevibile», scrive il cdr. A sinistra si levano cori di indignazione, da Stefano Fassina in poi. Solo l’azionista dell’Unità Maurizio Mian apre la porta: «Bisogna prendere in considerazione l’offerta della Santanchè che è una persona molto intelligente e ha grandi capacità, è una potenza mediatica e politica». Invece il direttore Luca Landò accusa Garnero di «sfruttare le crisi altrui per un po’ di pubblicità gratuita» al polo editoriale «che nasce a destra ma vuole crescere a sinistra». Sarà pure una questione politica ma a casa Santanchè, come direbbe l’amico Briatore, il business non dorme mai.