Toninelli, l’ortodosso studioso che fa le riforme M5s

Toninelli, l’ortodosso studioso che fa le riforme M5s

Nella fase due del Movimento non c’è solo Luigi Di Maio, istituzionalissimo leader in doppiopetto che tiene aperto il canale diplomatico per le riforme con Palazzo Chigi. Lungo il percorso della nuova vita stellata ci si imbatte pure nel pizzetto curato di Danilo Toninelli, vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali più noto come l’uomo della legge elettorale grillina. Al tavolo con Renzi c’è anche lui, che spiega con ossequiosa diligenza e nordico puntiglio i passaggi della proposta elettorale M5s, quel “Democratellum” che il premier ha subito ribattezzato “Toninellum”, per l’appunto. Le slide e le preferenze negative, l’eloquio senza battute nè giri di parole. Non cede al divismo dello streaming «con la sua voce da lettore del giornale radio Rai», annota Mario Albanesi su La Cosa.

Poi lo scambio di lettere col Nazareno e il lavorio silenzioso per raggiungere un compromesso con il Pd nella partita a scacchi delle riforme. Per molti Danilo Toninelli è la vera novità del Movimento che si siede a trattare dopo la batosta delle europee. Classe 1974, nato a Soresina, provincia cremonese patria del latte e del grana padano. Prima di Roma ci sono la laurea in Legge a Brescia e l’impiego in una compagnia di assicurazioni. Una villetta a Ticengo che condivide con la moglie Maruska e una Volkswagen Golf. La vita tranquilla di Toninelli fa il paio con un’onesta carriera nel Movimento tra meetup e agorà, adesso però si vedono le stelle. Piace agli attivisti, che lo inondano di complimenti. È stimato dai diarchi Grillo e Casaleggio, soddisfatti dopo gli incontri col premier.

I galloni di esperto di leggi elettorali comincia a guadagnarli da ottobre, quando depositava come primo firmatario la prima proposta di legge elettorale grillina. Poi arriva quella definitiva, assemblata a rate attraverso la piattaforma web, con le lezioni del prof Giannuli e le votazioni indette dal blog di Grillo. Il tutto sotto la supervisione del “tecnico” Toninelli. Il risultato è il Democratellum, con tanto di slide sventolate a onor di telecamere. Ma i suoi temi, per qualcuno più di testa che di pancia, il deputato li porta anche in piazza: «Se c’è una legge che incide quotidianamente sulla nostra vita è la legge elettorale», diceva qualche settimana fa armato di megafono davanti agli attivisti della provincia di Brescia.

Capello riccio, ma ordinato. Occhiali fighetti da secchione. Toninelli balla sull’ossimoro di essere l’ortodosso della prima ora che deve dialogare col governo nella fase in cui il Movimento prova a scongelarsi. Ortodosso, quindi dialogante. Sì, perché lui da sempre non è ascrivibile all’ala dissidente: figura tra i custodi del vangelo stellato, intransigente sulle espulsioni, non ha messo in discussione nemmeno l’alleanza con Nigel Farage. Ha sempre portato acqua al mulino Cinque Stelle e ultimamente lo si vede comunicatore in tv da Agorà a Giletti, da Otto e Mezzo a Porta a Porta, anche se a maggio disertava all’ultimo minuto il salotto di Vespa per andare al comizio di Grillo. Davanti alle telecamere mantiene il consueto aplomb lombardo, sciorinando soglie di sbarramento e preferenze; d’altronde la notorietà è arrivata nel giro di pochi mesi ed è stato il lavoro sulla legge elettorale a promuoverlo da ricciolone parlamentare di seconda fascia a «esperto delle riforme M5s».

A Montecitorio non bivacca sui divanetti del Transatlantico nè si attarda a fumare in cortile. La sua vita a Palazzo è una corsa a ostacoli tra Aula e Commissioni. E i dati di Openpolis palesano una discreta attività: l’80,7% di presenze alle votazioni elettroniche, 29 disegni di leggi come primo firmatario o cofirmatario più altrettante mozioni, mentre sono 48 le interrogazioni a risposta scritta che ha presentato o firmato insieme ai colleghi. Chi lo conosce bene lo descrive «preciso, tranquillo, disponibile ma soprattutto preparato, è uno che studia molto». In prima linea nella proposta grillina per il reddito di cittadinanza, ha seguito anche la riforma del regolamento della Camera, specialità tutt’altro che esaltante. Eppure sa rispondere alla seconda domanda, anche su questo. Chino sulle carte ma con un occhio all’esterno, ha una pagina Wikipedia aggiornata con dovizia certosina dal collaboratore, cremonese anche lui, Christian Di Feo. 

Duro e puro, si diceva. Nelle tappe della battaglia parlamentare non si è sottratto alle prove d’onore M5s. Anche lui fustigatore della Boldrini: «Con la ghigliottina ha violato il regolamento e la Costituzione». E prima di sedersi al tavolo con Renzi c’è stato tempo per i consueti strali. A marzo: «Il Pd è colluso con Berlusconi»; ad aprile: «L’abolizione del Senato è una balla colossale»; a maggio: «Le riforme di Renzi mettono in pericolo la democrazia». E quando la Camera approva l’Italicum annuncia: «È un omicidio della democrazia, mette il paese in mano a due capi come Renzi e Berlusconi». Fuoco pentastellato, corollario del #vinciamonoi? Eppure, assicurano da Montecitorio, «Toninelli non è il classico grillino che fa casino». E un cronista parlamentare conferma: «Sa quello di cui parla, è molto tecnico e non si ferma al politichese. Alla Camera roba del genere non è da tutti, anzi ce ne fossero come lui…»

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