Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.
Un ticket per la scuola come per la sanità
Nella mia classe di liceo qualche studente è ricco, qualcuno benestante, altri che non hanno i soldi per la merenda e per i libri. Ma se la scuola è gratis per tutti, per il ricco e per il povero, è invece costosissima per lo Stato che spende ben 7.600 euro/ anno/studente, tutti quanti, tutti uguali. Troppo per una scuola in cui l’edilizia scolastica è a pezzi, i docenti sono fra i più malpagati d’Europa, il tasso di abbandoni scolastici è da paura. Ma soldi non bastano mai. Ben vengano i finanziamenti dei privati, ma perché, come per la sanità, non finanziarla anche con un ticket da convogliare in un fondo unico cui attingere per le scuole che versano in maggiori difficoltà ambientali, formazione docenti, borse di studio, e via dicendo? Perché questa idea di un ticket per la scuola suscita tanta ostilità da parte delle forze politiche (soprattutto di sinistra)? Quale sarebbe lo scandalo? La Costituzione prevede tanto la tutela della salute che il diritto all’istruzione gratuita ma se con i nostri ticket contribuiamo al bilancio della sanità, perché non potremmo pagare un ticket per sostenere anche l’istruzione? L’obiezione che così si favoriscono gli evasori non regge perché si legifera per la fisiologia, non per la patologia. Io ho studenti ricchi e studenti poveri: perché chi è abbiente deve avere tutto gratis come chi ha poco o nulla? Equità vuol dire dare a ciascuno secondo le sue necessità mentre dando a tutti in egual misura si fa, a mio parere, la più grande delle ingiustizie.
Mirella Albano, docente, Viterbo, la Repubblica, 29 agosto
Aggiungi un posto a tavola: così si combatte il razzismo
Da Rosarno a Ferguson, dall’ex ministra Kyenge insultata per molto tempo ai “buuu” a Balotelli e alle banane che volano in campo, il razzismo è tornato alla grande (se mai se n’è andato…). Al di là delle tante (belle) parole, penso alla giornata dell’antirazzismo militante. Noi qui in Puglia, la mia famiglia, lo pratica da anni. Ogni domenica, verso mezzogiorno, estate e inverno, arriva un marocchino, che si è dato un nome italiano, parcheggia il carrettino colmo di bigiotteria e si mette a tavola con noi. Non beve vino e non mangia carne di maiale. Abbiamo imparato molte cose sugli Arabi. Il razzismo nasce anche dalla non conoscenza, che genera paura e rifiuto. Il dialogo e il confronto: ecco la via. Quando non può venire perché trattenuto in qualche mercatino, manda un altro ambulante. Va avanti da anni, andrà avanti per anni. Perché non la estendiamo a livello nazionale? Ogni domenica ogni famiglia italiana, ricca o povera, colta o no, aggiunga un posto a tavola facendo spazio al primo extracomunitario che trova sulla strada. Perché non provare?
Francesco Greco, Lecce, la Repubblica, 29 agosto
Il petrolio diminuisce, la benzina no
Il 4/6/2014 il Brent valeva 106,40 $ al barile. Con la crisi in Iraq iniziò a salire di valore per arrivare al picco di 113,59 $ al 19/6/2014. Con perfetto sincronismo il prezzo della benzina si è comportato di conseguenza. Oggi dopo più di due mesi e mezzo, per la precisione 2 mesi e 21 giorni, il barile costa 102,53 $, ma il prezzo della benzina, nei distributori vicino a casa mia, sembra inchiodato ai valori di 2 mesi fa.
Leonardo Rigotti, Torino, La Stampa, 29 agosto
Ma come fa Gaza a pensare di aver vinto la guerra?
A tregua firmata fra la Striscia di Gaza e Israele, a Gaza si festeggia come una vittoria il conflitto contro lo Stato ebraico. Mi domando come si faccia a considerare di aver vinto una guerra con oltre 2.000 morti e centinaia di case rase al suolo, senza avere ottenuto alcunché dall’avversario. E sempre che la tregua duri…
Isabella Coccolini, [email protected], Corriere della Sera, 29 agosto
Attenti: la bandiera dell’Isis è nera…
Le guerre non si scongiurano con la diplomazia, come gli Stati non si reggono con i Pater noster. Aver dimenticato questa lezione che è nostra e che abbiamo esportato in tutti continenti rende conto della pericope evangelica che nessuno è profeta in patria. La guerra è un fatti fisico e va spiegata con la fisica, come i cicloni e gli anticicloni atmosferici. La guerra è la struggle naturale dell’uomo forte contro l’uomo debole, averla ritualizzata con la diplomazia non significa che la sua sostanza non sia quella originaria. Sempre in natura, dal pesce all’uomo, chi è più debole viene fagocitato dal più forte. Se i vescovi credono solo alle preghiere per stornare l’eccidio dei cristiani, perché si appellano alla diplomazia? Le feluche contrattano la debolezza, non impediscono al forte di esercitare la sua giustizia. Lo Spirito Santo ha inviato profeti, ma noi come gli ebrei antichi li abbiamo uccisi sotto l’altare del pensiero dominante. Oriana Fallaci è morta gridando al pericolo di Eurabia, ma noi l’abbiamo sacrificata perché non era dei loro. Come Lacoonte non poteva stornare un destino che si deve compiere e l’Europa deve, forse, cadere sotto una nuova cattività babilonese (a guardare il video di arruolamento trasmesso dal Foglio). Guardare la bandiera della lotta. L’Isis sventola la bandiera nera: dopo la rossa dovrebbe far inorridire quanti hanno combattuto fascismo e nazismo.
Luca Sorrentino, Il Foglio, 29 agosto