2 settembre 2014 – Continuano le proteste a Islamabad contro il primo ministro Nawar Sharif, in carica dal maggio 2013. Da due settimane i manifestanti, che chiedono le dimissioni del premier con la mediazione dell’esercito, sono accampati davanti al parlamento. Tra sabato e domenica una folla di 25mila rivoltosi, guidata dai due leader dell’opposizione Imran Khan e Tahir ul Qadri, ha cercato di entrare nella “zona rossa” della capitale, dove sono concentrati i principali palazzi delle istituzioni. Alla fine degli scontri, il bilancio era di 500 feriti, tre morti e centinaia di arresti tra i manifestanti. Lunedì, alla notizia che l’esercito non aveva richiesto formalmente al premier di cedere, sono ripresi i tumulti. La sede della televisione di stato è stata occupata per qualche ora e migliaia di militanti si sono diretti verso la residenza ufficiale del premier. Sono stati fermati, ma, vista l’entità della protesta, le forze di polizia a difesa sono state sostituite dall’esercito.
La situazione in Pakistan, governato per metà dei suoi 67 anni di storia da generali, si spiega solo se si capisce il ruolo dei militari. Sono in molti a pensare (ufficiosamente anche lo stesso governo) che dietro le proteste ci sia la mano dell’esercito, ostile a Sharif per la sua politica di appeasement verso l’India, per la titubanza con cui affronta i talebani asserragliati nel Nord del paese e per il processo avviato contro l’ex capo di stato, il generale Musharraf.
D’altra parte, come spiega una fonte del Wsj, familiare con le istituzioni militati pakistane, i militari non chiederebbero mai direttamente al premier di ritirarsi, per non trasformarlo in un martire politico. Inoltre, un colpo di stato in questo momento metterebbe a rischio i circa tre miliardi di dollari di aiuti annui che gli Usa versano al Pakistan.
Riproponiamo la nostra analisi del 18 agosto scorso sui protagonisti e le tappe delle proteste.
I protagonisti
Imran Khan è un ex giocatore di cricket. Con lui, la nazionale pakistana ha vinto la Cricket World Cup nel 1992. Da quando è andato in pensione, Imran Khan si è dedicato interamente alla politica e nel 1996 è diventato il presidente del partito Pakistan Tehreek-e-Insaf, Movimento per la giustizia.
Imran Khan durante un discorso a Islamabad il 18 agosto (AAMIR QURESHI / Getty Images)
Tahir ul Qadri è un illustre leader dell’islam moderato (è studioso di sufismo) con base in Canada e cittadinanza canadese e pakistana. Insegna Legge costituzionale alla Università del Punjab ed è stato membro dell’Assemblea nazionale fino al 2004. Dal dicembre 2012, quando ha fatto ritorno in Pakistan dal Canada, Qadri ha iniziato la sua campagna politica per protestare contro la corruzione del governo.
Il predicatore sufista Qadri a Islamabad il 18 agosto (FAROOQ NAEEM / Getty Images)
Imran Khan e Tahir ul Qadri non sono formalmente alleati.
L’inizio delle proteste
Khan e Qadri sono alla guida di due grossi e separati movimenti di protesta partiti da Lahore, capoluogo della popolosa regione del Punjab, e giunti negli ultimi giorni a Islamabad, la capitale del Paese. Hanno guidato migliaia di persone per manifestare contro il primo ministro Nawaz Sharif, presidente della Lega musulmana pakistana regolarmente eletto nel 2013 (stime parlano di 55 mila persone).
Supporter di Imran Khan protestano a Islamabad il 17 agosto 2014 (AAMIR QURESHI / Getty Images)
Khan e ul Qadri hanno unito le forze il 14 agosto, in occasione delle celebrazioni per la Giornata dell’Indipendenza, quando entrambi i cortei sono arrivati a Islamabad.
Supporter del predicatore Qadri si radunano a Islamabad il 18 agosto (FAROOQ NAEEM / Getty Images)
All’alba di giovedì 14 agosto, Giornata dell’indipendenza, la polizia ha compiuto una serie di arresti nella provincia del Punjab per evitare che i supporter di Khan e Qadri si unissero alle manifestazioni di Islamabad. Nella notte tra il 13 e il 14 agosto almeno 150 persone sono state tenute in carcere, come riferisce la polizia.
Il premier pakistano Nawaz Sharif ( OLI SCARFF / Getty Images)
Mercoledì 20 agosto decine di migliaia di manifestanti marciano di fronte al Parlamento, dentro la “zona rossa” di Islamabad dichiarata inviolabile dal governo. I manifestanti hanno divelto il filo spinato che circondava tutta la zona rossa.
Le cause
Imran Khan accusa di broglio elettorale Nawaz Sharif, uscito vincitore per la terza volta dalla elezioni del 2013 ottenendo 190 seggi parlamentari su 342. Nella stessa occasione, Khan ha ottenuto 34 seggi nonostante avesse meno esperienza politica, facendo del suo partito, il Movimento per la giustizia, il secondo gruppo di opposizione.
Tahir ul Qadri accusa di corruzione il governo civile eletto nel 2013 e chiede di sostituirlo con un governo di tecnocrati. Chiede cambiamenti costituzionali per porre fine alla presa dei ricchi proprietari terrieri e uomini di affari sulla politica del Paese.
La popolazione protesta anche contro gli alti tassi di disoccupazione, l’alto numero di crimini e i frequenti blackout.
Il contesto
Le manifestazioni di protesta si inseriscono in un momento storico particolare del Paese. Il governo sta portando avanti da mesi un’offensiva contro i miliziani dei Taliban del Pakistan, mentre cresce nel Paese l’influenza di gruppi anti-occidentali e settari.
Secondo il Financial Times, la situazione attuale di crisi potrebbe aprire la strada a un ritorno dell’esercito del Pakistan, che ha dominato la politica del Paese per almeno metà dei 67 anni di indipendenza nazionale.
Secondo alcuni osservatori, il Generale Raheel Sharif, capo dell’esercito, potrebbe costringere il premier Sharif a lasciare il campo all’opposizione.
«L’esercito considera suo dovere preservare l’unità del Paese», spiega un generale in pensione intervistato sotto anonimato dall’Ft. «Ogni accenno di violenza fuori controllo nell’unico Paese musulmano armato della bomba atomica scatenerà una presa di potere», dice.
Non sorprende quindi che il fratello più giovane del premier Sharif sia corso nei giorni scorsi al presidio dell’esercito, a Rawalpindi, per una discussione di emergenza con il capo dell’esercito con lo scopo di fermare le proteste.
Mercoledì 20 agosto l’esercito è intervenuto chiedendo di aprire un tavolo per risolvere le tensioni politiche. Lo stesso giorno decine di migliaia di manifestanti marciano di fronte al parlamento, dentro la “zona rossa” dichiarata inviolabile dal governo.
Islamabad, container bloccano la strada a un corteo anti governativo il 17 agosto (AAMIR QURESHI / Getty Images)
La mappa delle proteste
I due cortei di protesta sono entrati nella zona rossa di Islamabad, che il governo aveva dichiarato inviolabile martedì 19 agosto. Qui infatti si trovano i ministeri, la Corte suprema e le ambasciate straniere.
Come riferiva Al Jazeera, il governo aveva affermato che Khan e Qadri erano liberi di dimostrare pacificamente ma che non sarebbe stato loro permesso di entrare nella zona rossa. Khan aveva detto in un’intervista alla testata qatariota lunedì 18 agosto, che la marcia si sarebbe tenuta ad ogni costo, anche se dovesse costare vite umane.