TaccolaL’aiutino dei notai ai giovani bocciato dall’Antitrust

L’aiutino dei notai ai giovani bocciato dall’Antitrust

Un “aiutino” di 30-50mila euro all’anno dagli studi notarili più grandi a quelli più piccoli. È quello che si proponeva di fare un’associazione di Treviso che comprende a oggi 46 studi notarili, il 70% di quelli attivi nella provincia. Secondo l’Antitrust, però, questo contributo non si può fare: i giovani notai, beneficiati dai colleghi maggiori, secondo l’autorità perderebbero qualsiasi incentivo a fare una vera concorrenza, abbassando le tariffe e ricorrendo alla comunicazione. Così ha deciso il provvedimento dell’Agcm di lunedì 18 agosto, che ha dato il disco rosso allo statuto dell’associazione, comprese le modifiche che erano state proposte.

L’Unione e il contributo del 30%

Il meccanismo dell’Unione mutualistica tra notai del Veneto, o Umnv, era semplice: ogni studio associato, grande o piccolo, sarebbe stato tenuto a versare il 30% del totale annuo degli importi indicati nel suo repertorio degli atti tra vivi, i quali corrispondono grosso modo a un quinto del fatturato medio di uno studio. L’ammontare complessivo sarebbe stato suddiviso in parti uguali tra tutti gli studi, con l’effetto di un contributo verso quelli più piccoli da parte di quelli maggiori. Da una simulazione dell’Antitrust è emerso che, tra i 46 studi coinvolti, i cinque “più affermati” avrebbero versato ciascuno un contributo netto tra i 3mila e i 10mila euro al mese. Nel 2011, secondo la simulazione, il conto sarebbe stato di 87mila euro, nel 2012 di 65mila euro e nei primi nove mesi del 2013 49mila euro. Di contro i cinque studi più piccoli avrebbero ricevuto, negli stessi anni, un introito netto di 49mila, 40mila e 32mila euro ciascuno. Cifre che potevano essere ampiamente superiori al loro fatturato annuo. Una vera manna, per certi versi, ma la cui logica non è andata giù all’Agcm.

I notai? Sono un’impresa

I notai “sono considerabili come imprese”, ha spiegato l’Antitrust: anche se agiscono perseguendo un interesse generale, non sono gli unici professionisti a farlo; anche se il loro numero è regolato da leggi, i clienti possono scegliere liberamente da chi andare. Quindi “esercitano un’attività economica in condizioni di concorrenza”, oltretutto senza più le tariffe minime previste per legge. È per questo che un contributo del genere dagli “affermati” ai “giovani”, secondo l’autorità di tutela del mercato, sarebbe stato un «significativo disincentivo per i secondi ad attuare politiche commerciali competitive nei confronti dei primi, ad esempio in termini di minori prezzi e/o maggiore qualità o innovazione dei servizi notarili offerti, dato il loro verosimile interesse a non perdere i benefici connessi alla partecipazione all’associazione». A farne le spese, quindi, sarebbero stati i consumatori, che, nonostante l’abolizione delle tariffe minime già da qualche anno, raramente hanno visto in atto una concorrenza basata sul prezzo del servizio.

La minaccia di espulsione

Secondo l’autorità la possibilità che l’associazione potesse espellere chi «in qualunque modo danneggia moralmente o materialmente l’Associazione» era inoltre una minaccia, seppur implicita, nei confronti di chi volesse davvero pestare i piedi ai colleghi più noti.

Nel distretto di Treviso stanno per entrare nuovi notai, perché è previsto un aumento del 15% dei posti in pianta organica dal 2016. Proprio i nuovi entranti, in ogni mercato, spiega l’Agcm, hanno l’esigenza di affermare e consolidare la propria presenza ed è quindi da loro che «provengono le spinte verso un maggior dinamismo concorrenziale e l’alterazione di equilibri consolidati». Proprio questa logica ha portato, nel 2012, sotto il governo Monti, all’aumento del numero di notai.

Effetto domino evitato?

All’associazione di Treviso, che si è costituita nel 2012 ma che stava aspettando il parere dell’Antitrust per diventare operativa, hanno già aderito sette notai su dieci del distretto di Treviso. Per l’autorità, se l’associazione si fosse affermata si sarebbe creato un effetto domino, perché «diverse realtà notarili di altre regioni d’Italia” stavano monitorando la fine della vicenda “al fine di una sua possibile replica in altri contesti territoriali».

L’Umnv, di fronte alle prime richieste dell’Antitrust, ha proposto quattro modifiche allo statuto, tra cui un tetto di 50mila euro all’anno che gli studi piccoli avrebbero potuto ricevere, ma l’Authority le ha ritenute insufficienti. Nessuna sanzione economica è stata comminata, soprattutto perché l’Umnv si è rivolta all’Antitrust prima di divenire operativa, ma l’intesa va considerata vietata.  

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