TaccolaMosca chiude i McDonald’s, Cremonini col fiato sospeso

Mosca chiude i McDonald’s, Cremonini col fiato sospeso

Le immagini sono rimaste nella memoria di molti e sono diventate un simbolo del crollo dell’Unione Sovietica: la coda interminabile dei moscoviti per entrare nel primo McDonald’s nel Paese. Era il 1990 e le persone in fila diedero una plastica dimostrazione della loro voglia di accedere ai consumi di tipo occidentale. Ventiquattro anni dopo, il McDonald’s nei pressi di piazza Pushkin è tornato a essere considerato un simbolo: in questo caso della guerra commerciale tra Russia e Occidente in seguito alla crisi in Ucraina. 

Immagini di repertorio: Mosca, 1990, le code in occasione dell’apertura del primo McDonald’s nel Paese, allora ancora Unione Sovietica

Quello che è diventato nel frattempo il maggior punto vendita di McDonald’s nel mondo, è stato chiuso dalle autorità locali, assieme ad altri tre locali di Mosca, ufficialmente per ragioni sanitarie, non meglio specificate. Il New York Times, in un servizio dalla capitale russa, ha riportato i commenti dei clienti rimasti fuori dai locali, sottolineando come nessuno abbia creduto neanche per un minuto alla versione ufficiale. Uno dei moscoviti interpellati dal quotidiano statunitense, la signora Kolbasina, 56 anni, ha affermato di aver passato in prima persona due ore in coda per entrare nel locale il giorno dell’inaugurazione, il 31 gennaio 1990, andando con suo figlio, ora trentenne. 

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Un video che descrive l’interno del locale di McDonald’s di piazza Pushkin a Mosca, chiuso dalle autorità per motivi sanitari

Il messaggio è infatti subito apparso chiaro: una ritorsione contro la decisione della catena americana chiudere i propri tre ristoranti in Crimea, dopo l’annessione della penisola da parte della Russia. In seguito i locali in Crimea sono stati ribattezzati Rusburger, una mini catena dai connotati nazionalistici: i Big Mac, come ha spiegato oggi il Corriere della Sera, sono stati sostituiti dagli “EchPochMak”, triangolini ripieni di carne e patate, inventati in Tatarstan. La reazione non si è fermata a questo e si è rapidamente estesa ai quattro McDonald’s di Mosca. Fonti della società in Italia fanno sapere che sono in corso dei controlli delle carte da parte di McDonald’s Russia, allo scopo di riaprire il più rapidamente possibile i quattro punti vendita. Confermano anche che si stanno svolgendo controlli in molti altri locali. Nel Paese ce ne sono 437, e questo fa capire la portata del rischio economico che McDonald’s corre. 

Ma a rimanere con il fiato sospeso, in queste ore, sono anche i vertici di un gruppo italiano: Cremonini. Attraverso la sua società Marr Russia, specializzata nella produzione di carne bovina, è fornitore di McDonald’s in tutta la Russia. L’azienda di Modena era presente con esportazioni già dal 1985, in pieno periodo sovietico, ma la svolta russa è arrivata dopo la crisi del 2008. Il 2 febbraio del 2010 la società ha inaugurato uno stabilimento alla periferia di Mosca con un potenziale di produzione di 35-40mila tonnellate all’anno di hamburger. In altri termini, si parla di 80mila hamburger all’ora, destinati, in buona parte, proprio a Mcdonald’s. L’impianto, che è anche una base di distibuzione, sorge su un’area di 25.000 mq, si sviluppa su tre piani per 26.000 mq di superficie coperta complessiva, e dà lavoro a circa 400 persone. Per la sua costruzione l’investimento fu di 100 milioni di euro. 

Quello dello stabilimento di Mosca è stata, tuttavia, solo il primo passo della presenza di Cremonini in Russia. Le piattaforme di distribuzione oggi sono cinque. Non si vende solo carne, ma anche formaggi e saluti (freschi), pesce e verdure (congelati e surgelati). I clienti sono tremila e il fatturato sul mercato russo è arrivato a oltre 250 milioni di euro (erano 140 milioni nel 2009), con un Ebitda di circa 25 milioni di euro (+25% rispetto al 2012).

Nel 2012, come ha ricordato un’analisi di Libero, «Vincenzo Cremonini, l’ad del gruppo, e il vice presidente di Sberbank Maxim Poletaev firmano a Mosca un accordo di cooperazione strategica della durata di cinque anni. Il documento è finalizzato a sostenere nei prossimi anni lo sviluppo in Russia delle attività di distribuzione alimentare e di ristorazione in concessione. È stato di fatto il primo accordo (38 milioni di euro) in Russia con un’azienda straniera». Nei prossimi anni saranno costruiti altri macelli. Le strutture avranno una capacità di 50.000 capi all’anno, ma con la flessibilità produttiva richiesta dal governo di Mosca. 

Di quest’anno altri due colpi: Inalca e la società d’investimenti austriaca Knightsbridge Group, attraverso Cascade International Holding, hanno siglato una partnership strategica per sviluppare assieme le attività di distribuzione alimentare e produzione di carne nei mercati dell’Eurasia (oltre alla Russia, Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Ucraina, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan). È stata creata Inalca Eurasia Holdings, che controllerà tutte le attività sviluppate attualmente da Inalca in Russia. La società, controllata al 60% da Inalca, sarà partecipata al 40% da Cascade International (Knightsbridge Group, che ha investito circa 60 milioni di euro nel progetto, corrispondenti ad un equity value di oltre 150 milioni di euro).

Il secondo colpo riguarda i treni: Cremonini, attraverso la propria società dedicata alla ristorazione commerciale, Chef Express, ha siglato lo scorso 19 giugno un accordo con Ferrovie Russe per sviluppare i servizi di ristorazione nel settore. Le Ferrovie Russe hanno una rete ferroviaria di 85.200 km, oltre 1 milione di dipendenti, 1 miliardo di passeggeri all’anno e 1,2 miliardi di tonnellate di merci trasportate.

Per questo motivo Cremonini è tra le aziende più preoccupate dalle sanzioni economiche decise dall’Ue e dalle conseguenti contro-sanzioni disposte da Putin. A rischio non dovrebbero tanto esserci le produzioni in Russia, quanto gli approvvigionamenti da Paesi occidentali. La minaccia di ritorsioni su larga scala nei confronti dei McDonald’s avrebbe invece effetti devastanti, anche se non sembra probabile che si vada oltre provocazioni simboliche. L’azienda è stata contattata ma non è stato possibile raccogliere un commento sui rischi potenziali in Russia. 

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