TaccolaRetail, l’anno della selezione

Retail, l’anno della selezione

I retailer si sono fatti sempre più choosy, direbbe qualcuno. Nella scelta su dove investire per aprire punti vendita non è più tempo di prove e azzardi. Meglio andare sul sicuro: grandi città turistiche, centri commerciali con architetture interessanti e buoni servizi per i clienti, grandi outlet dei gestori principali, e soprattutto i “ghetti di lusso”, dove i marchi sono ancora disposti a svenarsi pur mettere una bandierina. Se le maglie del retail si sono ristrette da qualche anno, «il 2014 è stato l’anno della selezione». A dirlo è il pool di esperti del settore che hanno partecipato all’indagine “Retail Trends 2014”, a cura dello Studio legale Cocuzza e associati di Milano.

Quest’anno, si legge, «seppure gli investimenti non siano mancati ed anzi stiano – come sottolineano i maggiori operatori del settore – aumentando, questi si sono rivolti soprattutto verso immobili di particolare qualità o in grado di distinguersi. In questo contesto, asset di pregio in zone commerciali prestigiose continuano a trovare investitori interessati, mentre zone periferiche o semi periferiche affrontano ancora un trend ribassista, con numerose vacancies».

Nord e Sud, per il retail mondi separati

La prima grande differenza è geografica. I negozianti e gestori di catene di negozi confermano la preferenza per Milano come prima destinazione. «L’Expo comincia a far sentire il suo effetto su Milano – sottolinea, nello studio Retail Trends 2014, Sabrina Boldrocchi, di Fashion & Retail – ma le aziende si sono mosse troppo tardi e ora vogliono tutto e subito». 

Non c’è solo l’Expo, perché il capoluogo lombardo viene identificato da sempre come il punto di partenza per l’avvio di progetti retail, sia da parte dei grandi gruppi internazionali che delle catene italiane. La città viene definita «l’unica veramente europea in termini di pubblico e di rendimenti degli spazi commerciali». 

Fuori da Milano, la variabile che fa decidere se investire o meno nell’apertura di negozi è il turismo. Così Roma, che ha visto crescere i suoi turisti – i quali dovrebbero aumentare ancora in base al piano industriale di Alitalia-Etihad – ha registrato un recupero degli investimenti. Importanti operatori hanno aperto i propri negozi di rappresentanza, o “flagship store”. «A Roma i clienti sono soprattutto turisti – segnala Luca de Ambrosis Ortigara di DeA Real Estate Advisors – e gli investimenti si concentrano nelle aree in cui c’è maggiore passaggio di questo target». 

In questo contesto mantengono un forte interesse, soprattutto per gli operatori stranieri, Venezia, Firenze e Verona. Anche Bologna e i centri provinciali del Nord Italia sono entrati in una fase di recupero per location di particolare pregio. 

fonte: Retail Trends 2014, Studio legale Cocuzza & associati

Tutto diverso il discorso per il Meridione e le Isole. Si salvano, spiega Rodolfo Rustioni di Rustioni & Partners, le zone di pregio delle principali città in grado di garantire flussi turistici interessanti. Taormina, in Sicilia, e Porto Cervo, in Sardegna (dove ci sono stati cospiscui investimenti di investitori arabi e dove potrebbero esserci quelli futuri di Harrods), sono tra questi. In futuro è possibile che in località di questo tipo, di villeggiatura e dalla bassa stagionalità, si possano affermare modelli commerciali nuovi che siano un mix tra presentazione di prodotti e shop temporanei. 

Fuori dai poli del turismo di lusso del Sud, solo Catania ha dato segni di recupero, ma soprattutto per una sostanziale riduzione dei canoni e per la disponibilità di diversi asset di pregio. 

I ghetti del lusso

In un mercato che è sempre più polarizzato, il segmento più dinamico, segnala Luca de Ambrosis Ortigara, è «il super lusso, ovvero il segmento altissimo. Il turismo  dello shopping vuole il meglio ed è disposto a pagare. È proprio per accaparrarsi i migliori spazi, nelle più rinomate vie della moda, che i grandi marchi sono pronti a investire». Emblematico è il caso della Galleria Vittorio Emanuele di Milano, che ha visto una serie di transazioni a valori molto alti. L’ultimo ingresso è stato quello di Versace, che si è fatta carico anche di parte dei restauri del “salotto di Milano”. Un metodo, secondo Sabrina Boldrocchi di Fashion & Retail, che potrebbe servire da modello, sia per le amministrazioni che per le grandi firme.    

Centri commerciali e outlet: un affare da happy few

I centri commerciali, e in particolare gli ipermercati che ne costituiscono le “àncore commerciali”, hanno subito nettamente i colpi della crisi, sebbene in misura diversa. Anche oggi, commenta Simone Burasanis, «le richieste sono soprattutto collegate a centri commerciali dominanti, con almeno cento negozi e 40mila metri quadrati, mentre i piccoli centri commerciali probabilmente subiranno un processo di selezione».

A funzionare, sostiene Raffaele Tarozzi di Rdc, sono tutti i centri commerciali «nati con architetture interessanti e servizi per i clienti come Gran Reno (di Casalecchio di Reno, Bologna, ndr), Fiordaliso (di Rozzano, Milano, ndr), l’Oriocenter di Orio al Serio, le Befane di Rimini». «Gli altri stanno sopravvivendo e dovranno probabilmente re-inventarsi nel prossimo futuro».

Stesso discorso per gli outlet: dopo lo sviluppo dell’inizio degli anni Duemila, è arrivato il momento della selezione. «McArthurGlen e i grandi outlet dislocati in posizione strategiche vanno bene – segnala Thomas Casolo di Cushman & Wakefield – quelli di dimensioni medie o i piccoli stanno soffrendo».

«Quello degli Outlet – segnala Maristella Brambilla di Montenapoleone 18 – è un mercato interessante ma congestionato. In questa fase vengono premiati gli outlet in grado di offrire ricreazione, divertimento e una shopping experience strutturata. In questo senso – conclude Maristella Brambilla – diventa sempre più strategica la sinergia che i gestori riescono a creare con il territorio al fine di inventare offerte ricreative strutturate e fruibili dagli ospiti degli Outlet».

Così oggi, dopo il trend di sviluppo degli ultimi anni, ci sono solo tre progetti: San Pellegrino a nord di Bergamo, Torino Outlet Village e Scalo Milano, a Opera.  

Retail park e città: city manager cercansi

Un punto di domanda riguarda invece di retail park, i centri commerciali caratterizzati da diversi “big box”, o capannoni, tra loro separati. Hanno costi di gestione bassi, sottolinea Roberto Marchetti di Cogest, e potrebbero avere uno sviluppo per la grande presenza di asset ex industriali che potrebbero essere riconvertiti. Ma per Raffaele Tarozzi di Rdc Retail, la situazione italiana è peculiare e non paragonabile con alcuna esperienza europea. «L’Italia – sottolinea – è ricchissima di centri storici e ha una realtà commerciale estremamente distribuita. È possibile immaginare che per il futuro, investitori e amministrazioni possano trovare il modo di recuperare spazi commerciali urbani, magari anche vecchi mercati coperti, in un’ottica di retail park orientati a clientela di buon livello». A questo proposito, sottolineano gli esperti, manca in Italia una figura del City Manager: un operatore qualificato in grado di essere il coordinatore delle istanze di vari stakeholder, e che possa diventare un punto di riferimento per i retailer. Figure che all’estero hanno consentito di ottenere importanti risultati da un punto di visto organizzativo. 

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