Torna l’autunno. E rischia di diventare caldo per la sinistra italiana, o almeno per quello che ne resta. È l’eredità del Pci, frammentata tra Pd, Sel, Movimento Cinque Stelle, sindaci arancioni, l’ormai scomparsa Lista Tsipras, pezzi sindacati e persino i redivivi centri sociali. La “cosa sinistra”, come qualcuno l’ha ribattezzata in questi anni, ha ricominciato a muoversi. Del resto, per dirla come Pippo Civati, tra i tanti leader della minoranza democratica, «fino a questo momento l’unico che si è scisso è stato Renzi, dal programma del 2013 e dalle primarie dello scorso anno».
L’impronta “liberal”, per altri democristiana, data dal segretario e premier inizia a farsi sentire. Sull’articolo 18 lo scontro è ormai aperto. Intanto hanno ricominciato a spirare i venti di scissione, adesso avvalorati dal presunto calo di iscrizioni e di tessere proprio nel Pd. Si parla di un Massimo D’Alema tentato dal creare qualcosa di nuovo, lo stesso Civati ha iniziato a dialogare con Nichi Vendola, il leader di Sel. La manifestazione in piazza Santi Apostoli a Roma di sabato 4 ottobre ne è la plastica rappresentazione. «Se Renzi ha fatto il patto del Nazareno, vuol dire che noi faremo il patto degli Apostoli» scrive Civati sulla sua pagina Facebook.
È un amalgama strano, incerto, fatto di troppe fazioni, ostilità e leader, che potrebbe prendere corpo nei prossimi mesi. Anche se c’è chi non ci scommetterebbe neanche un euro. Per lo stesso Renzi liberarsi di queste minoranze sarebbe una panacea per formare un partito leggero, a sua immagine e somiglianza. Tutto si incrocia con la fine della stagione dei sindaci arancioni del 2011, con Luigi De Magistris ormai deposto e un Giuliano Pisapia sempre più in ombra e in difficoltà sulla partita per l’Expo 2015. Senza dimenticare i problemi all’interno del Pd, partito al 40 per cento ma sempre più in crisi d’identità. Al Nazareno volano gli stracci già da qualche mese e il taglio del finanziamento pubblico alla politica sta solo aumentando lo scontro. Servono soldi e chi ha in mano ancora le casse del vecchio Pci è la ditta ex Ds.
Ugo Sposetti, storico ex tesoriere, si scorna ormai da settimane con la nuova dirigenza dem, tra i vari Francesco Bonifazi e Matteo Orfini. La fondazione che ha in pancia gli immobili, più di 57 e gli archivi del comunismo italiano, è preziosa quanto custodita avidamente. Si mormora che Sposetti stia mettendo il naso pure sui destini de l’Unità – storico giornale di Enrico Berlinguer ora chiuso – oggetto degli appetiti più diffusi, persino del banchiere milanese Matteo Arpe. Il quotidiano dedicato ad Antonio Gramsci è una metafora della spaccatura. Tra chi vorrebbe renderlo filo renziano e chi invece vorrebbe farne una nuova arma per future battaglie a sinistra.
Il problema sono sempre i soldi. E le idee da mettere in campo. Sarà un caso ma negli ultimi giorni hanno ricominciato a muoversi personaggi come Paolo Ferrero, tutt’ora segretario di Rifondazione Comunista, un partito ormai scomparso persino nei sondaggi. Gira l’Italia presentando il suo libro La truffa del debito pubblico. Era a Milano venerdì alla Cascina Cuccagna, locale radical chic arancione nella città amministrata da Pisapia. In un’intervista sul suo sito Ferrero si augura che presto nasca un nuovo partito della sinistra, partendo dalla Lista Tsipras. «Adesso si tratta di percorrerla costruendo – a partire proprio dall’esperienza della lista – un soggetto politico unitario della sinistra. Non si tratta di fare un partito unico, non ve ne sono le condizioni. Si tratta di costruire un soggetto plurale in cui tutte le anime e le esperienze della sinistra antiliberista possano confluire per costruire un punto di aggregazione».
Allo stesso tempo a Milano hanno ricominciato a muoversi i centri sociali. Se negli ultimi mesi era stato il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo a intercettare un certo disagio giovanile, in vista dell’Expo 2015 nel capoluogo lombardo stanno a poco a poco ricominciando le proteste in strada. Gli sgomberi del comune arancione degli ultimi mesi non sono piaciuti, a quanto pare Pisapia non è più apprezzato come qualche anno fa. E sabato 4 ottobre è stato occupato uno spazio, un nuovo spazio sociale, nel quartiere di Baggio.
Aperitivi No Expo, dissidenza, il tutto nel nome di Mendel, «un partigiano Milanese. In sua memoria nella terza Brigata Garibaldi era stato fondato il Battaglione Mendel, operativo a Baggio». E poi gli occupanti concludono: «Viviamo il vuoto di politiche reali per la creazione e costruzione di spazi popolari di socialità, di aggregazione, di produzione culturale e artistica sganciati dalle regole del commercio, autogestioni, per questo liberi da vincoli istituzionali. I bandi, tanto sbandierati dalla giunta arancione, hanno dimostrato di non essere la soluzione». E mancano solo sette mesi all’Expo 2015.