La storia di Piero Ciampi, nel panorama musicale italiano, è la storia di un paradosso: è stato uno dei più grandi della musica italiana d’autore, eppure non se lo ricordano più in molti.
Ciampi è stato il padre putativo — e riconosciuto — di quella parte della musica italiana d’autore che ha raccontato il disagio e insieme la tenerezza delle classi subalterne, quella parte profondamente anti borghese, quella parte che è diventata di culto grazie a Fabrizio De André, uno che Piero Ciampi non l’ha mai rinnegato — insieme a Gino Paoli, che gli era stato amico. Ma è stato dimenticato, forse addirittura rimosso, così come ci si rimuove il ricordo degli amici d’infanzia inseguiti per troppo tempo — e troppo vicino — dall’inquietudine per accettare i compromessi della vita borghese, e troppo fedeli a se stessi per rinnegarsi.
Era questa la sua grandezza, e probabilmente l’oblio che lo attornia è proprio il prezzo che sta pagando per quella grandezza: era una figura troppo complessa per l’Italia, un paese che all’epoca delle sue più grandi canzoni voleva raccontarsi meglio di quella che era. Ciampi invece era troppo lucido per mentire, lui che a Parigi suonava per due franchi, frequentava di tanto in tanto Louis Ferdinand Céline, ascoltava Georges Brassens molto prima fosse tradotto e importato, alla grande, da De André.
C’è un altro personaggio del mondo artistico italiano che può ricordare, per certi versi, Piero Ciampi. È un suo conterraneo, è Luciano Bianciardi. Un cantautore livornese, Ciampi, e un intellettuale grossetano, Bianciardi. Entrambi lucidissimi nel raccontare l’ipocrisia italiana — provincia che si crede capitale, povera che si crede ricca, puttana che si crede nobildonna — ma entrambi anche schiavi della propria lucidità e della propria fedeltà a se stessi, fedeltà che hanno pagato con la pena peggioredel mazzo: l’emarginazione.
1. Adius
2. Confesso
3. Alé Alé
4. Te lo faccio vedere chi sono io
5. Andare camminare lavorare
6. Il giocatore
7. Conphiteor
8. Ho le tasche sfondate
9. Ho bisogno di vederti
10. Raptus