Seppe così la strana caratteristica di quell’ospedale.
I malati erano distribuiti piano per piano a seconda della gravità.
Il settimo, cioè l’ultimo, era per le forme leggerissime.
Il sesto era destinato ai malati non gravi ma neppure da trascurare.
Al quinto si curavano già affezioni serie e così di seguito, di piano in piano.
Al secondo erano i malati gravissimi.
Al primo quelli per cui era inutile sperare.
Prologo: la Masìa
La storia del piccolo Bojan, il cigno divenuto brutto anatroccolo, ha inizio nell’anno del signore 2005. Il Barcellona FC si avvia a trionfare con baldanza e senso di predestinazione sia in Champions League che in campionato. La stella di Ronaldinho, da qualche anno il simbolo dei blaugrana, è all’apice del suo fulgore, ma i lungimiranti dirigenti del club, sempre attenti agli equilibri di marketing e di immagine, lavorano alla successione. Perché il sistema Barça, més que un club, è un regno e come ogni regno deve garantire l’intrattenimento e la sopravvivenza della casata. Così era stato negli ultimi dieci anni: Romario, Ronaldo, Rivaldo e appunto Ronaldinho gaucho avevano garantito a società e tifosi oltre dieci anni di vacche grasse. Poco importa se la casata emersa era originaria del Brasile. I Severi erano nord-africani ma nessuno glielo fece mai pesare troppo. E pazienza se la teoria del comando catalana era incappata in almeno due clamorosi errori di valutazione: il canterano Ivan De la Peña, nome e piedi da predestinato ma naufragato clamorosamente alla distanza, ed “El mudo” Riquelme, prelevato dal Boca per sostituire Rivaldo nella stagione 2002-2003 e poi ignominiosamente bistrattato dal generale olandese Van Gaal. Due incidenti di percorso, due sacrifici in nome della ragion di stato, abilmente rimossi dalla mitologia interna del club.
Ma torniamo al 2005. Alle spalle del re gaucho scalpita l’allora diciottenne principe ereditario Lionel Messi. Argentino di nascita ma prodotto della Masìa, talento da predestinato e a differenza del suo “superiore” disciplinatissimo, Leo diventerà di lì a poco il giocatore, a torto o a ragione, più apprezzato del mondo. Fino a qui tutto bene. Si da però il caso che negli stessi anni si faccia strada, tra i canterani , un giovane pretendente al trono, intorno al quale si diffondono leggende e presagi di gloria tra cui l’eco di oltre 900 gol nelle varie categorie giovanili. Figlio di Bojan Krkic senior, ex calciatore serbo divenuto osservatore del Barça, il giovane Bojan è nato in Catalogna ed è nel club da quando ha appena otto anni. Se qualcuno gli avesse chiesto quali erano i suoi piani per il futuro, forse avrebbe risposto che si accontentava di giocare in prima squadra. Ma al proprio destino non si può sfuggire. Piccolino, rapidissimo, con piedi buoni, la chioma liscia e lunga, il volto acqua e sapone, il nome esotico (ma non troppo) abbinato alla parlata catalana garantiscono il profilo perfetto della Catalogna moderna, cosmopolita ma fiera delle proprie tradizioni. Ronaldinho, poi Messi, poi Bojan. La successione della casata è assicurata. Il futuro è scritto.
Settimo piano: Barcellona
I mobili erano chiari e lindi come la tappezzeria, le
poltrone erano di legno, i cuscini rivestiti di policrome stoffe.
La vista spaziava su uno dei più bei quartieri della città.
Tutto era tranquillo, ospitale e rassicurante.
Nella stagione ’06-’07 Bojan si sottopone al rituale che spetta a tutti i canterani destinati alla gloria: il passaggio nelle file del Barça B, allora nella terza divisione spagnola. A differenza di Messi, Xavi, Iniesta (rimasti tre anni ciascuno nelle formazioni delle riserve) il serbo-catalano lo fa più per rispetto alle tradizioni o per vezzo che perché pensi di averne davvero bisogno. Un po’ come i rampolli Agnelli che venivano spediti tre mesi in catena di montaggio alla Piaggio di Pontedera sotto falso nome. Bojan, che non ha ancora diciassette anni, segna 10 reti in 22 partite, cui si sommano 20 partite e quasi altrettante reti nella Under 17 spagnola. Lo stesso anno, in prima squadra, Messi comincia a imprimere in maniera più decisa la sua impronta.
La successione con Ronaldinho, propedeutica alla futura intronizzazione dello stesso Bojan, è già avviata e si concretizza in modo eclatante l’anno seguente, stagione ’07-’08. Complice anche un infortunio che blocca il brasiliano per oltre metà della stagione, Bojan è lanciato stabilmente nella squadra principale, giocando e andando a segno in campionato, coppa di Spagna e Champions. La macchina Barça lo inserisce alla perfezione, ma lui ci mette del suo, si direbbe. È il più giovane esordiente della storia del club nella Liga e gioca un totale di 48 partite con 12 reti. A fine stagione, neanche diciottenne, batte il record di segnature nella stagione d’esordio della Liga, 10, che apparteneva nientemeno che a Raul. Arrivano anche l’esordio in Under 21 nella rappresentativa non-FIFA della Catalogna (altro rituale obbligatorio per gli aristocratici catalani) e le voci di un convocazione in nazionale maggiore. Sembra solo l’inizio.