Sono voci fuori dal coro. Stonano rumorose, interrompendo il lungo flusso di ringraziamenti. Eppure si sentono. Sono le parole di chi festeggia l’addio di Giorgio Napolitano al Colle. Le dichiarazioni di chi il presidente della Repubblica lo ha sempre avversato, e oggi celebra irriverente le sue dimissioni.
Tra i continui attestati di stima e affetto, rappresentano una percentuale minima. Eppure sono impossibili da non notare. Adesso qualcuno chiede persino a Napolitano di rinunciare al suo scranno di senatore a vita, uscendo definitivamente dalla vita politica italiana. «Salutiamo il presidente Napolitano che ha giustamente dato le dimissioni dopo essere stato costretto dai partiti a risalire sulla sua poltrona – scrivono pochi minuti dopo l’addio i capigruppo del Movimento Cinque Stelle Andrea Cecconi e Alberto Airola – e lo invitiamo a essere coerente con il processo di riforme che tanto ha sponsorizzato e a rinunciare quindi alla carica di senatore a vita».
È un commento beffardo, al limite della mancanza di rispetto. Per certi versi atteso. Durante il suo mandato Napolitano ha affrontato la crisi economica del Paese, ma anche la lunga stagione dell’antipolitica. Il confronto con i grillini è stato duro, franco. Spesso caratterizzato da una lunga serie di polemiche a distanza. Nel momento del commiato, i capigruppo a Cinque Stelle glielo ricordano. «Napolitano – prosegue la nota – è stato purtroppo uno dei peggiori presidenti della Repubblica. Abbiamo più volte denunciato il suo interventismo politico decisamente poco super partes e, di contro, lui non ha mai nascosto la sua palese ostilità nei confronti del Movimento Cinque Stelle».
Alla voce ufficiale dei presidenti dei gruppi di Camera e Senato, si uniscono presto le critiche di altri parlamentari grillini. «Bye bye Napolitano, io sono felice» scrive il senatore Nicola Morra su twitter. «Sul Colle sventola bandiera bianca: Napolitano si dimette con disonore. Per gli italiani è il giorno della liberazione» cinguetta poco dopo Riccardo Fraccaro.
Nelle stesse ore il presidente della Repubblica saluta commosso i funzionari e dipendenti del Quirinale. Mentre nel cortile del Palazzo risuonano le note dell’inno d’Italia, il picchetto d’onore gli rende omaggio. Unico presidente nella storia repubblicana ad essere eletto per due volte, Napolitano sarà ricordato anche per l’impegno speso nel processo riformatore del Paese. Ma Re Giorgio è stato anche il presidente durante l’allontanamento di Silvio Berlusconi dal Parlamento. I cronisti politici hanno ancora in mente quelle lunghe settimane vissute al Colle, le tensioni dopo la condanna dell’ex Cavaliere nel processo Mediaset. Soprattutto, le presunte richieste di grazia mai accettate dal Quirinale. Anche in Forza Italia qualcuno non le ha dimenticate. «Bye bye Napolitano – lo saluta Daniela Santanchè – Dopo nove anni l’Italia si libera di un presidente della Repubblica che prima di entrare al Quirinale si è dimenticato di togliersi la giacchetta della sinistra. Colpevole, tra i colpevoli, di non aver fermato la persecuzione politica e giudiziaria nei confronti di Silvio Berlusconi. Per fortuna oggi scriviamo la parola fine!».
Intanto le dichiarazioni di stima nei confronti dell’ormai ex presidente proseguono incessanti. I ringraziamenti arrivano uno dopo l’altro. Compreso un saluto particolare da parte di Papa Francesco. Ma tra le centinaia di messaggi di affetto per Napolitano, spunta ancora qualche voce fuori dal coro. Chi sarà il nuovo capo dello stato? «#nonunaltrodisinistra» twitta il segretario leghista Matteo Salvini, per l’occasione a Montecitorio. È una critica neppure troppo indiretta sulla presunta parzialità del presidente della Repubblica. Del resto i rapporti con il Carroccio non sono mai stati particolarmente sereni. «Intelligente e vispo fino alla fine. La sua colpa è stata far cadere il governo Berlusconi per mettere Monti a Palazzo Chigi e, soprattutto, far saltare il federalismo fiscale» commenta il vecchio leader padano Umberto Bossi. Più tardi Salvini rincara la dose. Ragionando sul possibile successore del presidente, auspica «una personalità libera e indipendente, non un vecchio rottame di sinistra». In poche parole: al Colle «non vogliamo qualcuno che sia il regicoda di Renzi, come purtroppo Napolitano è stato negli ultimi mesi».
I sondaggi raccontano la storia di un presidente amato dagli italiani. Mentre i corazzieri arrivano a Palazzo Giustiniani, dove il presidente del Senato Pietro Grasso ha assunto le funzioni di presidente della Repubblica, una piccola folla si raduna nel rione Monti. Sono venuti per salutare Napolitano, che da oggi torna ad abitare tra questi palazzi. Nel suo appartamento è stata recapitata anche una dozzina di rose bianche. Anonimo ringraziamento per il servizio reso al Paese.
In Parlamento qualcuno non sembra troppo d’accordo. Dure critiche all’operato dell’ex presidente arrivano anche da Fratelli d’Italia. Con lealtà, la leader del partito Giorgia Meloni conferma «la stima sul piano umano nei confronti di Napolitano». Eppure, spiega, «non rimpiangeremo il suo operato». La dichiarazione dell’ex ministro ripercorre gli ultimi anni di storia italiana. «Reputiamo un grave errore quello compiuto dal 2011 a oggi di piegarsi alle pressioni delle cancellerie europee e dei burocrati di Bruxelles, di favorire la rimozione di un governo legittimamente eletto dai cittadini e di sostituirlo con esecutivi creati nel laboratorio del Quirinale e graditi all’Europa, prima con Monti, poi con Letta e oggi con Renzi». È già tempo di bilanci. «Sarà la storia a sancire il fallimento della sua presidenza, soprattutto in virtù del crollo di tutti gli indicatori macroeconomici dell’economia italiana e dell’indebolimento del peso internazionale della nostra nazione».
Da destra a sinistra. «La retorica sulle dimissioni di Napolitano rischia di far perdere di vista il bilancio tragico dei suoi quasi nove anni come presidente della Repubblica – scrive poco dopo il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero – Stiamo pagando care le sue scelte sbagliate, tutte improntate all’ideologia neoliberista e alle politiche di austerità, su cui ha fatto e disfatto governi al di fuori della lettera e dello spirito della Costituzione». Un’altra critica, l’ennesima voce fuori dal coro.