Per salire a Montjuïc ci sono diversi modi. Si può scegliere il lato che arriva dal porto commerciale e che costeggia il parco olimpico, la scalinata del museo di Catalunya che arriva fino a Plaza Espanya o i giardini botanici dal lato di Poble Sec. Le stradine di Poble Sec si arrampicano dolcemente fino ad attraversare le ripide scalinate dei Jardins de Laribal e la Fondazione Mirò. La strada è quella che porta al Castell de Montjuïc, ma per non allungarla è preferibile evitare Passeig Migdia e proseguire al bivio su Passeig Olimpic, che costeggia lo stadio dal lato posteriore. La zona è il punto più alto di quella parte della collina e ospita impianti sportivi di ogni tipo, perfettamente funzionali e curati nei minimi dettagli. I giardinieri e i vigilantes somigliano tutti vagamente a Neymar o Andrés Iniesta, e anche i loro capelli sono perfettamente funzionali e curati nei minimi dettagli. The sun in shining, the weather is sweet. La salita è faticosa. Chissà se Ricardo Zamora, il miglior portiere della storia, spesso descritto come un Pavel Nedved dei tempi andati per i suoi allenamenti ossessivi, la percorreva di corsa. Molto più probabilmente Il Divino era già lì, già più in alto di tutti, a sfiorare il cielo dove l’unico altro portiere si diceva che fosse San Pietro. Appena si comincia a scendere sul versante del porto commerciale, ecco che ci si imbatte nel cimitero di Montjuïc. Purtroppo è l’ingresso posteriore. Sulle mappe non è segnalato che l’entrata principale si trova a valle sul lato opposto.
Grande quanto un paese, con tanto di strade a doppio senso e ben ventidue fermate dell’autobus per viaggiare da una sezione all’altra, il Cementeri de Montjuïc sembra una vecchia fortezza medievale che con le sue mura composte di pietre a vista e tombe si arrocca attorcigliandosi su una costa della montagna. Un gioiellino curatissimo con tanto di mappa con nomi delle strade e segnalazione precisa della posizione delle tombe di personaggi illustri. Tra questi Ricardo Zamora, che di politica non parlava ma la cui storia ha attraversato il periodo più burrascoso della tormentata Spagna degli anni ‘30. Camminando lungo il sentiero più esterno che si affaccia sul porto è impossibile non imbattersi nel memoriale dedicato ai tre anarchici Francesc Ferrer i Guàrdia, Francisco Ascaso e soprattutto Buenaventura Durruti (che combatté per la Repubblica) sulla cui lapide giacciono sempre una rosa rossa e una bandiera rossa e nera. “Ferrer, Ascaso e Durruti simboleggiano e ci ricordano i tanti anonimi che donarono le proprie vite per gli ideali di libertà e giustizia sociale”. Durruti morì nel 1936 sul fronte di Madrid, proprio dove si disse erroneamente che Zamora fosse stato ucciso dai Repubblicani. Quello stesso anno Zamora, con una parata epica all’ultimo minuto, aveva negato il pareggio al Barcelona regalando la Coppa di Spagna (in quegli anni non più Coppa del Re bensì Coppa della Repubblica) al “suo” Madrid che, negli otto anni della Repubblica, era tornato alla denominazione originale, perdendo il titolo di Real come accaduto anche all’Espanyol.